L'Oas, maestro degli ultra di Domenico Quirico

I/Pus, maestro degli ultra I/Pus, maestro degli ultra Gli stessi metodi dei francesi irriducibili IL TERRORE DI 40ANNBFA AB-EL-OUED: l'antica «porta dell'acqua», poesia ridotta alla prosa di un rigagnolo puzzolente, un intrico di strade strette e sporche, tra la Casbah e il mare, l'aria vibrante di luce, odori di letame e salsedine. Quarantanni fa, ai tempi di Alger la bianche, i caffè disseminati tra quelle che erano place des Trois Horloges e il Lycée Bugeaud, palcoscenico dello struscio serale, erano fitti di petits blancs, i bianchi poveri, così diversi etnicamente dai ricchi, arroganti pied noirs. Oggi case e viuzze sono sempre lise, forti gli odori e i rumori, ma i poveri sono barbus, islamici, e le donne velate. Questo quartiere è il crocevia di una storia algerina immobile all'anno zero dell'orrore, dove il passato sembra aver colonizzato il presente. Quarantanni .fa era la roccaforte imprendibile dell'Oas, i terroristi bianchi che con il delitto volevano esorcizzare la Storia; oggi è la culla dove sono nati i killer del Già, i nichilisti della nuova guerra d'Algeria. Con Bab-el-Oued era intrecciata la storia di Jean-Claude Perez, il medico asceta dei commandos Delta dell'Oas, un dostoevskiano dottor morte che nel terrorismo respirava il brivido di un lungo suicidio differito. A Bab-el-Oued è nato e ha lanciato i suoi incendiari proclami Ali Benhadj, il Saint-Just del Fronte islamico, il giovane imam che gridava ai suoi apostoli assetati di violenza dai pulpiti delle moschee del quartiere il suo credo: «Io seguo le leggi di Dio, quelle del diritto umano le calpesto». La seconda guerra d'Algeria è piena di tristi similitudini con quella dei maquis e dei paracadutisti di Massu. Conflitti senza un fronte, popolati di sabotaggi, agguati, omicidi, dove gli algerini (ma anche i francesi) combattevano su diverse trincee, soprattutto guerre senza immagini, sequestrate dalla censura che lascia all'indignazione solo echi lontani di orrore. Ma in questi saturnali di morte il paradosso celebra il suo trionfo. Perché i fondamentalisti gridano di essere i veri eredi della lotta anticoloniale, votati a cancellare l'ultimo muro che i loro padri non hanno abbattuto, il colonialismo indigeno dei ricchi papaveri del partito unico, dei pescecani, dei profittatori del sedicente socialismo algerino. Ma copiano i metodi e la strategia proprio dell'ultimo lembo sanguinario dell'impero francese, l'Oas. I giovani manovali dell'Armée Secrète linciavano le loro vittime dopo grotteschi processi sommari; magari eseguendo la sentenza con una corda di pianoforte. Per infiammare l'odio emettevano comunicati in cui ordinavano, come accade oggi, alla gente di non uscire dai loro quartieri, di non frequentare bar e negozi. Per chi disobbediva, anche allora, c'era la morte. Come per un gruppo di domestiche musulmane che credevano che la violenza riguardasse solo gli uomini e decisero di andare lo stesso al lavoro: vennero feddate tutte insieme per la strada, con un colpo di revolver alla nuca, Tante altre donne continuano a morire per un «divieto» violato. Anche allora, per dare indicazioni, si diceva: è la casa vicina a quella dove hanno ucciso il giudice, o il palazzo dove nell'atrio hanno trovato tre cadaveri. Scioperavano anche i servizi di pompe funebri perché i cimiteri erano luoghi ad alto rischio. Non c'era acqua, luce, trasporti perché i terroristi tagliavano, demolivano, strappavano le arterie della vita civile. Il già visto di un tetro fanatismo. Oas e islamici hanno percorso lo stesso bestiale e catastrofico precipitare nell'a¬ narchia: dal terrorismo mirato, selettivo a quello selvaggio, totale. Anche l'Oas esordì, come gli islamici, eliminando poliziotti, sindaci e funzionari che lo contrastavano. Finché ur giorno, davanti ai docks dove migliaia di musulmani si accalcavano per una speranza di lavoro da scaricatore, un camion imbottito di esplosivo saltò in aria trasformando la scena in un ammasso di sangue, lamiere e corpi straziati. Oggi ad Algeri, dove il fragore delle auto-bomba spezza il silenzio di ogni notte, in tanti sanno ancora ricordare quel giorno del '52. «Il terrorismo è l'arma dei deboli», diceva il comandante dei commandos Delta. Potrebbero ripeterlo i burattinai degli squadroni della morte targati Già. Dietro la ferocia c'è un eguale fallimento: l'Oas non riuscì a far insorgere i francesi che non credevano più ai vangeli coloniali. Il Già non è riuscito ad arruolare gli algerini che non vogliono una società imbalsamata dalla shar'ia, la legge islamica. Alla fine della triste epopea dei petit blancs erano.rimasti pochi sradicati per cui il delitto era una forma di schizofrenia controllata. A comporre il Già sono gli «hittistes», una parola che nasce dalla radice «hit», muro, spostati che passano la giornata appoggiati ai muri, catilinari che solo in un uragano sociale possono intravedere un futuro migliore. Albert Camus aveva scritto, pensando agli assassini dell'Oas nella sua Orano: «Verrà un giorno in cui la peste sveglierà i suoi sorci per mandarli a morire nella città felice». Ebbene, quel giorno è tornato. Domenico Quirico Dagli attentati mirati a quelli ciechi, selvaggi Un identico percorso il ^Ifc. . Milli il ■ . — \ _ ss» i>». Manifestazione di donne contro il Fis e sotto due immagini di Algeri durante la guerra di indipendenza

Persone citate: Albert Camus, Ali Benhadj, Claude Perez, Massu, Milli

Luoghi citati: Algeri, Algeria, Orano