Marivaux la vendetta del cuore

il c aso . Due secoli di spregio, e oggi la Francia scopre che è un gigante: come Molière il c aso . Due secoli di spregio, e oggi la Francia scopre che è un gigante: come Molière Marivaux, la vendetta del cuore «Vittima dei Lumi, rendeva luminoso l'incomprensibile» NPARIGI E ebbe tanti di nemici, il grande Pierre de Marivaux. In vita e dopo morto, nemi ci della sua grandezza. Vollero relegarlo ùi basso nella scala dei valori intellettuali, emarginarlo, bollarlo con il marchio infamante della superficialità. Autore di capolavori per il teatro, come La doppia incostanza o II gioco dell'amore e del caso, L'isola degli schiavi o Le false confidenze, oltreché romanziere originale e fresco, Marivaux ebbe il torto, agli occhi di alcuni suoi contemporanei illuminati, di occuparsi non già della ragione ma del cuore. Erano tempi, i suoi, in cui in nome della dea Ragione si potevano commettere persino dei delitti. Cosi, tra i primi e più accaniti nemici di Marivaux ingiustamente considerato colpevole di sentimento, ci fu Diderot. Fu anzi proprio lui a dare il la al concerto di critiche. Inventando in suo onore il verbo «marivauder», in una lettera a Sophie Volland del 26 ottobre 1760, al quale diede un senso spregiativo: fare cicaleccio intorno a temi di poco conto, quando lo spirito tace. Da cui l'infame «marivaudage», perpetratosi nei secoli a bocciare il contenuto di opere e gesta paragonabili a quelle dell'iniziatore Marivaux. Marivaudage, ovvero .(gioco raffinato intomo alla sottigliezza dei casi sentimentali)). Laddove raffinato sta per «mondano, inconsistente, vuoto». Ora, 230 anni e passa dopo la morte del colpevole, si constata con una qualche sorpresa non solo che Marivaux continua a essere l'autore di teatro in assoluto più rappresentato in Francia dopo Molière - nella stagione teatrale 1995 il più presente sulle scene parigine e con maggior successo -, ma anche che si tratta di un autore tutt'altro che superficiale. Marivaux viene finalmente definito a gran voce «intelligenza critica tra le più sottili nell'indagare i meccanismi dell'animo umano». A lanciare il sasso nello stagno e capovolgere il luogo comune fattosi di roccia, è uno scrittore oggi di gran successo, Jean-Marie Rouart, che sul Figaro Littéraire protesta: «Peccato che gli Enciclopedisti, che furono cosi ben ispirati nel chiedere a Rousseau di scrivere l'articolo Musica, non abbiano pensato a Marivaux per redigere la voce Amore. Ma i D'Alembert, i Diderot, i D'Holbach, spiriti seri, sapienti, positivi, avevano per Marivaux la stessa scarsissima considerazione che avevano per quel viscere apolitico, asociale, ribelle alle sperimentazioni politiche che si chiama cuore». Il corsivo di Rouart finisce categorico: «Rari sono invece coloro che, come Marivaux, hanno messo tanta intelligenza nel rendere luminoso l'incomprensibile». Ben diverso era il giudizio di Voltaire che, abilissimo nella perfidia espressiva, rimproverò a Marivaux «di pesare uova di mosca in bilance di tela di ragno». Per uscire dal Purgatorio le pièces di Marivaux dovettero attendere la genialità di un Jean Vilar, l'ormai mitico fondatore del Théàtre National Populaire di Avignone. E dopo Vilar, fu un altro genio a prendersi a cuore i destini di Marivaux: Louis Jouvet, il più grande pedagogo teatrale che la Francia abbia avuto, regista e attore indimenticabile in film come Quai des Orfèvres o Hotel du Nord. Per Jouvet l'arte del teatro era «una comunione nella menzogna». Per lui Marivaux era stato il più bravo nel comprendere le intermittenze del cuore, le sue altalene intorno alla verità. Ma nonostante Vilar e Jouvet, nell'immaginario comune Marivaux restava