Giovani disperati ma onesti; mura antiche nel villaggio turistico

Giovani disperati ma onesti; mura antiche nel villaggio turistico AL GIORNALE Giovani disperati ma onesti; mura antiche nel villaggio turistico Il banditismo e la Sardegna Mi riferisco all'intervista rilasciata da Gavino Ledda a La Stampa in data 18 agosto. Prendo atto che Ledda conosce la realtà attuale (e, purtroppo, solo quella, mi sembra) della Sardegna (dove il fenomeno del banditismo risale invece al 700, e anche prima, e non cessò neanche quando, nel primo 800, il re Vittorio Emanuele I di Savoia si interessò personalmente dello sviluppo dell'isola fondando, fra l'altro, l'Università di Cagliari). Mi spieghi come mai i pastori sardi (o meglio, alcuni dei pastori sardi) trasferitisi in Toscana cominciarono a fare sequestri e non vissero con i proventi della pastorizia come gli altri pastori sardi onesti trasferitisi in Toscana. Le chiedo di non coinvolgere tutti gli altri giovani sardi onesti che sono sì disperati, ma che non sparano e non pensano assolutamente di sparare sui carabinieri. Cerchiamo di rispettare almeno le salme dei due carabinieri morti, per favore! Non tutti i siciliani sono mafiosi, ma quella parte (minima, per fortuna) che lo è continuerebbe ad esserlo anche se ci fosse una forte offerta di lavoro. Nelle Langhe, nella prima parte di questo secolo e nei secoli precedenti, c'era una miseria nera: erano i tempi dell'acciuga appesa al soffitto con intorno la famiglia numerosa che mangiava la fetta di polenta «profumata» toccando l'acciuga! Mi elenchi, per cortesia, quanti delinquenti sono nati da quella realtà langarola di miseria e fame! I migliori lavoratori deila Fiat provenivano proprio dalle Langhe: da contadini poverissimi diventarono operai abbastanza soddisfatti, senza passare attraverso la fase del banditismo. Intelligenti pauca, signor Gavino Ledda! Luciano Converso, Alba (Cn) Ca marina off limits Le scrivo per segnalare quanto mi è recentemente occorso. Trovandomi in vacanza sulla costa meridionale della Sicilia, in provincia di Ragusa, ho avuto l'opportunità di poter visitare il museo archeologico ed i resti della storica città di Camarina. La città, rasa al suolo dai romani durante la prima guerra punica per essersi alleata con Cartagine e nominata anche da Virgilio nell'Eneide: «... apparet Camerina procul, campique Gelai, immanisque Gela...», per la sua posizione strategica, tra Agrigento e Siracusa, posta in riva al mare e con l'attracco delle navi in un porto-canale interno, era considerata all'epoca tra le più importanti della Sicilia. Gli stupendi vasi, la completezza e varietà di anfore in terracotta, le pregiate monete e le varie suppellettili ritrovati nella zona sono stimati, per la loro straordinaria manifattura, tra i più pregevoli dell'antico mondo greco. Con mia somma meraviglia ho dovuto purtroppo constatare che i resti archeologici, della parte tuttora visibile di quella monumentale fortificazione che cingeva la città, si trovano all'interno di un villaggio turistico a cui non è possibile accedere se non si è villeggianti dello stesso. In pratica dei reperti archeologici sul territorio nazionale, siti peraltro in un'area non ancora completamente analizzata dagli studiosi, possono essere visitati solamente dai turisti del villaggio, i cui responsabili vietano rigorosamente l'ingresso ad altri visitatori, senza contare il fatto che proprio il tratto di mare prospiciente il villaggio turistico è attualmente considerato, per i recenti ed importanti ritrovamenti a poche decine di metri dalla riva, una delle più interessanti zone di ricerca archeologica subacquea. Carmelo Tribunale, Monza «Attenzione ai pacifisti» La società di oggi è schiava delle ipocrisie codificate. Uno dei miti più demagogici è costituito dalla «pace ad ogni costo». Anche il Papa, che pure è considerato uno dei pacifisti più intransigenti, è stato di recente fortemente criti¬ cato per avere sostenuto la liceità della