Zagabria, un Narciso al patere

Zagabria, un Narciso al patere Zagabria, un Narciso al patere Perché Tudjman svelò ipiani di spartizione LA GAFFE DEL PRESIDENTE IL Times di Londra ha pubblicato il 7 agosto una mappa con una Bosnia divisa fra Croazia e Serbia, che il presidente croato Franjo Tudjman ha disegnato sul retro di un menù durante un pranzo a Londra, in occasione del cinquantesimo anniversario della fine della seconda guerra mondiale. Mentre il mondo intero si è domandato come sia possibile che egli abbia commesso un tale passo falso, rivelando con tre mesi di anticipo quel che avrebbe cominciato a realizzare riconquistando la Krajina, io riesco facilmente a immaginarmi com'è successo. Rilassato, e felice dell'invito a un evento così importante - era un po' preoccupato di non riceverlo perché in Occidente la Croazia ha la cattiva fama di aver riabilitato il regime fascista di Pavelic, che resse il Paese durante la guerra -, il presidente Tudjman chiacchiera con i leader occidentali. Questo lo fa star bene, perché così si sente uno di loro. Indossa un costoso smoking. Alto, abbronzato e in forma grazie al tennis, non dimostra i suoi 73 anni. Inoltre è uno storico, un intellettuale, il che gli dà una certa distinzione fra gli altri capi di Stato convenuti. Il presidente Tudjman dà un altro sguardo alla Guildhall. Il cibo è soiprendentemente buono, considerando che siamo in Inghilterra. Gli piace il roast-beef e il vitello con quella salsa gialla. Avverte il Dom Perignon che gli scorre piacevolmente nelle vene. Sì, si sente contento di se stesso, e importante. E fra l'altro ha ottenuto tutto questo nel giro di cinque anni appena. Un bel salto da generale in pensione e storico dissidente a leader del più grande partito di opposizione, e infine primo Presidente della Repubblica croata. Tutto ciò lottando contro i serbi. A dir la verità, ha combattuto anche una seconda guerra contro i bosniaci, ma questa preferisce dimenticarla. E in effetti lui la dimentica, ma il mondo no. Ali, il mondo, pensa Tudjman, ricorda quel che gli pare e dimentica ciò che vuole. Se c'è una cosa che Tudjman ha ùnparato negli ultimi cinque anni, è che non bisogna preoccuparsi troppo del mondo. No, bisogna badare solo ai propri affari. Presto li sorprenderò tutti, e mostrerò al mondo chi sono, pensa, prendendo un altro bic chiere di champagne da un vas soio d'argento. Poi gli si avvicina Paddy Ashdown. Tudjman avrebbe pre ferito che a farlo fosse il premier John Major, anziché il segretario del partito liberale britannico. Ma oggi è di buon umore e non gli im porta granché chi venga a parlargli. Perciò, quando Ashdown gli domanda candidamente come vanno le cose in Bosnia (perché cos'altro gli si potrebbe chiedere?), Tudjman trova normale rivelargli esattamente che cosa succede. Potrebbe trattarsi di una spia serba, un giornalista, la Regina in persona, non ha importanza. Tudjman è sempre lieto di spiegare le cose a chiunque, semplicemente perché è convinto di conoscerle meglio di tutti. E' il predicatore del suo proprio vangelo e si sente in dovere di illuminare gli altri. Naturalmente, non sopporta osservazioni né cor- rezioni, e tantomeno dissensi. Questo gli fa perdere la pazienza, e in tali occasioni è meglio stargli alla larga, come rivelano i suoi collaboratori. Perciò, in risposta alla domanda di Ashdown, Tudjman afferra un menù dal tavolo e presa la sua penna d'oro, regalo di un ricco croato di Chicago, comincia a tracciare una mappa. Si aspettava Ashdown che gli venisse svelato un piano segreto? Poteva attendersi altro che un'educata risposta, nei termini più generali, alla sua domanda? Certamente no. Immaginiamo se qualcuno, in un'occasione analoga, avesse chiesto al presidente Roosevelt nel maggio 1945 che cosa intendeva fare del Giappone. Avrebbe potuto attendersi ima risposta del tipo: bombarderemo Hiroshima e Nagasaki fra tre mesi esatti, con la nostra anna segreta, la bomba atomica? E' vero, Tudjman non è Roosevelt e riprendersi la Krajina e spartire la Bosnia con Milosevic non è come lanciare una bomba atomica, ma un politico, qualunque politico, non traccia mappe dei suoi piani a beneficio del primo che passa. Ashdown guarda il volto di Tudjman, che non cambia mai espressione, come se indossasse una maschera che è diventata la sua vera faccia. La gente in Croazia lo paragona a Tito, ma Tudjman non ha senso dell'umorismo, non