Zurigo promuove l'eroina di Stato

Zurigo promuove l'eroina di Stato La maggioranza dei giovani sottoposti al test ha ridotto il consumo di droga, alcuni hanno smesso Zurigo promuove l'eroina di Stato «L'esperimento funziona, non interrom ZURIGO DAL NOSTRO INVIATO Kathrin tiene sul comodino la sveglia e il metadone. La sveglia suona alle sette e trenta. La boccetta di metadone è vuota alle sette e quarantacinque. Poi Kathrin fa colazione nella sua stanza in affitto, si prepara, prende il tram e va al lavoro. E' segretaria in un ufficio privato dove di lei sanno che è puntuale e efficiente. Della sua vita al di fuori ignorano tutto. Kathrin lavora fino alle cinque del pomeriggio, poi saluta, si rimette la borsa a tracolla, esce e prende il tram, ma di una linea diversa da quello della mattina. Scende nel centro di Zurigo, cammina sulle rive del Limmat, attraversa un ponte, si sofferma davanti alle luccicanti vetrine per ingannare il tempo e far venire le sei. A quell'ora raggiunge l'ambulatorio che ha appena aperto le porte per il terzo turno, quello che prosegue fino alle nove di sera. Saluta le infermiere e il medico: li incontra ogni giorno da un armo e mezzo. Il dottore le porge la dose quotidiana di eroina che hanno concordato insieme e la siringa chiusa nel cellophane. L'infermiera le apre la porta di una stanzetta dove Kathrin entra, sola. Si lega il laccio emostatico al braccio e si inietta la droga in vena. Intorno a lei, pareti bianche e oggetti sterilizzati. Quando ha finito lascia cadere la siringa usata in una bacinella, esce dalla stanza. Il medico le consegna il metadone, lei lo ringrazia e lo saluta. Dice: «A domani». Torna a casa, si fa da mangiare o esce con gli amici. Dorme serena: sa che domattina, al risveglio, il metadone sarà lì, accanto alla sveglia, a proteggerla da una possibile crisi. E, soprattutto, domani sera l'eroina sarà ad aspettarla nell'ambulatorio del dipartimento opere sociali di Zurigo. Non dovrà cercare lo spacciatore, preoccuparsi del costo crescente della dose né temere che sia tagliata con qualche veleno. La droga gliela fornisce lo Stato e ne garantisce la qualità. Kathrin dice che così va meglio, molto meglio. Non ha più incubi, non deve più cercare spacciatori, trattare con loro, pensare: «Questo mese non ce la faccio, lo stipendio non mi basta, mi va tutto nelle vene», temere di perdere il lavoro per una crisi eli astinenza. Dice: «Faccio l'impiegata e sono eroinomane, l'importante è che il mio vizio non interferisca con il mio lavoro. Il mondo non è forse pieno di manager e professionisti che sniffano o si impasticcano? Il problema non è la dipendenza, ma l'impossibilità di soddisfarla». Da quando lo Stato gliel'ha risolto, Kathrin si droga meno. Come lei Kurt, che fa il meccanico per biciclette e Hans, che un lavoro non lo ha ancora trovato ma, nell'attesa, in ambulatorio ha preso ad andarci due volte al giorno, anziché tre. Sono solo alcuni dei ragazzi scampati dallo zoo di Zurigo. Via da Platzspitz, il parco dove ti davano la sùinga sterilizzata per duemila lire e potevi accomodarti ad avvelenarti sulle panchine (chiuso alla fine di un anno nero, il 1991 : ventuno morti di overdose e un migliaio di delitti dietro i suoi cancelli). Via dal Letten, il quartiere-ghetto frequentato solo da tossici e da uomini che andavano a portar loro la «roba» o a prendersi una ragazza per trenta franchi (sbaraccato a febbraio, con una imponente operazione di polizia voluta dalla giunta comunale ma, ancor più, dalle catene commerciali che avevano nei pressi i loro shopping center). Adesso Platzspitz è un qualun¬ que giardino, pieno di gazebo, ■ fontanelle e turisti. All'ingresso, un enorme striscione rosso annuncia «Welcome! Always CocaCola». Il Letten e un quartiere fantasma che attende di essere riconvertito o coperto dalla acque del Limmat, sulle cui rive (in ricordo dei vecchi tempi) i negozi vendono t-shirt con l'immagine di Wojtyla che si fa una canna e la scritta «I like the Pope, the Pope smokes dope», mi piace il Papa, fuma erba. Zurigo non è più la terra promessa dei drogati di mezza Europa. L'amministrazione comunale (sindaco un socialista, capo della polizia un verde) ha dato energici colpi di ramazza, il concetto è stato: l'immondizia che non ci appartiene, fuori di casa; il resto, sotto il tappeto, almeno non si vede, che è già qualcosa. Il «tappeto» è la Langstrasse, un chilometro di bar dove anche uno come Bukowsky avrebbe avuto qualche scrupolo ad entrare. Di sera si popola di prostitute di ogni razza, di drogati in cerca di uno spacciatore, di poliziotti messi lì a controllare che gli amplessi e le consegne delle bustine avvengano oltre una qualsiasi soglia. Viste anche tre suore e un ragazzo con la chitarra, le mani unite a catena, impegnate in una preghiera per la salvezza delle anime sperdute nella zona. Può servire anche quello. Ueli Locher, che ha un ufficio al quarto piano in Helvntiaplatz, dalle cui finestre vede la