Troppe armi nei campi di asparagi

roppe armi nei campi di asparagi AGOSTO CON LA BESTSELLER TOURS (4). Si conclude il viaggio di F. & L nelle zone della paura roppe armi nei campi di asparagi Agguato di grilli w IE istruzioni del capocomitiI va durante il volo sono coI me al solito ambigue. Un I I accenno alla favola del lupo A^J travestito da pastore, un velato consiglio a tenere il più possibile la bocca chiusa, a non sbilanciarsi, a non compromettersi. «Ma in che senso, scusi?». «Tutto può essere compromettente, nella Zona P. C.». L'anziana commerciante di Bra che non si perde un'avventura dà voce a un'ansia del tutto anacronistica ma da tutti condivisa. «Non stiamo mica andando in Russia, per caso?». P.C. = Partito Comunista. Un viaggio rétro nell'Unione Sovietica fa venire i brividi ancora oggi. Bastava un binocolo da teatro di madreperla, bastava un numero della Settimana Enigmistica per essere sospettati di spionaggio controrivoluzionario, sbattuti nei sotterranei della Lubjanka, sepolti in un gulag per mesi, anni... «No» ci rassicura il capocomitiva «la Bestseller Tours non viaggia nel tempo e ci vorrà qualche anno prima chela Disney abbia completato 10 Si'alinworld in costruzione nel Texas». «Peccato! Quanto mi sarebbe piaciuto farmi curare la sciatica dal dottor Zivago!» sospira la romantica bottegaia. Ma il generale senso di sollievo dura poco, fino a quando, cioè, qualcuno nota una briciola di brioche sul risvolto della giacca di Attilia, la nostra hostess. «Grazie» sorride la ragazza portandosela alla bocca con due dita «molto gentile». «Gentile, gentile...» grugnisce Sec. I, il capo dei Security-men incaricati di proteggerci. «Questo è esattamente il tipo di gentilezza da evitare in ogni circostanza. Nella Zona P.C. conviene non notare né briciole né sfilatini, non vedere e non sapere niente. Diceva, scusi? Un rospo gigante sulla giacca di Attilia? Mai visto. Così dovete fare. Mandate in vacanza a Courmayeur le vostre doti di osservazione, mettete in freezer la vostra memoria sono stato chiaro?». II duro discorso ci zittisce fino alla discesa su una metropoli sfavillante di luci multicolori, che sorvoliamo senza particolari emozioni. Come recita un antico proverbio citato da Saint-Exupéry: dall'alto e di notte tutte le metropoli sfavillanti sono uguali. Minuto dopo minuto la metropoli si dilata, si moltiplica, sembra occupare l'intero orizzonte, ma infine il nostro apparecchio si abbassa verso un buchetto nero che tutto sembra meno che un aeroporto internazionale. E il comandante ci avvisa infatti che per ordine delle autorità (quali autorità?) dovremo prendere terra su un antico campo di golf convertito in campo di ortaggi. E un minuto più tardi avvertiamo distintamente 11 crudele impatto delle ruote che maciullano... dal suono si direbbero... sì, non c'è dubbio... «Sono asparagi!» gridiamo. «E' un'asparagiaia!». «Ssst!» ci ordina Sec. V. «Asparagi o fagiolini o cipolle voi non ne sapete niente, okay?». Ci avviamo mortificati al portellone di uscita. Fuori l'oscurità è fitta, il silenzio tiene a bada un rombo di automobili continuo e lontano. «Cri-cri» sentiamo in primo piano. «Cri-cri», rispondono altri grilli. «Cri-cri-cri». Chivas Nuts Ma non si tratta affatto di grilli, sono segnali. A un tratto il nostro gruppo raccolto in fondo alla scaletta è centrato da potenti riflettori. Siamo circondati da macchine scure, da cui emergono uomini armati che gridano ordini rabbiosi, e non c'è bisogno di una laurea in lingue per capire cosa dobbiamo fare. Tutti a terra, con le mani incrociate sulla testa. Sbirciando da lì sotto contiamo una dozzina di ceffi tra barbuti e rapati a zero, in jeans a brandelli e magliette sforacchiate, tutti armati fino ai denti bianchissimi e digrignanti. Banditi, o meglio, predoni. Al capocomitiva e ai Sec-men dell'Agenzia viene concesso di sedersi alla turca, e comincia una lunga confabulazione. In che mani siamo capitati? Ciascuno pensa alla catenina della Cresima che gli verrà strappata brutalmente, al braccialetto di coralli dono di un corteggiatore di Voghera, di Pineroio. Ma quando i teppisti si avvicinano e ci fanno rialzare con stimolanti pedatine, constatiamo che non cercano i nostri preziosi, ma qualcos'altro. Aprono, frugano, rivoltano