Altorme pentiti nuovo giallo

Un fìnto funzionario della Dia ha telefonato ai carabinieri Un fìnto funzionario della Dia ha telefonato ai carabinieri Altorme pentiti, nuovo giallo «Ucciso a Napoli», ma è un falso NAPOLI. Per ore lo hanno creduto morto. E sulla fine del pentito di camorra si sono accavallate le ipotesi più disparate, mentre circolava insistente la voce di un suicidio, il gesto disperato di un uomo costretto a vivere nell'ombra. Ma Antonio Buonocore, 33 anni, da tre in regime di protezione come collaboratore di giustizia, è vivo e vegeto. Qualcuno ha voluto che Buonocore fosse dato per morto. Ed è difficile credere ad uno sciagurato scherzo, ad una beffa giocata ai carabinieri. Con una telefonata arrivata sul centralino del comando provinciale di Napoli nella tarda serata di venerdì, uno sconosciuto, che si è spacciato per un funzionario del servizio centrale di protezione dei pentiti, ha comunicato l'avvenuto decesso del collaboratore invitando il comandante ad informare i familiari. Soltanto ieri, però, si è scoperto che quel funzionario non esiste, che il nome fornito è inventato di sana pianta e soprattutto che il pentito è tutt'altro che morto. Chi aveva interesse che si diffondesse la notizia? Sulla telefonata che ha scatenato un putiferio è ora in corso un'indagine. Ma è forte il dubbio che si sia trattato solo di un tiro mancino. Tutto comincia venerdì sera, quando il sedicente funzionario della capitale chiama il comando provinciale dei carabinieri di Napoli e chiede di parlare con il comandante. E' presumibile che l'uomo, oltre ad informarlo della morte di Antonio Buonocore, abbia fornito indicazioni per rendersi, almeno in un primo momento, credibile. Di sicuro, una pattuglia di militari viene inviata dai familiari, l'anziano padre ed i fratelli del pentito, per metterli in allarme ed invitarli a contattare il loro congiunto o forse ma la circostanza viene smentita per comunicare la brutta notizia. E arriviamo a ieri, quando la voce della morte di Buonocore, con il corollario di ipotesi, compresa quella di un suicidio, comincia a circolare, piomba come una ((bomba» nelle redazioni dei giornali. Che il pentito sia deceduto viene dato per certo, ma come e dove resta un mistero. La situazione, però, si colora di giallo con le prime smentite. I magistrati della direzione distrettuale antimafia di Napoli cadono dalle nuvole e i dubbi diventano certezza quando dalla direzione centrale del servizio di protezione dei collaboratori di giustizia fanno sapere che Antonio Buonocore è vivo: la storia della sua morte è un'invenzione, il funzionario che l'ha comunicata non esiste. Ma chi è Buonocore e perché qualcuno ha voluto si credesse alla sua prematura fine? Per anni è stato il «braccio destro» del boss Mario Perrella, un pezzo da novanta della camorra che governa i quartieri a Nord di Napoli. Ma nel 1991 viene arrestato insieme con il suo padrino ed altri quattro componenti del clan. Buonocore finisce in carcere e a Poggioreale capisce che se vuole salvare la pelle gli conviene passare dalla parte dello Stato. I suoi compagni di cella, uomini della cosca di Ciro Mariano, tentano di ammazzarlo. Quel ragazzo va eliminato: i boss lo ritengono responsabile della rottura tra la banda di Perrella e il gruppo rivale della famiglia Puccinelh. Antonio Buonocore comincia a parlare e viene trasferito in un luogo segreto con la moglie e i due figli. Grazie alle sue confessioni, scatta nel giugno del '92 l'operazione «Marco Aurelio»: 87 arresti. Ma la vendetta della camorra non tarda ad arrivare. Nel luglio del '93, qualcuno tenta di dar fuoco alla casa del padre del pentito. E nell'aprile del '94 viene ammazzato un cognato di Buonocore, Umberto Credo, freddato nella sua pescheria. Anche la falsa notizia della sua morte è un macabro avvertimento? Di certo arriva alla vigilia del processo per gli omicidi compiuti dalla banda di cui faceva parte. Mariella Cirillo

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