Togliatti il mistero della borsa

IL CASO. «Liberazione» lancia il «thriller rosso»: a puntate, fino a settembre IL CASO. «Liberazione» lancia il «thriller rosso»: a puntate, fino a settembre Togliatti, il mistero della borsa L'attentato del '48 e il giallo dei documenti spariti EOMA. 14 luglio 1948, ore 11,30. Caduto a terra, Togliatti disse subito: "Prendi la borsa e la busta". Leonilde lotti era già curva su di lui...». Così, 47 anni fa, la cronaca dell'Europeo sull'attentato che per un attimo aveva fatto temere la guerra civile. La borsa, la busta; la borsa, la borsa: con lievi varianti, tutte le testimonianze concordano sulla prima preoccupazione del leader comunista ferito all'uscita dalla Camera, nell'atrio di via della Missione. La borsa: che fine ha fatto? e che cosa conteneva? Da quel lontano episodio, e da questo attualissimo interrogativo, muove la trama di un giallo fantastorico-politico, uscito in sordina presso Datanews, che Liberazione, il quotidiano di Rifondazione comunista, propone da oggi a puntate, ogni giorno fino a metà settembre. Un thriller «rosso», palpitante di tensione civile e narrativa, che si dipana ai giorni nostri fra Italia, Europa dell'Est e Medio Oriente, fra post-terrorismo, post-comunismo, neonazismo e servizi segreti in una (non del tutto pretestuosa) contaminazione di fantasia e realtà. Il titolo, semplice semplice: La borsa di Togliatti. L'autore, un po' più complicato: Ivo Scanner, che è ovviamente un nome di fantasia, dietro al quale si cela un trentasettenne romano che lavora nell'editoria, traduttore, saggista, collaboratore (col suo vero nome) del giornale comunista, già vicino a Ingrao, già funzionario del pei. Un'altra borsa misteriosa, dunque, nella storia della nostra Repubblica: dopo, anzi prima di quelle famose di Moro e di Calvi. Soltanto uno spunto narrativo, o c'è di più? «E' una vicenda strana - risponde dal suo nascondiglio lo pseudonimo -. Tutti i giornali, all'epoca, avevano riportato il dettaglio della borsa, però poi non s'è più saputo nulla. Perché? Chi la prese?». Forse, obiettiamo, venne recuperata da un assistente di Togliatti e riconsegnata senza tante storie perché a nessuno la sorte di quella borsa poteva sembrare interessante: in fondo erano ancora lontani i tempi dei complotti più mcontrol- lati... Non è che si è fatto influenzare dal caso Moro? «Certo, l'idea è nata di lì. Però è strano: anche nelle rievocazioni più recenti - quella di Giorgio Bocca nel '77, quella di Ugo Zatterin nell'88 - si citano le parole di Togliatti; eppure nemmeno in questi casi, nemmeno adesso nessuno ci ha badato». Nessuno tranne Prospero Gallinari, aggiunge: guarda caso, il brigatista depositario di tanti segreti nel tuttora intricatissimo affaire Moro. Il quale, interrogato a suo tempo dalla Stampa a proposito di certe rivelazioni sui rapporti fra Br e servizi segreti, uscì in un sibillino riferimento al fatto che «Togliatti non può essere ridotto alle borse di Togliatti». «Aveva tòrse letto il mio romanzo, che proprio allora era appena uscito?», si domanda Ivo Scanner. Forse. Ed è singolare come, fra fantasia e realtà, certi nodi manifestino una irresistibile tendenza a tornare. Scanner, lo ricordiamo, è l'apparecchio che consente di «caricare» un'immagine sul computer, e poi volendo di ritoccarla, ricontestualizzarla: è quel che fa il nostro autore, miscelando gli spunti, riportando cronache reali e inventate (c'è perfino una lunga citazione, rigorosamente apocrifa, da un inesistente libro di un certo «G. Ferrara»), e strizzando di continuo l'occhio allo Ian Fleming di James Bond («Ho conosciuto molti ex terroristi - dice -: in tutti c'era una componente di divertimento per quella certa atmosfera alla 007 in cui vivevano»). Visto che La borsa di Togliatti è ancora reperibile, con un po' di buona volontà, in qualche libreria, non faremo un torto ai lettori di Liberazione rivelandone lo sviluppo. La vicenda ruota intorno a un ex terrorista «non pentito», Andrea Vesalio. Dopo la scarcerazione viene avvicinato dal giudice che lo aveva fatto condannare, il quale gli offre un incarico: ritrovare la famosa borsa. In cambio potrà rivedere la sua antica compagna, scomparsa da 15 anni. Vesalio accetta e in un incalzare di colpi di scena arriva infine a Mosca, dove la borsa è in mano al capo della fazione neocomunista. La recupera, la apre e scopre il segreto. Il leader del pei, quel giorno, portava con sé i documenti che comprovavano come la salma di Hitler, data per dispersa, fosse in realtà nelle mani dei sovietici, i quali l'avevano mummificata e la conservavano in un nascondiglio sotterraneo. Qui la «fantasia verisimile» sembra mostrare la corda, perché l'anno scorso è venuto fuori che il cadavere del Fuhrer, effettivamente trafugato dall'Armata Rossa, sarebbe poi stato bruciato su ordine di Andropov, allora capo del Kgb. Ma Ivo Scanner non si scompone: «Dagli archivi di Mosca è uscito di tutto, in questi anni. Questa ricostruzione non è meno fantastica della mia». Ma al giudice del romanzo, che sul contenuto della borsa aveva una sua precisa idea fin dal principio, perché interessava tanto la mummia di Hitler? Perché voleva usarla come merce di scambio con ambienti del neonazismo europeo, a loro volta in possesso di documenti utili a ricattare avversari politici in Italia. Un giudice ambiguo, collegato ai servizi segreti e ai personaggi più loschi della prima Repubblica. Lotte a coltello fra ex maggiorenti che non vogliono saperne di uscire di scena. Intrighi italiani che intersecano intrighi intemazionali. Gioco di specchi tra finzione e realtà, dove tutto diventa finto e tutto è altrettanto vero. Sarà solo un romanzo, però... Maurizio Assalto Nell'immagine a sinistra l'attentato al segretario del pei Palmiro Togliatti, il 14 luglio 1948 all'uscita dalla Camera A destra James Bond, il personaggio creato da Ian Fleming

Luoghi citati: Europa Dell'est, Italia, Medio Oriente, Mosca