i nostri bagagli e abiti, ma non rubano il minimo swatch. Ma naturale! E' la droga che cercano! Una partita di eroina o cocaina! Per chissà quale pasticcio combinato tra i controllori di volo e i nostri piloti siamo atterrati su un campo di fortuna utilizzato dai trafficanti. I quali ora sembrano insospettiti da un cartoccio di noccioline di Chivasso sequestrato dalla borsetta di una nostra compagna. «Crack crack», comincia a sbriciolare uno dei truci mercanti di morte. «Crack crack», mastica un altro tra i candidi dentoni. «Afo crack», implora la povera derubata. «Small nuts, innocent Chivas nuts». Ma non c'è niente da fare, il capobanda si tiene il cartoccio e tutti siamo costretti a salire sulle auto allineate lungo i filari di asparagi. Il corteo si avvia a fari spenti nella notte, percorre la buca 7, la buca 8, la buca 9, attraversa un torrente artificiale, un laghetto, vari tratti sabbiosi e sbuca poi su una strada secondaria. Dove diavolo ci portano? «In una cava abbandonata, per trucidarci tutti», è la più ottimistica delle ipotesi. «Avemaria piena di grazia...» comincia a pregare la signora delle nocciolir.e. Ed ecco nell'oscurità luci improvvise che lampeggiano, macchine di traverso, transenne. E' un posto di blocco e ci prepariamo al peggio: l'accelerata, lo sfondamento, le sventagliate di pallottole, bombe, forse missilotti portatili. Ma nulla accade, la nostra carovana si arresta docilmente di fronte a un gigantesco sceriffo della polizia di contea. E saremmo noi, il bidone? L'uomo viene a scrutare dai finestrini muovendo incessantemente le mandibole sotto la tesa del cappellone Stetson e ultimato il controllo fa un cenno ai suoi uomini che, tutti ugualmente ruminando, vengono a prenderci in consegna. «Thank you, thank you!» fi ringrazia scendendo la nostra amica di Bra. La risposta è una sghignazzata generale e qualcuno sputa anche per terra ciò che andava masticando. «Zitta signora!» sibila Sec IV. «Ma ci haitno salvati da quelle carogne!». Il capobanda dei trafficanti è ora davanti alla macchina dello sceriffo che si china a estrarre dal sedile posteriore una valigetta metallica, la posa sul cofano, la apre con uno scatto. Alla luce concentrica dei fari vediamo che è piena zeppa di biglietti da mille dollari in mazzette. Il trafficante annuisce, si lecca bestialmente i lunghi baffi all'orientale, chiude la valigetta e risale con quella in auto seguito via via da tutti i suoi. E a quel punto, con nostro totale sbalordimento, veniamo amma¬ nettati uno per uno e caricati a forza sulle auto dello sceriffo. «Ma non ci ha liberati dai trafficanti di droga?». «No, purtroppo», ci disillude il capocomitiva. «Quelli non erano trafficanti, erano agenti della squadra antidroga che ci hanno venduti alla polizia di contea». «Polizia Corrotta!», esclamiamo in coro. «Ecco cosa significa Zona P.C.!». Ogni macchina ha un quadrato omone al volante, che rumina con la lenta strafottenza tipica dei corrotti. «Ma perché ci avrebbero sequestrati? Per il riscatto? E chi lo pagherà? Susanna Agnelli?». «Le cose non sono così semplici», comincia Sec. I. «Non direi che nel nostro caso si tratti di soldi, ma piuttosto di testimonianze. Ci trattengono in quanto testimoni essenziali in qualche processo importantissimo». «Ma se non abbiamo avuto il tempo di vedere niente!». «Forse abbiamo visto senza sapere di aver visto. O altrimenti, i corrotti dell'Antidroga hanno rifilato a questi un bidone». «E saremmo noi, il bidone?». «E' possibile». «E quando se ne accorgeranno?». Sec. I si stringe nelle spalle. Arrivano i nostri Con questa inquietante prospettiva scendiamo dalle macchine e veniamo sospinti senza complimenti dentro un lugubre e scalcinato edificio, che a pianterreno ha una complessa attrezzatura per l'inscatolamento degli asparagi. Di sopra, in un vasto camerone illuminato da poche lampadine nude, sono allineate una cinquantina di brande militari. «Qui sarete al sicuro», fa appena in tempo a borbottare lo sceriffo nel suo gergo stravolto dai movimenti mandibolari. Da sotto ogni brandina sguscia fuori, pistola in pugno, un uomo (e in qualche caso una donna) nell'uniforme blu della polizia metropolitana. «Era una trappola!» sussurra eccitata Attilia. «Gettate le armi!» sbraita un uf fidale