Melato: le difendo anche in tribunale

Melato; le difendo anche in tribunale Parla la protagonista dello sceneggiato «L'avvocato delle donne», coprodotto da Raidue Melato; le difendo anche in tribunale «A rendere untano il personaggio ci penso io, da attrice» ROMA. Li hanno chiamati con nomi di donna, Caterina, Barbara, Laura, Cùizia, Rosina, Adriana, i sei episodi in cui è scandita la serie televisiva intitolata «L'avvocato delle donne», anche se poi, a dare forza e consistenza all'operazione, è un nome solo, quello di Mariangela Melato, protagonista di queste nove ore di girato, avvocato delle donne, ma anche madre, ex moglie, amante, figlia, amica. E Mariangela Melato, donna intelligente e come tale anche autoironica, rivendica a sé, con una risata, il ruolo di motore dell'impresa: «Sono un'attrice, il che non è molto ma neanche poco. Sono anche brava, e questo a prescindere dal mio narcisismo smisurato. Faccio un film televisivo in cui credo, perché se non ci credessi non avrei neanche cominciato. Lavoro con un gruppo di professionisti seri che cercano perfino di mettere delle emozioni in un prodotto televisivo. A rendere umano e credibile il personaggio della protagonista ci penso io. E ho buone ragioni per credere che ci riuscirò. Il mio avvocato non è un eroe. E' una donna che commette errori, soffre di incertezze, ha problemi personali, vive contraddizioni: ma è una persona onesta capace di indignarsi. E questo in un Paese come il nostro è già mollo». Una requisitoria a pieno titolo questa di Mariangela Melato, attrice che ha scelto il teatro per non esser costretta a un cinema italiano spesso povero e insipiente, ma che di tanto in tanto fa anche televisione, credendo alla funzione civile di questo potentissùno mezzo. «L'avvocato delle donne», infatti, è uno di quegli sceneggiati che oltre a proporsi come tutti un successo d'ascolto, ha l'ambizione di far riflettere sulle inadempienze della nostra società e di spingere i cittadini a chiedere con più forza il rispetto dei loro diritti. Ispirato al libro omonimo di Tina Lagostena Bassi, avvocato e onorevole, «Processo per stupro», nasce dall'opera collettiva di un gruppo di sceneggiatori che hanno scritto storie esemplari di donne, tranne una, tolta direttamente dal libro, lasciando poi che Tina Lagostena Bassi rivedesse l'intero progetto dal punto di vista legale. La regìa è firmata dai fratelli Andrea e Antonio Frazzi, autori tra l'altro, di «Una storia spezzata». A fianco di Mariangela Melato recita, nel ruolo di un sostituto procuratore con cui nasce un legame sentimentale, l'attore tedesco Rudiger Joswig, in rappresentanza dei coproduttori della Beta che con Raidue finanziano lo sceneggiato: costo un miliardo e mezzo. Foltissimo il gruppo dei comprimari: Mareike Carriere, Luigi Diberti, Lorenza Indovina, Ludovica Modugno, Romina Mondello, Gastone Moschin, Claudia Pozzi, Galatea Ranzi, Fabrizia Sacchi, Luciano Virgilio, Massimo Wertmuller. Augusto Zucchi e tanti bambini. Per il primo mese di riprese il set è stato montato nel Convitto nazionale di Roma, trasformato nel Tribunale di Roma. La cosa più interessante, anche se schematica, sono i sei casi di cui l'avvocato Mariangela Melato è costretta ad occuparsi nel suo studio tutto femminile: un caso di malasanità, con una donna cui è stato asportato l'utero senza il suo consenso; la sparizione di una adole¬ scente che viene imputata alla sorella drogata; una moglie maltrattata da un marito apparentemente irreprensibile; uno stupro praticato all'interno della metropolitana di Roma; l'omicidio di un uomo di cui viene accusata la moglie povera e senza mezzi di difesa; l'assassinio di una giovane roumena amante di un ricco italiano, forse compiuto per gelosia dalla moglie tradita. [si. ro.J Mariangela Melato affronta in aula sei casi drammatici sulle donne

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