Zelmira, è Rossini d'avanguardia

Zelmira, è Rossini d'avanguardia L'opera ha trionfato al Festival di Pesaro, Mariella Devia straordinaria Zelmira, è Rossini d'avanguardia Ottimo il cast, criticata la direzione diNorrington PESARO. La stoccata magistrale e venuta con il terzo spettacolo: questa edizione di «Zelmira», che Rossini fece rappresentare a Napoli nel 1822 e che gli procuro in seguito immensa fama presso il pubblico viennese, resterà tra le cose memorabili del «Festival Pesarese». La compagnia di canto e quanto di meglio si possa oggi mettere insieme per una esecuzione di alta acrobazia belcantistica: basta sentire con che chiarezza si differenziano il tenore baritonale e il tenore acuto, due voci in uso ai tempi di Rossini e recentemente riportate in vita dalla scuola americana. Qui, il già noto Brace Ford scolpisce sillabe e vocalizzi usando talvolta suoni cupi per esprimere l'aggressività bellicosa del personaggio negativo di Antenore; mentre il giovane, prodigioso Paul Austin Kelly saetta in continuazione verso suoni acuti e acutissimi, rendendo con timbro I chiaro la forza e la bontà d'ani¬ mo del personaggio positivo di Ilo. L'opera e di una difficoltà pazzesca, anche nelle parti femminili che il contralto Sonia Ganassi e il soprano Mariella Devia affrontano di getto, con una bravura che, nel caso della Devia, diviene addirittura suprema. Perché in lei tutto è perfetto, l'intonazione, la sgranatura delle note, la qualità del timbro, puro e dolce, cui si è aggiunta una carica drammatica e passionale che ho scoperto in lei per la prima volta. Come si potrebbe, d'altronde, affrontare questa partitura senza impegnarsi a metterne in rilievo la strana dimensione tragica? Il libretto di Leone Tortola è letteralmente e teatralmente ridicolo: ma la musica di Rossini ne spreme una drammaturgia di affetti che ci tiene continuamente col fiato sospeso. Le melodie sono quasi sempre spezzate, i vocalizzi articolati in dentellatu¬ re taglienti; le forme tendono ad aprirsi per seguire il vortice delgli affetti e, soprattutto, i recitativi scavano nelle situazioni con una originalità strumentale e una potenza di declamazione drammatica già notate con stupore dai contemporanei. Opera aspra, dunque, questa «Zelmira», inserita sulla linea di «Ermione»; opera cupa e persino violenta, piena di eccitazione febbrile. Tutte cose che pongono Rossini tra i grandi innovatori e inducono a ripensare che cosa si debba veramente intendere in musica per gusto neoclassico. Senz'altro qualche cosa di antitetico al conservatorismo nostalgico: l'avanguardia del primo Ottocento passa infatti di qui, non meno che dallo sperimentalismo beethoveniano. Lo spettacolo di Yannis Kokkos, scenografo, regista e costumista, mette insieme felicemente cose molto diverse: Babilonia, l'ellenismo, il neoclassicismo marmoreo di Winckelmann e Canova spruzzato di allusioni stile impero nella moda napoleonica di alcuni costumi; gli altri hanno bei colori sfumati e linee rigide, come intagli di pietra. Ma tutto e latto con mano leggera c colori morbidi, sfondi dipinti grigio su grigio, tocchi di luce viva nell'uso di fiaccole e lumi. La serata e stata un meritato trionfo soprattutto per i cantanti, compreso Giorgio Surjan (Polidoro), meno per il direttore Ro- ger Norrington, contestato da una parte del pubblico. In verità, ha condotto l'orchestra e il coro del Teatro Comunale di Bologna (direttore Piero Monti), lasciando che la musica scrosciasse come un torrente: nel movimento, fissa. Donde una certa mancanza di respiro e di elasticità, che ho realizzato a spettacolo finito, pensandoci su, perché nella incandescenza di questo Rossini quasi «espressionista», cosi impegnato nel proiettare l'opera seria verso lidi lontani, la mia attenzione era interamente assorbita dal fuoco del vulcano che stava eruttando e che Norrington, per nostra fortuna, si è preso ben guardia di spegnere. Ne è uscita così rafforzata la nostra gratitudine per il Rossini Opera festival che ha ormai rovesciato l'immagine vulgata del musicista: cosa che per i classici succede sempre molto di rado. Paolo Gallarati II soprano Mariella Devia impareggiabile nell'impervia tessitura dell'opera rossiniana presentata al Festival di Pesaro

Luoghi citati: Babilonia, Bologna, Napoli, Pesaro