Il Ruanda delle assassine di Foto Reuter

«Anche suore complici dei massacri» Il Ruanda delle assassine «Anche suore complici dei massacri» IL CASO LA GUERRA HUTU-TUTSI BUJUMBURA OLTE donne, fra cui suore, infermiere e insegnanti, hanno partecipato ai massacri di tutsi avvenuti l'anno scorso in Ruanda a opera degli hutu ma hanno evitato ogni punizione, secondo quanto rivelato da un rapporto appena diffuso. Parecchie di loro sono poi andate a lavorare in Europa o in altri Paesi africani. «Migliaia di donne sono state uccise da altre donne. Molte di loro sono state soppresse da donne di alta istruzione, di quelle che hanno accesso al potere politico ed economico. Molte delle loro vittime di entrambi i sessi erano fra le persone più istruite e meglio preparate professionalmente del Ruanda, essenziali allo sviluppo del Paese», dice il rapporto di African Rights, un'autorevole organizzazione con sede a Londra che si occupa di diriti umani. «La misura in cui le donne hanno preso pai te attiva nei massacri è senza precedenti. Non è un fatto accidentale. Gli architetti dell'olocausto puntavano a corresponsabilizzare quanta più gente possibile, uomini, donne e anche bambini fino agli otto anni. Volevano fondare una nazione di estremisti forgiata dal sangue del genocidio. Se tutti fossero stati coinvolti, non ci sarebbe stato nessuno a puntare il dito accusatore». Il rapporto sottolinea che queste donne oggi lavorano ancora in posizioni di responsabilità in altri Paesi perché godono di una presunzione di innocenza. La relazione è piena di esempi di partecipazione entusiastica di donne al genocidio in cui morirono almeno 500 mila persone. Si va dai ministri di governo fino alle ragazzine di dieci anni che facevano da «cheerleader» incitando all'azione con canti e ululati. «Alcune donne hanno ucciso con le loro mani. Uno degli attacchi condotti contro i rifugiati sul¬ la collina di Kabuye è stato guidato da un'ex poliziotta incinta, Felicitée Semabuka. Ha sparato e lanciato granate su migliaia di persone disarmate. Molte donne hanno ucciso i loro stessi mariti e figli. Donne e ragazze derubavano morti e moribondi di gioielli, denaro e vestiti». Molte si portavano dietro i figli, come in una gita di famiglia. «Alcune delle assassine di primo piano, come ad esempio Pauline Nyiramasuhuko, hanno utilizzato i figli come autisti, scorta e complici. Parecchi di questi giovani si sono fatti una reputazione di killer per conto proprio, ma la nomea delle rispettive madri come feroci assassine elevava il loro status e dava loro opportunità addizionali di uccidere, rapire, saccheggiare e stuprare». Coloro da cui la società si aspetterebbe protezione, come insegnanti, medici e religiose, hanno a loro volta partecipato alla carneficina. African Rights nomina due suore benedettine - Gertrude Mukangango, una madre superiora, e Julienne Kizito - che chiesero all'esercito hutu di svuotare il convento di Butare in cui si erano rifugiati migliaia di tutsi. «Chiamandoli "sporcizia che non dovrebbe insozzare un suolo sacro", madre Gertrude li fece portar via dai militari che ne massacrarono la maggior parte». «Suor Julienne lavorò direttamente con gli assassini, maneggiando le taniche di benzina con cui in sua presenza la gente veniva bruciata viva (fra essi, anche un impiegato tutsi del convento)». Madre Gertrude e suor Julienne sono ora rifugiate in un monastero belga. Il rapporto, «Non tanto innocenti», chiede che venga meno l'immunità di cui godono le donne assassine. «Pauline Nyiramasuhuko si occupa dei servizi sociali del campo di Bavuku retto dalla Caritas». Chris McGreal Copyright «The Gua'dian» e pei l'Italia -La Stampa- Donne olandesi rimpatriate dallo Zaire cercano I volti dei figli tra foto di bambini dispersi e ritrovati [FOTO REUTER]

Persone citate: African, Gertrude Mukangango, Julienne Kizito

Luoghi citati: Bujumbura, Europa, Italia, Londra, Ruanda, Zaire