gallonato. «E gettate la va ligetta!». Quale valigetta? Non se l'erano presa i corrotti dell'Antidroga? Sì, spiega in un sussurro Sec. Ili, cioè no. Al momento dello scambio, il vicesceriffo, prestidigitatore di Iettante ma abilissimo, gliel'ha sostituita sotto il naso con una va ligetta identica, ma piena di asparagi. Volando e ricadendo la valigetta autentica si apre e le mazzette straripano infatti sul lurido pavimento. I poliziotti di città si precipitano a raccattarle dando il tempo ai poliziotti di campagna di fuggire a stivaloni levati. Sarà finita qui, ora che i soldi sono passati di mano? L'ultimo scambio Nella sala d'aspetto della Centrale di polizia ci leggono i nostri diritti. «Tutto quello che direte potrà essere usato contro di voi». La signora delle noccioline non afferra bene e protesta: «Ma io volevo ancora dire tre Ave e un Pater». «Preghi, preghi pure signora, che ne abbiamo bisogno», la esorta Attilia. Ci lasciano qui, ammanettati e accoccolati alla meglio, mentre passano le ore. E' arrivato il Procuratore Distrettuale, è arrivato il sindaco, poi ecco il Governatore, diversi giudici di diversi livelli; ma ci hanno guardati quel minimo che occorreva per non calpestarci. Capelli brizzolati, larghe facce che s'intuiscono sdilinquite coi nipotini attorno all'albero di Natale, ma per noi, per gli altri, rugginosaniente ferree come tombini. E stanno litigando, oltre la porta imbottita: parole incomprensibili ma urlate, pugni o soprammobili che tempestano la scrivania. Un vetro - forse un bicchiere di bourbon - va in frantumi con un lungo tintinnio. Che fanno? Si prendono a botte per decidere della nostra sorte? Segue un lungo silenzio e finalmente la porta imbottita si apre e vediamo i litiganti uscire rinculoni con le mani in alto. Li incalzano quattro giovanotti in sobrii completi grigi, Beretta sguainata, che evidentemente hanno fatto irruzione dalla finestra dell'ufficio. Il primo sventola una tessera del F.B.I., l'ultimo tiene nella sinistra la valigetta dei dollari. I Corrotti si precipitano verso gli ascensori, qualcuno inciampa nei nostri poveri corpi, e presto lo stanzone è sgombro, il nostro calvario ha termine. I federali ci tolgono le manette, ci offrono caramelle alla menta (il Bureau ha smesso in blocco di fumare tre anni fa), e ci scortano fino alla loro sezione locale, dove il Capo stringe enfaticamente tutte le nostre mani. «Bravi, ora siete sotto la protezione del F.B.I., potrete testimoniare senza paura». Ma a proposito di che? Contro chi? Una nube perplessa oscura l'intelligente volto del Capo. Un'ora dopo, nonostante una frenetica ricerca attraverso tutti i dati di tutti i computer dell'organizzazione, non si è trovato niente. Troppi sono i processi, troppi i misteri di questo immenso Paese. Nessuno, noi meno di tutti, ha la minima idea di cosa ci stiamo a fare qui. E così ci ringraziano, si scusano, e in maniera di risarcimento ci fanno dono della valigetta. «In fondo ve la siete meritata», ci dice il Capo congedandoci. Ci riportano al nostro aereo sempre in attesa nell'asparagiaia, e contro la luce rosata dell'alba li vediamo farci grandi cenni di saluto mentre decolliamo. Ma quando apriamo esilarati la valigetta constatiamo che è piena di asparagi. Un agente corrotto, nonché uscito dalla Scuola di Prestidigitazione del F.B.I. deve averla sostituita mentre salivamo a bordo. E del resto, quando sbarchiamo a Caselle, i finanzieri ce li sequestrano per un esame chimico. Dio solo sa cosa potrebbe esserci dentro. «Pazienza», conclude la nostra amica di Bra. «E comunque questi asparagi bianchi non sono un granché, io preferisco quelli di Santena». E tutti le diamo ragione, ripromettendoci di riprendere i nostri viaggi in autunno avanzato, o magari a Natale. Carlo Frutterò Franco Lucentini (Fine) Ci portano in unarava per trucidarci? E' l'ipotesi più ottimistica / teppisti non rubano il minimo swatch cercano altro e intanto gracchiano Aspettiamo la sorte, restiamo ammanettati e accoccolati alla meglio mentre passano le ore RIASSUNTO DELLE PUPer chi ama il brividnella realtà, la BestGrugliasco) ha organle zone Usa più riccturisti (tra cui F. fr Lle arrischiandosi nelers, poi nella Zona Sli. I resoconti delle lonale nei giorni 3, 10un'ultima, sconvolgroppe arm