guerra difensiva. Tutti i sistemi giudiziari del mondo riconoscono il principio della legittima difesa, cioè il diritto di ogni uomo di rispondere in maniera proporzionata alla violenza «offensiva» con la violenza «difensiva» per tutelare la propria integrità fisica e la propria vita. Se questo è valido per le persone, ancor più lo è per i popoli. Se così non fosse il mondo sarebbe preda dei vari Stalin, Hitler, Hussein. Ma gli utopisti del pacifismo oltranzista non riconoscono neanche ai popoli oltraggiati nella loro sovranità nazionale la legittimità del ricorso alle armi. Non dimentichiamo i cortei al tempo della guerra del Golfo in cui il «pacifico» dittatore iracheno veniva difeso per la «prepotenza» del mondo imperialista. Gli uomini quindi, in omaggio a questo concetto di pace a dir poco bizzarro, si dovrebbero dividere in due grandi categorie: gli imbecilli che prendono sempre gli schiaffi senza mai reagire, i prepotenti che invece gli schiaffi li propinano a destra e a manca e che, incoraggiati dalla passività delle vittime, si sentono autorizzati a rifilarne sempre di più. Chi può condividere questa idea della pace in cui ci sono vittime e carnefici? Ecco il motivo per cui, incontrando un corteo di pacifisti, cambio strada. Giuseppe Sortino, Ragusa «Aboliamo la Val d'Aosta» Inorridito dalle ardite proposte del sig. Sacco di Ciriè (cfr. lettera del 19.8.'95) vorrei contribuire al dibattito sulla eventualità di abolire i Comuni con popolazione inferiore ai 5000 abitanti. Nella mia terra, la Valle d'Aosta, non esistono (escluso il caso di Aosta, che conta 37 mila residenti) comuni con popolazione superiore alle 5 mila unità. Secondo la proposta del sig. Sacco sarebbe quindi logico formare in tutta la regione 6-7 municipalità, visto che su 74 comuni oggi esistenti sono decine quelli che non raggiungono neppure le cinquecento anime. Ma poi, sempre seguendo l'impeto «tagliereccio», perché limitarsi ai comuni? In Valle d'Aosta non esiste la provincia (unico caso in Italia) e la regione ospita appena 116.000 abitanti (un quartiere di Torino!), perché allora non abolirla e con lei le altre piccole regioni? Capirete dalla mia ironia che tutto ciò è improponibile. Non credo infatti che sia questo un buon metodo per risanare parte dei conti dello Stato. L'idea poi di voler dichiarare illegittimi gli atti dei comuni con meno di 5 mila abitanti non tiene conto di tre valori fondamentali di questa Repubblica: le particolarità e le autonomie del territorio italiano; i valori della storia, delle comunità locali e della democrazia; che il fascismo è durato un ventennio e che, fortunatamente, è stato messo fuorilegge. Laurent Magny Aosta Un'associazione ricorda Pertini In un bell'articolo sul numero del 14 agosto, dal titolo «Chi ricorda la lezione del compagno Sandro?», Filippo Ceccarelli ci parla di SandroTertini e della sua eccezionale lezione di vita. Egli lamenta il poco interesse per la collezione dei suoi quadri nel Museo di Savona e informa che tutti i suoi cimeli saranno raccolti a Firenze in un istituendo museo dedicato al suo nome. Desidero aggiungere che - proprio a questo fine - è stata creata, il 20 giugno scorso, la «Associazione nazionale Sandro Pertini», presieduta dalla consorte del Presidente - signora Carla Voltolina - dei cui soci fondatori mi onoro di far parte, insieme ai professori Giuliano Vassalli, Stefano Caretti, Maurizio Degl'Innocenti, Angelo Ventura. L'Associazione ha il compito di coordinare l'azione dei circoli «Pertini» presenti in Italia e all'estero, di raccogliere e conservare il patrimonio librario e archivistico, i cimeli e le testimonianze relative alla sua vita, da destinare al museo. Tra i suoi impegni immediati è la creazione di un comitato che gestisca le iniziative per il centenario della sua nascita, nel 1996. Speriamo, in questo modo, di dare un contributo alla conservazione di quei valori di cui Sandro Pertini fu un indimenticabile esempio. Nerio Nesi Torino