essenzialmente l'autore di battute veloci, come quella di Silvia - protagonista della Doppia incostanza - ad Arlecchino suo amante che la rimprovera di non amarlo più: «Ti amavo, era un amore che ini era venuto. Non ti amo più, è un amore che se n'è andato». L'aspetto essenziale del teatro di Marivaux (che pure lui stesso aveva formulato in maniera così lucida e precisa quando scrisse: «Ho spiato nel cuore tutti i ripostigli in cui si può nascondere l'amore quando teme di farsi vedere; ciascuna delle mie commedie ha lo scopo di obbligarlo a uscire da uno di quei ripostigli»), owerossia quella che molto tempo dopo sarebbe stata chiamata introspezione psicologica, è rimasta ancora a lungo trascurata e molto spesso evitata come straniante e rischiosa nelle pur numerosissime messe in scena da parte di compagnie che spesso utilizzano Marivaux come autore di richiamo per un pubblico facile. Va detto che la situazione si è trascinata in questa maniera soprattutto in Francia, dove il peso di certe condanne è più forte della più illuminata intelligenza critica. Da noi in Italia, dove Marivaux è senz'altro meno popolarmente conosciuto e dove numerose sono state negli anni le riprese, l'attenzione è stata ben maggiore e migliore. In campo accademico, almeno da Mario Matucci in poi. In campo teatrale, valga un nome per tutti: quello di Giorgio Strehler. Ed è forse un omaggio al di là dei secoli, una riconoscenza indiretta, la nostra nei confronti di Marivaux: lui infatti per lunghi anni fu legato, a Parigi, alla compagnia degli Italiens prima di passare ai Francois. Pierre Marcabru, penna affilata che si unisce alla protesta di Rouart sul Figaro Littéraire, riconosce a questo fatto un valore estremamente formativo: «Il genio di Marivaux sarebbe stato lo stesso, si chiede, se non avesse incontrato i Comédiens Italiens? Gli Arlecchini, le Colombine, i Leli che abitano la sua opera, testimoniano della discreta presenza della Commedia dell'Arte». Presenza che Marivaux avrebbe sublimato, raffinato, reso quintessenza, ma senza mai tradirla. Altro segno di intelligenza e lungimiranza. L'isola degli schiavi di Strehler, andata in scena a luglio al Théàtre de l'Odèon con così grande successo che verrà ripresa in settembre, e contemporaneamente La doppia incostanza alla Comédie Francaise nella regìa di Jean-Pierre Miquel, hanno segnato l'ora della riscossa. Dopo secoli di distrazione, i francesi sono tornati a leggere Marivaux, il quale è entrato come per magia nelle classifiche delle migliori vendite. Hervé de Saint-Hilaire, altra voce che si unisce al coro degli odierni riscopritori, sta mdagando per una biografia in fieri sulla vita di Pierre Carlet de Chamblain de Marivaux. Sono poche le notizie certe sulla sua esistenza. Ma si sa che la bellissima Silvia - attrice degli Italiens, di cui Marivaux si sarebbe perdutamente innamorato -, sentendolo un giorno leggere alcune scene della Sorpresa dell'amore (e nessuno le aveva ancora detto chi fosse quell'uomo seduto in platea che assisteva alle prove), incredula di fronte a tanta comprensione del testo, gli disse: «Monsieur, lei o è il diavolo o è l'autore». Non si sa che cosa lui le rispose. Gabriella Bosco Diderot inventò il verbo «marivauder», fare cicaleccio Con le sue pièces avviò l'introspezione psicologica La grande rivalutazione parte dallo scrittore Jean-Marie Rouart GI il ux. miolala arnanbo o al vo: o A destra Pierre Carlet de Chamblain de Marivaux, nell'ovale Molière: sono i due autori teatrali più rappresentati in Francia. Sotto, da sinistra, Voltaire e Diderot. In basso un momento dell'«lsola degli schiavi» nell'allestimento di Giorgio Strehler

Luoghi citati: Avignone, Francia, Italia, Parigi