Tra i maledetti di Abdic che combattevano coi serbi

Tra i maledetti di Abdic che combattevano coi serbi Tra i maledetti di Abdic che combattevano coi serbi CON LA BONINO TRA I PROFUGHI ZAGABRIA NOSTRO SERVIZIO «Se Babo dice di andarcene noi lo seguiremo, ma senza di lui non ci muoviamo», «soltanto Babo può decidere», «Babo è il nostro futuro». E' un coro di voci quello che si leva dal gruppo di profughi musulmani ammassati lungo la fangosa strada di campagna di Kuplensko, nei pressi di Vojnic, in Croazia. Sono in 25 mila, uomini donne e bambini, e tutti ripetono la stessa cosa: «Il nostro unico capo è lui, Babo, Fikret Abdic». Lo dicono anche a Emma Bonino, commissario dell'Unione Europea per l'assistenza umanitaria che ha voluto visitare di persona il campo profughi di Vojnic. A bordo di un elicottero che ha sorvolato i territori del Nord della Krajina, la delegazione europea, guidata dalla Bonino, è stata la prima ad aver avuto accesso al campo di Vojnic. Sono arrivati nel campo profughi dei musulmani dopo una sosta a Davor, villaggio sul fiume Sava dove sbarcano i profughi croati scacciati dai serbi di Banja Luka. A pochi chilometri da Vojnic c'è il confine bosniaco, ci sono le case di questi profughi. Ma di ritornare a Velika Kladusa, dove Abdic aveva la sua corte, o nei villaggi della regione di Cazin, non ci pensano neanche, a meno che non sia Babo stesso a guidarli. Eppure è stato proprio lui a segnare il loro destino. A un anno di distanza rivivono per la seconda volta il dramma dell'esodo e della sopravvivenza nelle condizioni disumane di un campo profughi improvvisato. Nell'estate del '94 le forze regolari dell'esercito di Sarajevo avevano sconfitto questi musulmani ribelli della Bosnia occidentale che non hanno mai voluto riconoscere il governo ufficiale bosniaco. Abdic aveva infatti proclamato l'indipendenza della Bosnia occidentale, giocando su una presunta equidistanza fra Belgrado c Zagabria. Grazie ai suoi intrallazzi politici con i serbi, e malgrado le sanzioni contro Milosevic, ha sviluppato nella regione un florido commercio. I suoi miliziani bloccavano tra l'altro i convogli umanitari per la sacca di Bihac dove vivevano in condizioni disperate più di 200 mila loro connazionali. A mettere fine a questa situazione è stato il quinto corpo dell'esercito bosniaco che nell'estate scorsa ha sconfitto le formazioni di Abdic, causando il primo esodo dei secessionisti musulmani di Velika Kladu¬ sa e dintorni. Decine di migliaia di fedeli di Abdic hanno attraversato il confine con la Croazia e si sono riservati nella Krajina a quel tempo occupata dai miliziani serbi. L'alleanza militare coi serbi si è rafforzata e gli uomini di Abdic, appoggiati dall'artiglieria pesante della Krajina, hanno attaccato con violenza l'enclave musulmana di Bihac. Due mesi fa son riusciti a riprendere Velika Kladusa. Ma il trionfo della vittoria è stato breve. L'offensiva croata contro i serbi della Krajina e la rottura dell'assedio della zona di Bihac, hanno permesso ai soldati del quinto corpo dell'esercito bosniaco di sconfiggere i miliziani di Abdic. Malgrado la resa firmata da Babo in persona i suoi uomini hanno preferito rifugiarsi in Croazia. Ma il problema dei profughi di Abdic diventa sempre più acuto. Tende improvvisate, capanne fatte di rami di alberi, vecchi camion e trattori, macchine semibruciate lungo dieci chilometri di strada melmosa dove si accalcano migliaia di persone. Non ci sono servizi igienici, mancano cibo e medicinali. «E' ovvio che questa gente non può rimanere qui ancora per molto. Tra poche settimane inizierà il freddo» dice Emma Bonino, e aggiunge che l'accordo firmato tra Abdic, il governo di Sarajevo e quello di Zagabria, in cui sono indicate le condizioni del loro ritorno a casa sembra offrire garanzie sufficienti per la loro sicurezza. Ma i profughi non la pensano così. Per prima cosa, dicono, dalla Bosnia occidentale devono andarsene i soldati del quinto corpo dell'esercito bosniaco e devono essere tutti disarmati. I profughi hanno infatti paura di rappresaglie. Raccontano delle atrocità che alcuni di loro hanno subito. E comunque non riconosceranno mai il governo di Izetbegovic. A questo punto diventa evidente che Abdic ha nelle mani un asso imbattibile. Guesta gente dipende in tutto e per tutto da lui. Ed è per questo motivo che nessuno potrà fargli niente. In questo momento è agli arresti domiciliari in un albergo centrale di Zagabria, ma il governo di Sarajevo, pur avendolo incolpato di alto tradimento, non ha chiesto la sua estradizione. I croati, che a loro volta vorrebbero rimandare a casa i profughi bosniaci, sperano di riuscirci con l'intervento di Abdic. Ancora una volta Babo potrebbe cavarsela. Un altro aspetto della crisi umanitaria in ex Jugoslavia sono i profughi croati scacciati dalla regione di Banja Luka, roccaforte serba in Bosnia occidentale dov'è in corso la fase finale di pulizia etnica dei non serbi. Negli ultimi sei giorni dodicimila civili, croati e musulmani, sono stati espulsi dalle case dai profughi serbi della Krajina. Costretti all'esodo arrivano in Croazia attraversando il fiume Sava a bordo di piccole imbarcazioni precarie. Donne, vecchi e bambini, con tutti i loro averi in qualche borsa di plastica sbarcano a Davor, un paese di 2600 abitanti che ogni giorno presta le prime cure a questi disperati. L'Unione Europea ha stanziato altri 44 miliardi di lire per far fronte alla nuova ondata di profughi, dice Emma Bonino. Da maggio di quest'anno sono stati già dati 315 miliardi di lire. Emma Bonino parte oggi per Belgrado. I serbi hanno bisogno di aiuti economici per i 140 mila profughi arrivati dalla Krajina. «Ma non sono disposta a dare i soldi se continueranno a mandare i profughi serbi nel Kosovo. Non voglio certamente essere io quella che apre un nuovo focolaio di crisi». Uno dei principali motivi della visita nella capitale jugoslava saranno le trattative con le autorità serbe per impedire l'insediamento forzato dei profughi serbi della Krajina nel Kosovo dove il novanta per cento degli abitanti sono albanesi. Ingrid Badurìna