Croce un figlio a sorpresa di Mirella Serri

IL CASO. Anche il grande Debenedetti ne subì l'influenza: lo scrive Siciliano, è polemica IL CASO. Anche il grande Debenedetti ne subì l'influenza: lo scrive Siciliano, è polemica Croce, un figlio a sorpresa Paladino di Freud, nella rete dell'idealismo? A DESSO tocca pure a Giacomino di finire nella rete di Don Benedetto. Nell'aria di rivisitazione che spira intomo al pensiero di Benedetto Croce (creata dalla rivista Nuovi Argomenti e dai recenti libri di alcuni giovani critici, come Massimo Onofri), viene alla luce un altro presunto nipotino del gran maestro di Pescasseroli. Si tratta, in realtà, di un calibro da novanta della critica italiana, di Giacomo Debenedetti, ovvero del più famoso saggista italiano (per gli amici, Giacomino), autore di splendide interpretazioni di Proust, Verga, Svevo, Saba e Joyce. La sua opera viene dunque riletta in chiave crociana. Enzo Siciliano, scrittore e direttore del Gabinetto Vieusseux di Firenze (che nel clima di revival crociano a settembre dedicherà una giornata di discussione al filosofo idealista), lancia la provocazione. E nell'introduzione a Saggi italiani, che uscirà a giorni da Giunti (una scelta degli scritti di Debenedetti che comprende, oltre a saggi sull'autore di Senilità e sul poeta del Canzoniere, anche le prose dedicate a D'Annunzio, Pirandello, Tozzi, Ungaretti, Montale), riconduce il saggista piemontese all'influenza del filosofo dell'Estetica. Individua un fecondissimo rapporto e un legame molto stretto tra il pensatore idealista e l'intellettuale che, nel dopoguerra, fu il critico militante più in vista sulle colonne dell'Unità e di molte riviste di sinistra. Analizzando alcuni scritti del critico su Croce - in particolare la prefazione del 1949 alia riedizione della prima serie dei Saggi aitici Siciliano sostiene che il filosofo ha rappresentato per Debenedetti non solo «un nervo dolente, ma anche un richiamo difficile da evitare». E questa attraente sirena, il cui «richiamo» ispirò molte pagine di Debenedetti, è lo storicismo crociano, alla base del sistema interpretativo del saggista. Debenedetti rileggerà Croce anche utilizzando l'interpretazione di Antonio Gramsci, ma non rinnegherà mai l'esùnio padre. Che, al contrario, servirà molto al critico, uno dei primi a utilizzare con acutezza come strumento d'in- dagine la psicoanalisi e la junghiana psicologia del profondo. Il rapporto con Croce, «non fu un parricidio», scrive Siciliano: «Credo che nel pensiero di Croce... viva più di un presagio del Novecento... Croce lascia vivere in sé, ad esempio, il sentimento della memoria storica con modi affatto moderni, invasivi, con modi che oggi si percepiscono con assai più limpidezza e vicinanza di un tempo». Croce, dunque, con il suo temperamento così moderno, non fu per Debenedetti un'eredità da seppellire e da ripudiare. Tutt'altro. Debenedetti («L'uomo della crisi, un uomo la cui parola si configura sempre e soltanto come fuoriuscita da un travaglio d'anima o come un'e¬ mulsione dove pathos e intelligenza appaiono impermeabili se non conflittuali fra loro») secondo Siciliano compie la sua più profonda e radicale innovazione a partire da Croce. Il critico militante sposa Freud e Jung con Croce. Come dire, coniuga il diavolo e l'acqua santa. E non solo: ò proprio grazie anche alla concezione crociana deh"«autonomia dell'arte» rispetto alla politica che Debenedetti riesce a raggiungere le punte più alte della sua saggistica, che può coltivare i suoi interessi per la «Trieste di Svevo e di Saba, o per la Parigi di Proust e di Cocteau. E la Vienna di Freud». Croce, il cui idealismo - si è detto per anni - costituì una barriera alla diffusione della psicoanalisi in Ita¬ lia, attraverso Debenedetti diventerebbe un singolare alleato dell'indagine critica di tipo psicologico, cui la sua filosofia era sostanzialmente ostile. A sua volta il saggista, sostenuto da Don Benedetto, percorrerebbe una singolare via crocian-freudiana alla critica psicoanalitica. L'idea che il brillante indagatore dei misteri della scrittura di Pirandello e di Elsa Morante sia un nipotino, anzi un figliolino né transfugo né ribelle di Croce lascia, però, molto perplesso un altro grande italianista amico di Giacomino, Carlo Dionisotti. «Parlare di parricidio è eccessivo. E' un termine che non si adatta né all'opera né allo stile di Giacomo Debenedetti, un si¬ gnore della critica, pieno di delicatezza. Ma tra Croce e Debenedetti c'era un abisso, c'era la stessa distanza che separava il pensatore abruzzese da personaggi come Carlo Levi. Era tutta una generazione che aveva letto Croce ma non vi si riconosceva. Debenedetti rappresentava un filone di cultura vicino alla letteratura francese, a Proust. Quello stesso filone cui appartiene un Montale, la cui poesia non ha molto da spartire con la filosofia dello spirito. E' vero quello che dice Siciliano, invece, sull'autonomia della cultura, concetto che Debenedetti, indubbiamente condivideva con Croce». A contraddire l'immagine di Debenedetti crociano ci sono an¬ che le lettere raccolte nel Fondo Manoscritti di Pavia. «Si tratta di un ampio carteggio - osserva la curatrice Maria Corti - con gli amici Enzo Ferrieri e Cesare Angelini in cui Debenedetti parla a lungo della cultura francese e di Proust. Ma Croce non è al centro della sua attenzione. La grandezza e la bellezza della sua pagina nascono dal fatto di essere stato molto aperto ad altre culture, aver sempre cercato qualcos'altro rispetto alla critica italiana. La nostra accademia per questo lo ha rifiutato e non lo ha mai mandato in cattedra. Ha ragione Arbasino quando dice che questo revival crociano cui partecipano alcuni giovani critici assomiglia molto a quando i ragazzi d'oggi se ne vanno di casa per vivere con la nonna. Tutti noi e anche Debenedetti siamo cresciuti con nonno Benedetto. Ma poi, fortunatamente, l'abbiamo abbandonato». Mirella Serri Carlo Dionisotti: «No, fra i due c'era un abisso» Maria Corti: «Dalle lettere un'altra immagine» iliano, è polemica sa o? Qui accanto, Giacomo Debenedetti, a destra Benedetto Croce; sotto, Enzo Siciliano che ha lanciato la nuova tesi

Luoghi citati: Firenze, Parigi, Pavia, Pescasseroli, Trieste, Vienna