Re Ulivo tra i sessanta Prodi di Massimo Gramellini

Re Ulivo tra i sessanta Prodi Re Ulivo tra i sessanta Prodi Romano: «Nessuna offerta a Lamberto» FERRAGOSTO AL CASTELLO DEL CANDIDATO BEBBIO (REGGIO EMILIA) DAL NOSTRO INVIATO Branca branca branca, leon leon leon. Introdotti dalla colonna sonora di dodici prodini che hanno appena visto il film di Gassman in tv, entriamo alla corte di Re Ulivo, in questo castello di Bebbio spuntato come un fungo buffo sopra una gobba verde-pisello della campagna reggiana. Situazione: complessa. Pronipoti che brancaleoneggiano in coro masticando bruschettà. Un nipote cantante lirico, Nicola, affacciato alla Finestra del primo piano, che si scalda la gola con una serie di solfeggi. Un secondo nipote, don Eligio, sta dicendo messa in cappella. Un figlio, Antonio, gira intorno al castello con un campanaccio sbatacchiante per avvertire che è ora di cena. Un fratello fisico (Mario ma potrebbe essere Franco: abbiate pietà, sono nove) irrompe in body da ciclista e avrà sessant'anni: «Vè. Poso la bici, mi metto un maglioncino e arrivo». Un terzo nipote, Matteo, intrattiene un prodino primi-mesi facendogli l'imitazione della gallina, ma il suo «co co co coccodè» è cosi realistico che il cagnone Nevra, un alano incrociato con un dalmata, si mette in cerca del pennuto. Quando la risatona collettiva si esaurisce, sopravvive un ronzio all'angolo estremo della tavolata. Come una spremuta di sorriso a labbra strette: «Iii-shishi-shi-shi». E' Romano Prodi, il Re Ulivo in vacanza. In qualunque altro luogo del mondo, specie in tv, quel risolino curiale potrebbe costargli pacchi di voti, ma qui no. Perfettamente incastonato nell'ambiente: Club Méd cattolico, tribù agreste di camp jggiatori, media borghesia di provincia. Lontano dall'allegria greve del ricco di destra e dalla sensibilità estenuata di quello di sinistra. Bello da morire: di noia. Ma per i Prodi no. «Io non cambierei questo posto con nessuna costa, nessun villone», borbotta Re Ulivo. Si radunano qui una volta l'anno, a Ferragosto. Nove fratelli con la prolunga: mogli-figli-nipoti; ogni tanto si contano: con l'ultimo nato, sessanta. Improponibili, an che se richiesti dal copione, i paragoni con la vacanza del rivale, il Silvio dalle sette ville. 1. Invece delle guardie del cor po, una coorte di nipoti, tutti piut tosto muscolosi. 2. Nessun salone intasato di quadri e divani siderali, ma una casa-caserma con pochi mobili «perché qui d'inverno rubano tutto», camerate da dodici letti e ba gni con lavandini e tazze in fila, come all'autogrill. 3. Al posto della tavemetta, una stanza per fare musica classica: la tribù annovera cantanti, pianisti e suonatori di violino. 4 Altra assenza fondamentale: la piscina californiana. Sostituita da un Campetto di calcio, dove a ferragosto hanno giocato in sei contro sei il derby elettorale: Ulivo batte Polo 10 a 7, nonostante un autogol clamoroso accolto dal coro «Segni! Segni!», seguito a sua volta da un «Iii-shi-shi-shi-shi» di Anonimo (ehm ehm). 5. Nessuna zia suora, ma due nipoti preti che gli recapitano a tavola lettere di albanesi e riviste religiose. 6. Nessuna faccia da Dynasty, ma quelle incredibilmente miti dei figli e dei fratelli. Ccn un'unica eccezione: la sua, cattivina. Alla fac- eia, è il caso di dirlo, del buonismo. 7. La moglie Flavia, la first oliva, esemplare rifinito di madre di famiglia che ha studiato. Elettoralmente straspendibilc, se solo volesse («Ma io non esisto»). Per la gioia di quelle donne che come lei, e sono milioni, dicono al marito di mettersi il maglione e rispondono al telefono «un momento che vedo se c'è», mimano il nome dello scocciatore e nonostante lo sguardo atterrito di lui gli passano con inesorabilità dolce la cornetta. Anche il professor Prodi deve inchinarsi al talento della signora: «Pronto, carissimo, come va?». Al richiamo del campanaccio, la tribù si raduna intorno ai quattro tavoloni della cena. Organizzazione oliata dall'abitudine: piatti di carta, turni in cucina e nel servizio. La signora Flavia taglia il prosciutto. Prodi esamina la caraffa del lambnisco. Quintiliano, il fratello architetto che è un po' il capo-villaggio, lavora di coltello con una forma di grana. «Romano, tu che sei l'economista, perché questo parmigiano costa sempre di più e se ne trova sempre di meno?». La bocca di Prodi riemerge dal cucchiaio della minestrina. «Un chiaro caso di accaparramento. 