Langstrasse, ci prova in maniera pivi concreta. E' lui che, insieme con Monika Stoker, si occupa da un anno e mozzo del progetto «Life line», l'esperimento definito «eroina di Stato». A Zurigo hanno ammesso 68 tossicodipendenti. Requisiti: almeno due anni di ricorso all'eroina, almeno due trattamenti di disintossicazione falliti, età superiore ai venti. Regole: una riunione di gruppo alla settimana, un controllo medicoscientifico al mese, mai usare droga diversa da quella fornita in ambulatorio, mai portarsene fuori, pagare quìndici franchi al giorno (circa soicentomila lire al mese) ricevendo in cambio la quantità di eroina richiesta, da una a tre volte al giorno, all'indirizzo convenuto e mai divulgato per non creare apprensioni nel vicinato che non vuole sentirsi dire: «Ali! Abiti vicino alla mensa dei drogati». Risultati a metà del cammino: dei 68 ammessi al programma ne sono rimasti 43. Dei 25 usciti tre l'hanno fatto nella maniera migliore: smettendo di bucarsi. Uno avrebbe dato tutto pur di ricominciare a guidare un'auto e per riavere la patente è andato in montagna con due amici e ne è tornato dopo qualche mese senza più bisogno di farsi. Un altro è in una fattoria in Toscana con un gruppo di svizzeri, segue una terapia, fra sei mesi dovrebbe esserne definitivamente fuori. Il terzo è su una nave che gira gli oceani, lontano dalle città n dalle siringhe. Tornerà a Natale e comincerà anche lui una terapia. oi ce ne sono cinque che hanno preferito passare a un trattamento di solo metadoni!, tre finiti in ospedali; per Aids e quattordici con cui è andata male. Sei sono slati esclusi dal programma perché non rispettavano le regoe, otto sono scomparsi senza dare una spiegazione. A Locher piace pensare che qualcuno di loro ce l'abbia fatta per conto suo, ma è piìi probabile che si aggiri per la Langstrasse. Il progetto Lifeline è un padre severo con chi sgarra: non sono ammessi figlioli prodighi, chi è uori è fuori. E' invece indulgente con chi rispelta le regole. Ai tossicodipendenti è data esattamente la quantità di droga che richiedono («tanto sennò andrebbero a cercarsela al mercato nero e questo è quello che vogliamo evitare»); l'eroina che arriva da Berna, acquistata in Francia, è purissima, il dosaggio calibrato e «questo evita squilibri mentali, consentendo anche la concentrazione necessaria per svolgere un lavoro». Il risultato positivo ottenuto e stato il calo della quantità media di droga consumata dai 43 «superstiti»: in un anno da 437 a 331 milligrammi quotidiani a persona. Agli avversari de) progetto (conservatori e liberalil non basta: in questo modo, dicono, si annulla la motivazione a smettere. Dietro gli argomenti pratici affiorano le grandi questioni etiche: distribuire eroina è immorale, sostengono. «Immorale sarebbe - ribatte Monica Stoker - abbandonare questa gente al suo destino». E' quello che potrebbe accadere all'alba del 1" gennaio 1997, quando il progetto Lifeline avrà esaurito il tempo a sua disposizione. Cosa accadrà dopo? Ueli Loechernon fa previsioni: «Quello che noi chiediamo è di continuare il programma con mille persone, rimpiazzando quelli che ne sono usciti. Affiancare a questo tipo di intervento altri trattamenti terapeutici, non è che vogliamo istituzionalizare la pubblica distribuzione di eroina, ma limitarla a situazioni particolari, difficilmente recuperabili, in cui è meglio che a fornirla sia lo Stato piuttosto che la mafia». Il dibattito è aperto, la Svizzera è divisa, sul tavolo ci sono morali opposte e opportunismi politici, problemi pratici e ipocrisie da vetrinisti. E' difficile schierarsi, salvo decidere che non c'è idea che valga la vita di un altro e allora va bene così, purché Kathrin stanotte dorma serena e lunedi possa andare nel suo accidente di ufficio, piuttosto che a elemosinare o vendersi in Langstrasse. Gabriele Romagnoli «Non vogliamo istituzionalizzare la distribuzione dell'eroina E' meglio però che a fornirla siamo noi anziché la mafia» «Ai tossicodipendenti diamo la quantità che richiedono: cosi non vanno dai pusher» § 18 MESI ALLO SPECCHIO NUMERO TOSSICODIPENDENTIS0TT0P0STIAL PROGRAMMA 68 HANNO RINUNCIATO A DR0GARSI 3 HANNO ABBAND0NAT0 8 ALLONTANATI PRIMA OELLA FINE DELLA TERAPIA 6 CONSUMO QUOTIDIANO Dl EROINA ALL1IZI0 437 mg CONSUMO QUOTIDIANO Dl EROINA ATTUALE 331 mg % Dl DROGATI CHE SI BUCANO 3 VOLTE AL GIORNO [INIZIO] 75% % Dl DROGATI CHE SI BUCANO 3 VOLTE AL GIORNO [ADESSO] 25% USO Dl COCAINA [INIZIO] 83% USODICOCAINA [ADESSO] 56% OCCUPATI IN UN'ATTIVITA' LAVORATIVA [INIZIO] 0 OCCUPATI IN UN'ATTIVITA' LAVORATIVA [ADESSO] 60% roina di Stato n interrom Un'immagine del centro di Zurigo In alto un gruppo di drogati al parco di Platzspitz in una foto di repertorio: il parco, dove si offrivano le siringhe sterilizzate, è stato chiuso da quattro anni Un'immagine del centro di Zurigo

Persone citate: Bukowsky, Gabriele Romagnoli, Locher, Monica Stoker, Monika Stoker, Pope, Ueli Locher, Ueli Loechernon, Wojtyla