Un uomo chiamato di Stefano di Fabio Vergnano

Un uomo chiamato Pi Stefano Un uomo chiamato Pi Stefano Ravanelli: il paragone mi ha esaltato TORINO. Da operaio del pallone a novello Di Stefano. Fino all'inizio dell'anno scorso Ravanelli era un precario, giocatore da mezze partite. Insomma, un incompreso che faticava a trovare una collocazione. Poi, nella vita del giocatore dal cuore grande così, appare Lippi. Il feeling non è immediato, ritornano perfino le solite voci di cessione. Ma il Marcello vede presto in Ravanelli l'uomo adatto al tipo di gioco che vuole imporre alla Juve e soprattutto che la Juve vuole imporre agli altri. Una scelta azzeccata. Ravanelli diventa la bandiera della squadra, il giocatore che meglio di tutti incarna lo spirito che devono avere gli aspiranti campioni. Fino a meritare la nuovissima definizione di Di Stefano del 2000, affibbiatagli con generosità da Berlusconi. Per chi non lo sapesse, Alfredo Di Stefano, argentino, è stato dal '53 al '64 una colonna del grande Real Madrid, 405 gol in 624 partite, otto scudetti, cinque Coppe Campioni. Un mostro sacro, conosciuto nel mondo come la «saeta rubia», la freccia rossa. Ravanelli, a lei le etichette hanno sempre dato noia. Questa volta però hanno chiamato in causa uno dei più grandi campioni di sempre. «Sono i complimenti più belli che abbia mai ricevuto. Lo so che quest'anno vanno di moda i paragoni, ma se permettete il fatto che prima della partita Berlusconi sia venuto a cercarmi negli spogliatoi per dirmi che secondo lui sono come Di Stefano, è una gioia tutta particolare. Non posso dire cosa ho provato di fronte al presidente del Milan, sono rimasto senza parole». Ma per quel che sa lei di Di Stefano, si rivede davvero in quel giocatore? «Io so che Di Stefano ha segnato un'epoca del calcio. Ravanelli non farà altrettanto, ma il paragone vale per quanto riguarda il mio modo di giocare, la mia applicazione costante nel tentativo di essere attaccante, centrocampista e difensore. Come Di Stefano, appunto. La mia evoluzione tattica è evidente, in questi anni di Juve ho fatto cose importanti a prezzo di grandi sacrifici. Merito soprattutto di Lippi, ma anche del sottoscritto. E allora adesso lasciatemi godere questo momento di celebrità. Da quando non devo più dimostrare tutto in venti minuti, sono tranquillo. Adesso se sbaglio non succede nulla». Assente Vialli, l'hanno perfino promossa capitano. «La fascia è di Luca, ma anche queste sono soddisfazioni che contano. Mi piacciono le responsabilità». Nella parte si è calato benissimo, l'altra sera ha avuto consigli e rimproveri per tutti. Ne sa qualcosa Padovano. «Ho solo cercato di tranquillizzarlo, di spiegargli i movimenti da compiere in attacco. Non è facile capire subito i meccanismi del nostro gioco. Ma è uno che fa pressing ed era la prima volta che giocavamo insieme. Lui sta provando a cambiare mentalità, i risultati mi sembrano già buoni. E poi non puoi affrontare il Milan e non sentire la partita. Queste le chiamano amichevoli, ma sono definizioni assurde. Se non senti la partita, puoi restare a casa». Lei è sempre il bersaglio preferito dei tifosi avversari. «Mi capita spesso, a qualcuno la mia grinta non piace. Amen. Se i problemi sono questi, siamo a cavallo». Ma oggi è la Juve il nuovo Milan? «La Juve è la Juve e basta. Il Milan è una grande squadra, ha tre attaccanti che mettono paura, un centrocampo solido. Ma non dobbiamo confrontarci con nessuno. La nostra è una squadra con una fisionomia precisa. Provino a imitarci». Già, una squadra di forzuti. «Questa storia è ridicola. I muscoli non bastano per vincere lo scudetto. C'è sostanza e qualità. E siamo partiti subito con il piede giusto». Sono nati su una vostra riconferma. «E noi li abbiamo cancellati. La Juve è la stessa dell'anno scorso. Cuore e polmoni. I nuovi arrivati si sono adeguati in fretta, hanno capito cosa sia la mentalità vincente». Baggio, ovvero una mezza delusione. «Lo capisco, due mesi fa era ancora con noi. Era prevedibile che si emozionasse. Ma si ambienterà in fretta e tornerà il campione di sempre». Fabio Vergnano Il grande Alfredo Di Stefano

Luoghi citati: Madrid, Torino