'Mportante, 'mportante». Eccolo il tormentone linguistico, il «mi consenta» di Re Ulivo. «'Mportante», con la «i» smozzicata all'emiliana. Per esempio, la cosa più «'mportante» successa in Italia nsgli ultimi sei mesi è la sterzata al centro del pds. Molto «'mportante» anche che sia fallito il disegno di ricostruire un Grande Centro. Invece, che Dini prenda il posto di Berlusconi come leader del Polo è meno «'mportante», per i motivi che Prodi spiegherà dopo aver sbucciato la pesca, acceso il sigarc e onorato la bottiglia del Laurino, una spremuta di bacche di ginepro a gradazione incontrollabile. Intorno a lui un coro greco di fratelli, nipoti e amico del cuore-addetto al barbecue Alessandro Ovi. La signora Flavia si allontana, ma resta in ascolto. Professore, glielo diciamo davanti a sua moglie: sa che le donne italiane vedono in lei il Marito? «E in Berlusconi l'amante, lo so. Lui è il flirt, la passione breve. Poi cominciano i problemi: l'arrosto troppo cotto, "non mi hanno lasciato lavorare". Il marito è fatto per durare di più». Come le pile, prof. Ai suoi Berlusconi dice che ha paura di perdere il Nord. «Non mi fido. Potrebbe dirlo per motivare i suoi venditori». Al Sud invece il Polo dilaga. «Mmm. Il Sud è mobile. Deve ancora decidersi». Anche Dini. Le fa paura un cambio di avversario in corsa? «Prima vediamo cosa fa». E se fa quella cosa che lei non vorrebbe che facesse? «Potrebbe portarmi via i voti di qualche moderato che non si fida più di Berlusconi. Però ne perderebbe tanti altri». Alleanza nazionale? «Li ci sarebbe una deflagrazione». Su cosa attaccherebbe in campagna elettorale il candidato Dini? «Sulla coerenza. Dini dovrebbe spiegare agli elettori come mai ha governato con il centrosinistra e poi si è candidato con gli altri 'Mportante. E poi ve li immaginate i duecentomila promotore di Forza Italia che fanno il porta-a-porta per Dini invece che per i' principale?». E lei se li immagina i suoi «cespugli» che fanno propaganda per lei? «Ma dove vanno da soli, con uno sbarramento del 4% nel proporzionale?». Il Polo non avrà ancora scelto il leader, ma ha già scelto l'avversario: D'Alema, mica «Berlusconi è l'amante, io il marito e sono fatto per durare» lei. «Esorcisti. Esorcisti e suicidi». Dicono che lei non c'è, e che quando c'è non si vede. «Falso. Io ci sono, ma non mi fanno vedere. Per vietare che si parli di me quel Vigorelli del Tgr ha fatto addirittura una circolare. Ed è la Rai. Una cosa indegna. Con queste tv non si vota». E quando si vota? «Io vado avanti col programma. Non ho paracadute né vie di ritirata. Neanche Blair in Inghilterra sa quando si voterà». D'Alema dice che in caso di vittoria non può garantire che lei farà il premier per cinque anni. «C'è un patto di lealtà. 'Mportante. Se salto io, la coalizione traballa. Ho bisogno di D'Alema ma anche lui di me». E chi ha bisogno di Dini? «Deciderà prima delle elezioni. Può uscire di scena e fare il super partes. Ma se resta in politica dove schierarsi. Il tentativo di rifare un Centro che oscilla per restare sempre al potere è stato il sogno dell'estate. Finito. Indi irò non si torna». Gli avete offerto una poltrona di governo o Bankitalia? «lo non gli ho offerto nulla». Il programma come va? «Bene, grazie. Ne parlo poco perché appena faccio una proposta me la copiano. E poi dicono: non dici mai niente». Una cosa «'mportante» però deve dirla: in autunno il Sud esploderà? «In economia l'Italia non è mai stata così divisa. Qui c'è bisogno di un governo lungo che adotti il Sud come la Germania Federale ha fatto con la Ddr. Altrimenti fra un po' si comincerà a rimpiangere la Cassa del Mezzogiorno». Dicono che lei ha lo sguardo da prete: si sente più don Bosco o don Camillo? «Come scuole professionali direi don Bosco. Don Camillo, mah. Anch'io sono abituato da sempre a convivere con i "rossi". Gli dovevo anche pagare l'affitto, quando vivevo in una casa del pei. La novità vera è che da sei mesi il pds sta convergendo al centro, fa meno paura. La gente vorrebbe già un unico e grande partito, ma ci vuole pazienza». Ma Berlusconi potrebbe mai essere emiliano? L'amico del cuore Alessandro lo anticipa: «Non ci servono fighette da queste parti». E le labbra di Prodi scompaiono nella solita spremuta: «Iii-shi-shi-shi-shi». Massimo Gramellini

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