la grande sfida di Aladin e Sanja
la grande sfida di Aladin e Sonja la grande sfida di Aladin e Sonja «In Italia tornerete a sorridere e a correre» BUDRIO. Per Aladin e Sanja la guerra ormai è lontana. Ma da oggi comincia una nuova battaglia: quella per tornare a correre e giocare come tutti i loro coetanei. Aladin Hodzic e Sanja Aleksic, 5 anni lui, 7 lei, sono i due piccoli bosniaci di Bihac senza un gamba, mutilati da granate mentre giocavano in strada, la cui immagine ha fatto il giro del mondo su giornali e tv. Ieri pomeriggio, pochi minuti prima delle 15,30 sono arrivati a Budrio, a una ventina di chilometri da Bologna. Poco lontano, a Vigorso, c'è il Centro protesi Inail, struttura che oltre alla costruzione degli arti artificiali cura anche la riabilitazione. Ed è qui che Aladin e Sanja troveranno una possibilità per una vita normale. A Budrio i due piccoli bosniaci sono apparsi stanchi, ma soprattutto impauriti dalla ressa di fotografi e operatori che li ha quasi travolti «Vi prometto che d'ora in poi sarete tranquilli», ha detto il vice sindaco Leda Carisi durante un'improvvisata conferenza stampa nella sala del consiglio comunale. Ma tutti gli obiettivi erano puntati su Aladin, che stringeva tra le braccia un modellino di una Ferrari, e su Sanja, che coccolava un orsacchiotto di peluche: due regali di un cliente di un autogrill dove si erano fermati lungo la strada. Soltanto Sanja ha abbozzato un sorriso quando ha ricevuto in dono dal Comune di Budrio, un'ocarina, il tipico strumento a fiato di questa zona. Aiadin, invece, è rimasto impassibile, con gli occhi azzurri velati di tristezza come nelle foto che l'hanno fatto diventare un simbolo dell'orrore della guerra. Lui, l'ocarina, l'ha impugnata come una pistola. Entrambi sono coscienti di ciò che li aspetta. «Vado in Italia per cercare una nuova gamba», ha detto la piccola Sanja prima di affrontare le sette ore di viaggio da Zagabria, d >ve è rimasta per tre notti e due giorni, ospitata dall'ambasciata italiana, in attesa di un visto che non arrivava mai. Perché Sanja è sola in questo viaggio: la madre non è riuscita a ottenere i documenti in tempo, e forse riuscirà a raggiungerla nel giro di una settimana. In questi giorni, a Budrio, le terrà compagnia una giovane profuga di Sarajevo, Jadranka Barisic, che ha trovato rifugio e lavoro a casa dell'ambasciatore italiano a Zagabria, Paolo Pensa. Aladin invece è con il padre Abdullah, 27 anni, musicista prima della guerra, poi impegnato nella difesa territoriale di Bihac. «Quando ho varcato la frontiera - ha raccontato - ho sentito la pace, la tranquillità, la libertà. Che cosa ho detto ad Aladin? Gli ho spiegato che verrà curato e che tornerà a correre». Quando, non si sa. Al- meno un mese per avere la prima protesi, ha precisato il direttore vicario del Centro Inail, Pietro Finocchiaro. Poi, almeno una volta all'anno, dovranno cambiarla per adeguarla alla crescita. Prima di cominciare le visite all'Istituto Rizzoli, per un paio di giorni, i due piccoli bosniaci avranno il tempo di riposare e di ambientarsi, nell'appartamento messo a dispo¬ sizione del Comune di Budrio, che assieme al Comune di Bologna, si accolla tutte le spese. Ma dall'altra parte dell'Adriatico sono migliaia i bambini e i giovani che portano nel corpo, e non solo nella mente, il ricordo della guerra. Così, il responsabile dell'ufficio della cooperazione italiana a Zagabria, Marco Beci. e la moglie dell'ambasciatore, Hannie Pen¬ sa, che hanno accompagnato Aladin, Sanja e Abdullah fino a Budrio, hanno colto l'occasione per lanciare l'ennesimo appello. «Ci servono medicine - ha detto la signora Pensa - ma soprattutto soldi. Per contattare l'ambasciata italiana a Zagabria il fax è 00385/1/275106. Aiutateci». Roberta Castellano Aladin e Sanja sono stati colpiti dalle granate serbe
Persone citate: Aleksic, Hannie Pen, Hodzic, Jadranka Barisic, Leda Carisi, Marco Beci, Paolo Pensa, Pietro Finocchiaro, Roberta Castellano
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