Algeri massacrate in nome di Allah

Giustiziate perché i loro mariti fanno parte delle milizie che combattono i fondamentalisti Giustiziate perché i loro mariti fanno parte delle milizie che combattono i fondamentalisti Algeri, massacrate in nome di Allah Nove donne sgozzate, decapitate e bruciate dagli islamici ALGERI. Sgozzate, decapitate e bruciate: l'ultimo capitolo dell'orrore algerino ha come vittime nove donne barbaramente eliminate da un «gruppo integralista». L'ondata di violenza coincide con l'avvio della campagna elettorale lanciata dal governo e contestata dai fondamentalisti. Le nove donne - ha riferito solo ieri il quotidiano «Le Matin» sono state uccise nella notte tra il 19 e il 20 agosto in un villaggio della provincia di Mila (a Est di Algeri) ed erano mogli di «guardie comunali», impegnate contro i gruppi armati integralisti nella zone più remote e isolate del Paese. E proprio l'attività dei mariti delle nove donne, afferma il quotidiano, «sembra spiegare l'accanimento dei terroristi», che hanno decapitato sei delle loro vittime, mentre i corpi di altre tre sono stati ritrovati carbonizzati. Il quotidiano riferisce inoltre che due delle vittime «sono state sgozzate e atrocemente mutilate dai loro stessi fratello e cognato» e sottolinea che «dopo aver mantenuto il silenzio, «le autorità hanno confermato la notizia» del massacro. Le ragazze e le mogli dei poliziotti sono tra i principali bersagli dei gruppi armati integralisti, che le considerano come un vero e proprio «bottino di guerra» nel confronto armato che li oppone da oltre tre anni alle autorità. La furia dei terroristi contro le donne colpisce in particolare le più giovani, che vengono stuprate e uccise perché rifiutano di portare il velo islamico o semplicemente perché non vogliono rinunciare agli studi oppure perché non si sottomettono al matrimonio temporaneo con militanti islamici, un'usanza sciita vietata dall'Islam sunnita. E' il caso di Fatima Ghodbane, 15 anni, prelevata a forza nella sua scuola presso Blida, 50 chilometri a Sud di Algeri da un commando armato, che l'ha trascinata a pochi metri di distanza per sgozzarla e abbandonarne il cadavere di fronte all'ingresso della scuola. 0 di Zoulikha (21 anni) e Saida Boughedou (15), due sorelle violentate e sgozzate dai loro rapitori nel novembre scorso non lontano dalla capitale. La televisione di Stato e i giornali avevano largamente diffuso le immagini dei loro corpi martoriati per illustrare la «barbarie» degli estremisti islamici. Tra le vittime anche molte giornaliste, casalinghe, tre suore straniere, poliziotte, mogli e madri di agenti. Nel marzo scorso, il «gruppo islamico armato» (Già), la più radicale tra le organizzazioni integraliste, aveva minacciato di «passare all'azione» contro le mogli dei poliziotti se non fossero state scarcerate «le donne credenti imprigionate». La campagna di terrore contro le donne trae «legittimazione», agli occhi degli integralisti islamici, da una fatwa (decreto religioso) lanciata nel giugno 1991 da Ali Benhadj, numero due del Fronte di salvezza islamico (Fis, ora disciolto). Nella fatwa Benhadj invitava all'insurrezione e autorizzava i ribelli ad impadronirsi dei beni di coloro che si opponevano al volere di Allah e a fare dei loro corpi un «bottino di guerra». Alcuni capi di gruppi armati aggiunsero al decreto un passaggio nel quale la donna veniva dichiarata parte del bottino di guerra. Da allora le donne sono state vittime di incessanti attacchi da parte dei gruppi armati. Circa 500, secondo diverse fonti, sono state uccise, molte dopo essere state rapite, violentate collettivamente e mutilate. Le violenze contro le donne sono aumentate dopo l'8 marzo di quest'anno, quando, in occasione della giornata mondiale della donna, un simbolico tribunale femminile ha «condannato a morte» i leader del Fis e dei gruppi armati. Nell'annùnciare la propria candidatura alle presidenziali. ieri l'ex premier Redha Malek ha rivelato che dall'inizio dell'ondata di violenza in Algeria (nel 1992) i gruppi armati integralisti avrebbero ucciso 817 «mujaheddin» (ex combattenti della guerra d'indipendenza dalla Francia). Il falco Malek, ex premier capofila degli «sradicatori» fautori della guerra ad oltranza all'opposizione armata islamica, ha lanciato la sua candidatura «indipendente» alle elezioni presi- vengono denziali indette per il prossimo 16 novembre dal regime militare al potere dal golpe del gennaio del 1992. Malek - ex ambasciatore a Parigi, Mosca e Washington designato a capo del governo golpista dall'agosto 1993 all'aprile 1994 - ha fondato nel 1994 il partito alleanza nazionale repubblicana (Anr) ed è il più noto tra i politici candidatisi finora alle presidenziali volute dal regime, elezioni che boicottate da tutti i partiti politici importanti, dal clandestino fronte islamico di salvezza, all'ex partito-stato fronte di liberazione nazionale, al fronte socialista del leader berbero Ait Ahmed. i>».

Persone citate: Ait Ahmed, Ali Benhadj, Benhadj, Fatima Ghodbane

Luoghi citati: Algeri, Algeria, Francia, Mosca, Parigi, Washington