Cherchi timida passionaria

La fondatrice dei «Quaderni Piacentini» si è spenta ieri a Milano La fondatrice dei «Quaderni Piacentini» si è spenta ieri a Milano Cherchi, timida passionaria Stroncava anche gli intoccabili MILANO A | fino luglio aveva voce stanzi ì chissinia e non riusciva più ri I a fumare. Eppure non c'è AMI quasi immagine di Grazia Cherchi (alla scrivania, per strada, al ristorante! senza che il fumo di una sigaretta non le attraversasse le parole e quel suo tono tagliente con cui diceva: «lo non la penso cosi». Come il personaggio di un romanzo d'Ottocento, Grazia Cherchi Iche i romanzi li aveva letti proprio tutti) se n'ò andata all'ultima pagina, lasciando l'agnizione ai suoi molti amici ignari, fino a poche settimane fa, di una malattia che si portava dentro da un aimo. Alla clinica Pio X, da ieri, sta in pace. In compagnia di pochi fiori, nella penombra della camera mortuaria, mentre vanno e vengono persone con cui ha condiviso la sua solitudine molto affollata di intellettuale e polemista e scrittrice. Sul suo tavolino la raccolta di racconti di Franz Werfel e il manoscritto dell'ultimo libro di Beimi che come sempre aveva letto e revisionato. Le fosso stato possibile avere della musica, avrebbe scelto Mozart. Il vuoto d'ospedale domani mattina si riempirà. Alle 8,30 verranno a ricordarla i suoi amici, Piergiorgio Bellocchio, Goffredo Foli, Gianfranco Bettin, Edoarda Masi, Lalla Romano, Silvie Coyeaud, Giovanni Giudici, Vincenzo Consolo, Cesare Cases. E due ore dopo, con rito civile, funerali al cimitero di Gossolengo, 8 chilometri da Piacenza, dove chissà quanta gente potrebbe arrivare, fosse anche una sola persona per ogni libro pubblicato grazie al suo lavoro, per ogni casa editrice con cui ha collaborato, per ogni collana inventata, per ogni rivista frequentata. A Grazia Cherchi non piaceva dire la sua età: «Nata a Piacenza nel ! 937», recita l'agenzia che dà notizia del suo addio. Ma non è detto che quello sia davvero l'anno giusto. Il posto si, condiviso con Bellocchio con cui ideò, per l'appunto, i Quaderni Piacentini, anno 1962, cuore di carta di una rivoluzione che non ci sarebbe stata. Ma che lo ha scaldato tutta la vita. Dice Fofi: «Ci siamo conosciuti 30 anni fa. lo arrivavo da Parigi, volevo incontrare Raniero Panzieri, quello dei Quaderni Rossi, e lui mi presentò Grazia e Piergiorgio». Lei era già «la Grazia» che con un po' di tremore tutti avrebbero conosciuto nelle caso editrici milanesi. Una consulente «ostinata», «rigorosa», che detestava mondanità, premi letterari («che mischiano letteratura e compromessi»), salotti. Che si teneva ai margini. Che aveva capacità leggendarie di editing, ossia di quell'urte di ripulire, tagliare o rimettere in piedi libri magari belli, ma traballanti. Sempre travolta da amorevoli passioni (da Elsa Morante a Teresa Di Lascia) e da furenti ostilità (contro il Gruppo 63, i fabbricanti di letteratura consolatoria). Fu lei a inventarsi la rubrica: «Libri da non leggere» sui Piacentini che sedimentò risentimenti e accuse di snobismo perché stroncava anche gli intoccabili (Moravia, Cassola, persino Pasolini). Entrava e usciva dalle case editrici sbattendo la porta, anche se non era capace di tenere il broncio per troppo tempo. E perciò le capitò di lavorare anche due o tre volte (ma in tempi differenti) por Feltrinelli, Garzanti, Rizzoli, Mondadori. E quando la Mondadori fu acquistata da Berlusconi abbandono la sua rubrica