Tudjmqn contro «l'Italia fascista»
Proclami in serie del presidente che ha riaperto la Zagabria-Spalato: Roma complice dei serbi Proclami in serie del presidente che ha riaperto la Zagabria-Spalato: Roma complice dei serbi Tudjmqn contro «l'Italia fascista» E tesse l'elogio della Croazia «ustascia» di Pavelic ZAGABRIA. Il presidente croato Franjo Tudjman ha attaccato di nuovo l'Italia e la sua asserita alleanza con i serbi in un discorso pronunciato ieri a Knin (l'ex capitale della repubblica serba della Krajina), nel primo viaggio sulla ferrovia ZagabriaSpalato, riaperta dopo la vittoriosa offensiva di riconquista delle truppe croate nei primi giorni di agosto. «Voi giovani dovete sapere ha detto Tudjman - che quando nel 1.941 la Jugoslavia venne sciolta, 100 intellettuali serbi di Knin e 100 mila cittadini di questa zona firmarono un appello all'Italia fascista offrendole l'annessione della Krajina e della Dalmazia». «Quando i comunisti croati, con i serbi che erano nel partito comunista, hanno cominciato la lotta antifascista - ha aggiunto - questi di Knin hanno firmato, l'il agosto del 1941 a Otric, un accordo con gli imperialisti fascisti italiani contro lo Stato indipendente croato». Il discorso di Tudjman è stato storicamente uh po' confuso: lo Stato indipendente croato al quale Tudjman ha fatto riferimento è quello di Ante Pavelic, il fondatore del partito «ustascia» che il 16 aprile 1941, con l'appoggio della Germania e dell'Italia, fondò la «Grande Croazia». Gli ustascia di Pavelic massacrarono nel campo di Jasenovac serbi della Krajina, ebrei e zingari, circa 700.000 secondo fonti di Belgrado, 350.000 per gli storici croati. A ogni tappa il presidente croato ha pronunciato un discorso. A Karlovac, Tudjman ha ammesso gli abusi dei soldati croati contro i serbi, ma li ha giustificati. «Come chiedere ha detto - a chi ha avuto parenti uccisi e le case bruciate di non fare altrettanto?». Ha però raccomandato subito ai croati di non cercare la vendetta e di Oon bruciare le case dei serbi (facciati «perché serviranno ai croati che sono stati scacciati nel 1991». Il presidente croato ha smentito l'accusa di pulizia etnica che gli è stata rivolta da più parti. «Abbiamo chiesto ai serbi di restare - ha detto -, non hanno voluto ascoltarci e allora buon viaggio». Nessuna parola di pietà è stata pronunciata per i quasi 200.000 serbi vinti e costretti a fuggire. Nel discorso a Knin, Tudjman ha più volte chiamato i serbi «quelli». «Quelli volevano fare un Stato serbo - ha detto -, battevano anche moneta, ma sono spariti in tre-quattro giorni senza avere il tempo di raccogliere i loro sporchi soldi e le loro mutande, sono spariti da Knin come se non ci fossero mai stati». Tudjman ha inoltre minacciato di riconquistare con le armi la Slavonia orientale, ultimo territorio croato ancora in mano ai serbi, dove ieri è entrato in vigore un problematico cessate-il-fuoco: «Ciò che rimane nelle mani dei serbi, sarà liberato nei prossimi mesi attraverso i negoziati o con la forza». «Ci penseremo per tre o quattro mesi prima di muoverci» ha detto Tudjman, minimizzando la possibilità di incontrare l'opposizione sul campo dell'esercito jugoslavo fin quando ci saranno le sanzioni internazionali su Belgrado. Arrivato a Knin, il presidente è stato accolto da una folla festante al grido di «Franjo, Franjo» e ha invitato la diaspora croata nel mondo a fare ritorno in patria, un Paese che, a suo dire, sarebbe tornato «libero e democratico». «Chiamo i croati da tutti i continenti, da Cile, Argentina, Paraguay, dal Canada, dagli Stati Uniti fino all'Australia e la Nuova Zelanda: tornate». Secondo le stime del governo di Zagabria, vivono sparsi per il mondo circa 4,5 milioni di croati, quanti sono gli abitanti della repubblica ex jugoslava. Nel campo opposto, a Pale, capitale dell'autoproclamata repubblica serba di Bosnia, il presidente Radovan Karadzic sarebbe stato fermato, trattenuto e interrogato per oltre 24 ore da un gruppo di generali serbo-bosniaci. A riferirlo è stato il quotidiano indipendente serbo «Nasa Borba», precisando che «l'incidente» risalirebbe al 18 agosto scorso, e sarebbe avvenuto vicino a Bijeljina, nella parte nordorientale della Bosnia-Erzegovina. All'interrogatorio avrebbero preso parte il generale Milan Gvero ed altre persone, estranee all'apparato militare serbo-bosniaco. Non era presente invece il generale Ratko Mladic, capo delle forze armate serbe di Bosnia. Il 19 agosto scorso, quindi proprio all'indomani dell'episodio di cui riferisce il giornale, era circolata la voce del rovesciamento di Karadzic a opera di Mladic. Voci di golpe poi smentite dallo stesso Karadzic, secondo il quale ogni tensione tra leadership civile e militare era stata risolta. «Le strutture del potere nella repubblica serba - aveva quindi affermato sono solide, malgrado il numero degli avversari sia vasto e comprenda sfortunatamente anche dei serbi». [Ansa-AdnKronos]
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