Parigi, la paura cancella la festa delle superstar

Parigi, la paura cancella la festa delle superstar Parigi, la paura cancella la festa delle superstar IL CASO LA FOBIA DELLE BO ISLAMICHE PARIGI. Se fossero stati davvero Rambo, Terminator e «Diehard», forse avrebbero anche sfidato i terroristi, ma loro non sono altro che Sylvester Stallone, Arnold Schwarzenegger e Bruce Willis, divi fragili e coccolatissimi, troppo per la Parigi blindata di questi giorni. La festa di inaugurazione della sede parigina di «Planet Hollywood» - la catena di ristoranti e megastore di cui le tre star sono proprietarie - annunciata con grandi squilli di tromba per il 3 settembre, non si potrà fare. Il prefetto di Parigi è preoccupato, anche perché quando «Schwarzie», un anno fa, si presentò in camicia a fiori sugli Champs-Elysees per dare il primo colpo di piccone ai lavori per il Planet parigino, una folla urlante di ragazzine si accalcò per ore sul grande viale, nella speranza di toccare il divo. Decisamente fuori luogo, in una città in cui ci sono più di dieci sgomberi di treni e locali pubblici ogni giorno per le telefonate che annunciano attentati e in cui i cestini della carta straccia sono stati sigillati dopo la bomba all'Arco di Trionfo del 17 agosto, esplosa proprio nella spazzatura. «Planet Hollywood» resta aperto, con i suoi ristoranti, fast food e rivendite di gadget già visitati da 20 mila persone, ma di grande festa con le star, neanche a parlarne. L'organizzazione ha accettato l'invito del prefetto, «viste le circostanze eccezionali e per la sicurezza degli invitati e del pubblico». Mentre i parigini vivono ormai ogni giorno lo stress delle perquisizioni, degli sgomberi improvvisi, dei falsi allarmi, gli inquirenti sono sempre più convinti che la «pista svedese» sia quella buona. Abdelkrim Deneche, alias Abdessabour, pezzo grosso del Già, il Gruppo islamico armato, è in carcere a Stoccolma, e da alcuni giorni tutti parlano solo di lui, anche perché svedesi e francesi hanno dimostrato di non pensarla allo stesso modo su di lui. Il giudice parigino antiterrorismo Jean-Francois Ricard lo aveva fatto pedinare fin dai giorni seguenti all'attentato del 25 luglio, dopo la testimonianza di un poliziotto che aveva detto di riconoscere nell'algerino l'uomo che si agitava febbrilmente con una borsa in mano sullo strapuntino della metropolitana sotto al quale, 20 minuti dopo, sarebbe espio- sa la bomba. Ma, paradossalmente, proprio questa sorveglianza ordinata dal giudice francese costituisce, per Deneche, l'alibi di ferro per il secondo attentato, quello dell'Arco di Trionfo, visto che lui era a Stoccolma sotto gli occhi degli agenti segreti. Il dubbio permane, almeno per i francesi, riguardo a Saint-Michel, nonostante Deneche abbia già ampiamente convinto il procuratore cape svedese Jan Danielsson che lui, alle 17,23 del 25 luglio - quindi pochi minuti dopo l'esplosione in cui morirono sette persone - stava facendo un prelievo di contanti in un ufficio postale di Hanin- ge, alla periferia Sud di Stoccolma. Deneche in Svezia gode del contributo di disoccupazione, quindi era andato a ritirarne una parte proprio quel giorno, firmando l'apposito modulo e facendosi riconoscere sembra - da un impiegato. A questa versione i francesi non abboccano, o comunque - az¬ zarda qualcuno - non se la sentono di deludere le attese di chi sperava che la polizia stesse seguendo una pista seria. «Picchia tua moglie, anche se non ne sai il motivo, lei lo conosce», questo vecchio adagio arabo citato oggi nell'editoriale di un quotidiano della capitale spiega quale potrebbe essere l'atteggiamento degli inquirenti francesi nei confronti di un tipo come Deneche, certamente uno dei capi del Già e responsabile del famigerato bollettino «Al Ansar», distribuito a Stoccolma dopo la preghiera del venerdì. Tre giorni dopo l'attentato, il foglio clandestino del Già ne dava l'annuncio con chiari toni da proclama. Oggi, sempre dopo il rito religioso settimanale, ne è stato diffuso l'ultimo numero, che in prima pagina titola: «Quando la Francia perde la testa». Nell'articolo si sbeffeggiano le misure di precauzione a Parigi, la psicosi dei falsi allarmi, la gente che preferisce andare in taxi invece che in metrò. Parigi viene sempre chiamata «la capitale crociata». Ma dalla «capitale crociata» è in partenza la richiesta di estradizione per Deneche che la Svezia ha intanto fatto sapere di voler espellere per «attività non gradite sul territorio». L'accusato aspetta. Il suo nome di battaglia è «Abdessabour»), «Colui che sa attendere». [t. g.] Niente attori hollywoodiani e top model salta il vernissage del ristorante dei divi In alto l'ex ministro Alain Madelin A sinistra Cindy Crawford A destra Demi Moore e Sylvester Stallone