DAL GHANA MESSAGGIO PER NOI di Ro. Be.

DALGHANA MESSAGGIO PER NOI DALGHANA MESSAGGIO PER NOI Da Guayaquil (Ecuador) giunge notizia elio il Ghana si è aggiudicato i Mondiali under 17 dopo aver sconfitto per 3-2 il Brasile nel corso di una palpitante finale. E' un flash che ci piace legare al campionato che comincia domenica, non tanto per quello che riassume, quanto per quello che sarebbe bello, e istruttivo, potesse dischiudere e, in un certo senso, approfondire. Un rapporto sempre più diretto - e leale, genuino - fra il nostro calcio e l'Africa. Campioni, i ghanesi si erano laureati anche nel 1991, e nel '93 si erano piazzati secondi, dietro la Nigeria, che sempre Africa è, già regina mondiale a livello under 16 nel 1985. Quando l'eccezione, a forza di allenamenti, mette su i muscoli della regola, beh, forse è proprio il caso di afferrarla forte e non lasciarla cadere. All'estero lo hanno capito prima di noi. Come sempre, arriviamo per ultimi. Il Toro di Borsano di ghanesi ne aveva «rapiti» addirittura un grappolo, Gargo-Kuffour-Douah: troppo giovani, si scrisse, troppo acerbi. Fu una goffa speculazione, un seme gettato a caso, sul terreno dell'ipocrisia federale. Oggi Kuffour gioca nel Bayern. Dai tempi dell'ascolano Zahoui (Costa d'Avorio) ne è passata di acqua, e di nero, sotto i ponti. 11 Toro di Calieri ha in prova un camerunense di 17 anni, Simo. Non è detto che venga sbolognato. Potrebbe servire. Oliseh, nigeriano, alla Reggiana (e ora a Colonia), Desailly e Abedì Pelé, ghanesi di sangue, al Milan e al Toro. E adesso Weah, liberiano di passaporto francese: pur di tesserarlo quale comunitario, il Milan ha armato un pandemonio del diavolo. A piccoli passi, l'Italia non fa altro che adeguarsi al resto del mondo che si è già adeguato. Certo, non sarà facile recuperare il terreno perduto, e neppure superare l'ultimissimo strato di diffidenza e (falsi) scrupoli: puntare al cuore dell'Africa, e investire laggiù, senza aspettare che Parigi o Marsiglia svezzino i Weah e i Pelé di turno. L'Africa ha bisogno dei nostri aiuti e della nostra fantasia. Noi dei suoi talenti, delle sue pepite sparse ovunque, e solo da raccogliere. Quel Bentile che ha realizzato due dei tre gol rifilati al Brasile, oggi è un nome battuto a macchina, uno dei tanti, domani potrebbe essere un campione, uno dei pochi. Weah arriva che di anni ne ha quasi 29. Non molti in assoluto, ma troppi, decisamente, per un Paese come il nostro che si picca di essere all'avanguardia calcistica, e di disporre dei più scaltri operatori di mercato. Sogniamo interscambi di tecnici e tecniche, sussidi, partite fra noi e loro, in Africa. E' questo il nesso con il campionato che sta scaldando i motori, con le vetrine gonfie di prodotti strapagati. Il gusto di scoprire, rischiando, e non più la routine di spalmare miliardi, specchiandosi. C'è un fermento che non va disperso. La storia ci incalza. Da Guayaquil non ci hanno recapitato solo un risultato, ma molto di più. Un messaggio. E, forse, una lezione, [ro. be.]