Riccardo III tiranno da Oscar
«Strappo la Bibbia perché sono gay» Incontro con Ian McKellen, grande attore classico, unico erede di Olivier Riccardo III tiranno da Oscar «Strappo la Bibbia perché sono gay» LONDRA. Baffetti sinistri da Caudillo e uniforme nera similnazista, Riccardo III fa fuori i suoi nemici in una decadente Inghilterra degli Anni Trenta. Se non vincerà l'Oscar lui, padre storpio di tutti i tiranni moderni, chi altri? Lo incarna per il grande schermo Ian McKellen, acclamato come il successore di Olivier e il più grande attore classico dei nostri tempi. Sul set, tra le raggelanti architetture ipernazionaliste del County Hall di Londra, Nigel Hawthorne vagola vestito di stracci nei panni di Clarence, nonostante abbiano già ucciso il suo personaggio il giorno prima. Annette Bening ha appena finito di sudare dentro le pellicce della regina Elisabetta; Robert Downey è un conte Rivers che legge il giornale con un copricapo da pellerossa in testa. Il film è l'idea fissa di McKellen da quando il suo Riccardo III teatrale ha mandato in delirio le platee di tutto il mondo. Il cast incrostato di stelle, tra cui Maggie Smith, promette di avvicinare a Shakespeare quelli che lo hanno sempre evitato. La regìa è di Richard Loncraine, che aveva già diretto «Il missionario». Ce n'è abbastanza per per imporre definitivamente il protagonista, equamente famoso in patria come attivista gay, alla venerazione di Hollywood. I baffetti di questo Riccardo somigliano di più a quelli di Franco o di Hitler? E' un sanguinario pragmatico o uno psicopatico fatto e finito? Ian McKellen, 55 anni, camicia sbottonata fino all'ombelico nella calura londinese, sorride con gli occhi azzurri dietro le lenti tonde: «Riccardo non è instabile di mente. Non è un assassino di massa. E poi è ingle- se: un potere che coinvolge la famiglia reale e l'aristocrazia. Qualcuno potrebbe pensare che siamo nella Roma o nella Berlino negli Anni 30; a qualcun altro Riccardo potrebbe ricordare Saddam Hussein. Non è lui, o Hitler, o Franco, o Mussolini, ma è il padre di tutti loro, i tiranni moderni». Ma il braccio vizzo di Riccardo è simbolo della sua deformità morale? «Non per me. Sua mamma lo odiava per questo, lo voleva morto: comprensibile che quindi sia diventato quello che è. Il braccio, nascosto dall'uniforme, glielo faccio tirar fuori una sola volta. Stalin e il Kaiser Guglielmo avevano anche loro braccia inservibili, e le tenevano ben nascoste. E Roosevelt non voleva che nessuno lo fotografasse in carrozzella. Così anche Riccardo in pubblico dissimula il suo handicap». McKellen invece nella vita non dissimula un bel niente: di- ce che aver dichiarato in pubblico la sua omosessualità è l'unica cosa che abbia mai fatto. Una verità come questa ha aiutato la finzione, lo ha fatto diventare un attore migliore? «E' stato come rinascere. Mi ha reso una persona molto più felice e sicura. La sicurezza anche di immergermi molto più profondamente nelle emozioni dei personaggi senza il timore di ciò che le mie vere emozioni possono dire al pubblico». Il McKellen attivista è l'anima dello Stonewall Group, che organizza campagne per i diritti civili degli omosessuali. In ottobre porterà un pugno di star tra cui Elton John all'Albert Hall per l'«Equality Show». Nonostante il suo impegno onesto e frontale, Derek Jarman lo accusò di collaborazionismo con il governo per aver accettato il titolo di sir. Fu una polemica acrimoniosa che divise i gay. Oggi McKellen rivela come stavano veramente le cose. «Mentre mi criticava in pubblico, Derek mi chiamava al telefono, molto amichevolmente, e mi diceva: "Non avertene a male, lo faccio perché è ora che i giornali scrivano dei gay". Voleva creare guai perché era una persona appassionata. Il giorno dopo avermi attaccato, mi chiese se volevo recitare nel suo "Edoardo II": io ebbi il piacere di dirgli che lo avevo fatto 20 anni prima e che le mie credenziali gay erano un po' più antiche delle sue. Rimane una figura quasi di santo nella lotta per l'uguaglianza». Il titolo di sir, incalza McKellen, «ha aiutato tanti gay senza potere». Non sempre sir Ian appare così moderato: di recente ha strappato in pubblico da una Bibbia la pagina del Levitico che condanna l'omosessualità. «E' stato un gesto teatrale. Ma lo faccio tutte le volte che vado in albergo e trovo una Bibbia nel cassetto: rimuovo la pagina offensiva. Quella Bibbia è stata messa lì per dare conforto alla gente, e magari ad avere bisogno di conforto è una persona gay. Non voglio che vedano quel passo prima di addormentarsi, che suggerisce che Dio li odiava per quello che erano». Crede in Dio? «Seguo l'etica cristiana che mi hanno insegnato, ma non credo in Dio o nelle religioni formalizzate che hanno fatto tanto male. Sono attratto dai quaccheri, che si chiamano a vicenda amici e accompagno la mia matrigna alle loro riunioni. Il numinoso, il sacro, è nei rapporti umani». Maria Chiara Bonazzi «Nel film avrò baffetti alla Hitler ma non sarò instabile di mente» «Mi sono confessato in pubblico è servito a farmi diventare migliore» Qui accanto e sotto Ian McKellen. Nella foto sopra Annette Bening (Elisabetta)
Luoghi citati: Berlino, Hollywood, Inghilterra, Londra
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