Lacrime e pugni alla Casa Bianca

Il ministro dei Lavori pubblici Kemp prese per il collo il segretario di Stato Baker che lo zittiva sempre Il ministro dei Lavori pubblici Kemp prese per il collo il segretario di Stato Baker che lo zittiva sempre Lacrime e pugni alla Casa Bianca Le rivelazioni del portavoce di Reagan e Bush NEW YORK NOSTRO SERVIZIO Un ministro dei Lavori pubblici che salta al collo del segretario di Stato in pieno Ufficio Ovale; un segretario di Stato che assieme al figliolo del capo cospira per far fuori il vicepresidente; uomini noti per la loro arroganza che scoppiano in lacrime quando gli viene tolto il giocattolo del potere e una First Lady tanto potente che il solo contraddirla «equivaleva al suicidio». Eccola la Casa Bianca degli anni di Ronald Reagan e George Bush raccontata da colui che tutti i giorni, quando scattava il fatidico ordine «cali the briefing», chiama la conferenza stampa, doveva per mestiere raccontarla al mondo esterno. Marlin Fitzwater è stato il portavoce prima di Reagan e poi di Bush, e in quella veste la capacità che più gli veniva richiesta era quella di «non» dire le cose, senza però apparire reticente. Un compito arduo, in cui lui tutto sommato non se l'è cavata male. Quando ha fatto fagotto, dopo la sconfitta di Bush ad opera di Bill Clinton, in molti è rimasta la convinzione che Fitzwater, se un giorno gli fosse venuta la voglia, ne avrebbe avute di belle da raccontare. Ora quella voglia gli è venuta. In autunno uscirà un suo libro, intitolato per l'appunto Cali the Briefing, in cui Fitzwater racconta ciò che ha visto nei dieci anni passati dietro le quinte, cioè nell'ufficio adiacente a quello del Presidente, e le cose che racconta sono alquanto succose. Nella corsa a procurarsi anticipazioni di quel libro - sport diffusissimo nei giorni scorsi a Washington - ha vinto il Washington Post, che ieri ha pubblicato un lungo resoconto delle «memorie» di Fitzwater, la più ghiotta delle quali è sicuramente la rissa scoppiata nell'Ufficio Ovale ai tempi in cui le Repubbliche baltiche si stavano separando dall'Unione Sovietica. La Lituania, l'Estonia e la Lettonia, come si ricorderà, cercavano disperatamente l'appoggio dell'Occidente, ma Bush era incerto sul da farsi e James Baker, il suo segretario di Stato, lo invitava alla prudenza. Non cosi però Jack Kemp, a quel tempo leader dell'ala destra del partito repubblicano. Bush lo aveva nominato segretario ai Lavori pubblici proprio per tenerlo buono, ma lui insisteva neh' «interferire» nella politica estera e si era autoproclamato paladino del riconoscimento della Lituania. Quel giorno (il Washington Post non fornisce la data) il suo brontolio era più insistente che mai, lo si sentiva echeggiare continuamente nell'Uffico Ovale e impediva di affrontare i temi all'ordine del giorno per i quali il governo era stato riunito. A un certo punto, esasperato, Baker gli dice di piantarla. Kemp insiste e il segretario di Stato, noto per il suo temperamento freddo e assolu- tamente imperturbabile, sbalordisce tutti i presenti lanciandogli un epiteto irripetibile (e infatti Fitzwater non lo ripete, ed è un peccato). Kemp rimane un momento sorpreso, poi si lancia su Baker e gli agguanta il collo. Il segretario di Stato si dimena, riesce a liberarsi e si mette in posizione, pronto ad imbarcarsi in un pugilato con Kemp, che a sua volta, memore del proprio passato di campione di football, non si fa certo pregare. Ma i due non hanno il tempo di «consumare». Brent Scowcroft, il consigliere speciale per la sicurezza nazionale, si frappone e li tiene a distanza il tempo necessario af¬ finché le esortazioni di Bush a calmarsi abbiano effetto. Rimane la curiosità su come abbia fatto il mingherlino Scowcroft a tenere a bada quei due cristoni, ma Fitzwater, evidentemente pago di avere fornito questa primizia, non si dilunga sugli sviluppi «fisici» della scena e preferisce passare alla seconda storia ghiotta, quella del terribile Donald Regan, uno che descriveva il suo ruolo di capo dello staff di Ronald Reagan come quello di chi deve «camminare dietro a un elefante e sistemare tutti i guai che combina», che scoppia a piangere. Che Regan fosse malvisto da tutti, alla Casa Bianca, non era un mistero. Ed anche che la sua cacciata fosse avvenuta su pressione di Nancy Reagan si sapeva. Ma i particolari che racconta Fitzwater sono comunque illuminanti. Un giorno lui è nel suo ufficio, squilla il telefono e dall'altra parte c'è la First Lady. Ha letto Fitzwater le notizie riguardanti i «dissa- pori» fra lei e il capo dello staff? Sì, risponde lui, aspettandosi di sentirsi dare l'ordine di smentirle. «Bene, stanne fuori», sibila invece la Nancy, e riattacca. Lui capisce che quelle voci è stata proprio lei a propagarle, e poiché sa che alla Casa Bianca di «Ronnie» mettersi contro Nancy «equivale al suicidio», trae subito la conclusione che Regan ha i giorni contati. E infatti qualche giorno dopo viene chiamato nell'ufficio del capo dello staff per redigere il comunicato con cui verranno annunciate le sue dimissioni, e lo trova in lacrime. Lui in quelle poche righe usa la formula standard - «profondo rincrescimento» del Presidente - ma il testo gli viene corretto: via il «profondo». Le lacrime di Regan, comunque, non durarono a lungo. Dopo altri pochi giorni, ormai fuori dal potere, la sua vendetta sarà quella di rivelare che a gestire gli spostamenti di Ronald Reagan è lei, Nancy, e che il criterio su cui si basa è la consultazione di un'astrologa di Los Angeles. Ma c'è un altro «duro» che Fitzwater ha avuto il privilegio di vedere con gli occhi pieni di lacrime, ed è John Sununu. Lui alla Casa Bianca di Bush era proprio un despota. Non ascoltava mai nessuno e per tutti aveva sempre qualche insulto. Fitzwater non spiega chi mai abbia fatto arrivare al Washington Post le prove che Sununu usava andare a giocare d'azzardo ad Atlantic City o a visitare il suo dentista a Filadelfia servendosi degli elicotteri militari destinati ai viaggi «ufficiali». Ma la sua convinzione che la «soffiata» fatale sia scaturita dall'odio che Sununu aveva saputo creare attorno a sé è fin troppo chiara. Anche lui, comunque, nel momento in cui gli fu chiesto di dimettersi, scoppiò a piangere. Franco Pantarelli Per far fuori il detestato Sununu arrogante e autoritario qualcuno avvertì i giornali che andava a giocare nei casinò di Atlantic City II capo dello staff scoppiò a piangere quando Nancy lo licenziò brutalmente Un'immagine della Casa Bianca e nelle foto piccole da sinistra l'ex portavoce Marlin Fitzwater e gli ex presidenti George Bush e Ronald Reagan (FOTO AP-AFP]