è affabile come quel vecchio originale, non ha eleganza né savoir faire. Ora Tudjman ha finito la piantina e in un tono di voce normale spiega ad Ashdown di avere la tacita approvazione di Milosevic a un piano di riconquista della Krajina e di spartizione della Bosnia. Ashdown è stupefatto che l'interlocutore non faccia il minimo sforzo per nascondere i suoi rapporti con Milosevic e con Izetbe- govic (che egli definisce con disprezzo un integralista islamico). Chi si crede di essere? Churchill, Roosevelt, Stalin, si chiede probabilmente Ashdown fissando lo strano individuo che ha davanti. Ashdown penserà che è incredibile per un politico fare un (ali: passo falso. Ma non considera una della caratteristiche principali di Tudjman: la sua vanità. Che cosa può pensare quell'uomo di se stes- so, se per esempio il presidente del Parlamento di Zagabria lo saluta come il primo capo di Stato della Croazia da 900 anni? Nessuna meraviglia che Tudjman abbia sviluppato una sorta di complesso del messia: è stato scelto dalla Provvidenza per guidare la sua nazione fuori dalla schiavitù serbo-comunista. Probabilmente, ogni notte prima di andare a dormire intravede già il proprio monumento di eroe nazionale eretto sulla piazza principale di Zagabria. La quale piazza, ovviamente, sarebbe ribattezzata col suo nome. La sua passione per le prospettive storiche è ben nota, Tudjman si esprime sempre in termini di secoli, se non di millenni: il sogno dell'indipendenza croata lungo mille anni, il ponte di Maslenica liberato per i prossimi mille anni... e gli è facile vedere se stesso come parte essenziale di tale schema millenaristico. E mentre rivela i suoi piani segreti a un perfetto estraneo, Tudjman non fa che agire normalmente, cioè in accordo con la propria immagme di se stesso. Non teme che disegnando quella mappa possa danneggiare il suo Paese? Probabilmente il pensiero non lo sfiora. Warren Zimmermann, l'ultimo ambasciatore americano a Belgrado, lo descrive come «un inflessibile maestro di scuola». Tutti hanno notato la sua passione per le uniformi bordate d'oro, per le catenelle dorate, le croci, le decorazioni e le medaglie appena inventate da un team di designer come nuovi sùnboli della nazione. Tudjman si sente bene con la divisa bianca da maresciallo e le nove onorificenze (che si è autoattribuito) appuntati: sul petto. Comunque, tutto quel che ha ottenuto è un'imitazione delle vite delle persone delle quali ha letto e che ammira. Questa patetica ostentazione lo fa apparire come la caricatura di qualche dittatore sudamericano. Quest'inclinazione all'operetta e al kitsch rivela non solo il cattivo gusto di un tipico rappresentante della provincia, ma anche il crudele cinismo di un despota orientale Profughi, povertà, guerra, sangue: niente dissuade Tudjman dall'esibire le sue uniformi, le sue decorazioni, il suo potere e la sua illimitata ambizione. A questo punto sembra che a questo politico di terza classe non manchino che una corona e uno scettro. Corrono voci in Croazia secondo cui intenderebbe proclamarsi «ban», cioè qualcosa come duca. Chi glielo impedirebbe, so così decidesse? Dopo tutto si è costruito il palcoscenico, si è scritto la parte e ha recitato il ruolo di protagonista nel suo dramma teatrale sull'indipendenza. Perché, dunque, non dovrebbe diventare re nella vita che s'è inventato? Forse la cosa più triste in Tudjman è la sua enorme avidità. Sembra che non faccia che inghiottire a grossi bocconi. Arrivato tardi al potere, ha così fame ili tutto ciò che vi si connette - gloria, denaro, obbedienza, importanza che non può smettere di ingozzarsene. Consapevole che non può restargli più di una decùia d'anni per goderne, non ha mai pazienza di aspettare. Arraffa tutto quel che gli capita. Povera Croazia, pensa Ashdown mentre Tudjman lo guarda serio. L'ùiglese prende fra le mani il menù con la mappa e fa finta di studiarla. In quel momento, qualcun altro avvicina il Presidente e Ashdown si allontana con la cartina in tasca come bizzarro souvenir di quest'mdimenlicabile incontro con il leader croato. Tre mesi più tardi, riprende in mano la mappa per accorgersi, attonito, che Tudjman gli aveva proprio svelato la verità. Slavenka Drakulic A Zagabria un leader troppo ambizioso un po' megalomane ed esibizionista IL PIANO Il TUDJMAN Novi Sad BELGRADO o SERBIA Tudjman e la spartizione prefigurata dalla sua mappa