a Pano rama («Addio!») por riprenderla sull'Unità. «Aveva un rigore morale e una passione politica molto forti», dice lo scrittore Gianfranco Bettin che sta pei- ripubblicare Qualcosa che binda e ha rivisto tutto il romanzo con Grazia, lo scorso giugno. «Sì io penso che a lei sarebbe piaciuto essere ricordata por la sua passione politica. Voleva fare una rivista. Progettava collane». In trent'anni ha fatto molto. Per sé solo una raccolta di racconti Pasta poco per sentirsi soli e un romanzo Fatiche d'amore perdute, la storia di un rivedersi tra intellettuali che sono stati giovani insieme, ma che la vita ha troppo levigato. Dopo i Piacentini e sempre con Fofi, ha collaborato a Ombre Rosse, Linea d'Ombra, ha aiutato a pubblicare decine di scrittori, come Benni e Maggiaiù, che le piaceva adottare esercitando una sorta di «potere affettuoso». Ha collaborato a molte piccole case editrici come e/o, ha pubblicato un bellissimo libro intervista con Camilla Cedema (// mondo di Camilla) e la raccolta di saggi, 7/ cronista letterario, di Edmund Wilson, il suo critico più amato. «Ma il suo grande lavoro è stato sotterraneo - dice Fofi -. Schede di lettura, consigli editoriali. Quasi tutte le riviste cui ha collaborato, uscivano grazio a lei che faceva il lavoro più duro, quello di mettere in contatto persone, corteggiare collaboratori, scovare inediti». Vita senza età. E sempre tesa tra i furori e l'ironia, l'impegno e il di¬ sincanto. Aveva litigato con Fofi rimproverandogli di avere scritto «che la sinistra è morta». Diceva: «Dobbiamo continuare a crederci». Le piaceva citare Vonnegut: «Nulla è perduto fuorché l'onore». Oggi detestava i giovani perché «militano solo nello svago», però poi li frequentava, specie a Radio Popolare dove recensiva libri. Non amava molto le donne, né la letteratura femminista. Vestiva dolcevita e giacconi. Si rifiutava di cucinare, aveva una casa senza fronzoli, piena di libri e disordine. Era sensibile alla gentilezza, ma sapeva essere dura, specie con se stessa. Le avevano diagnosticato il tumore la scorsa estate. Lei aveva rifiutato di curarsi e aveva conservato per sé quel segreto. Diceva solo: «Sono molto stanca, non ho mai voglia di mangiare. Per fortuna sto smettendo di fumare». A luglio era andata in vacanza ospite di Lalla Romano. A agosto era salita sul Lago di Pescia, nei Bassi Grigioni. L'8 agosto il suo amico Vincenzo Cottinelli, fotografo, l'aveva riportata a Milano. Il ricovero l'indomani mattina, anche se la chemioterapia non poteva fare più nulla e ci voleva la morfina per scalare la giornata. In clinica ha continuato a lavorare. Dettava al registratore quel che non poteva più scrivere. Leggeva dattiloscritti. Si occupava della vita anche se sapeva che avrebbe dovuto arrendersi alla morte. E riceveva solo gli amici intimissimi. Nell'ultima rubrica aveva ricordato il suo amico Alex Langer, morto suicida, e ricopiato il suo ultimo biglietto: «Non siate tristi, continuate in ciò che era giusto». Anche all'ultimo ha pubblicato una cosa non sua: per timidezza. Pino Cornas Soffriva da un anno ma non aveva confessato a nessuno la sua malattia Divisa tra furori e ironia, ha lavorato con molti editori scovando autori, levigando linguaggi combattendo la superficialità A sinistra. Ga destra. GoSotto, PiergiLa fondatriceChStr A sinistra. Grazia Cherchi; a destra. Goffredo Fofi Sotto, Piergiorgio Bellocchio

Luoghi citati: Gossolengo, Milano, Parigi, Pescia, Piacenza