Su Rabin la macchia di una guerra sporca di Aldo Baquis
Su Rabin la macchia di una guerra sporca Su Rabin la macchia di una guerra sporca UN MITO IN FRANTUMI UTEL AVIV N mito è stato incrinato ieri alle fondamenta in Israele quando un oscuro storico militare, Arye Yitzhaki, ha accusato varie unità dell'esercito di aver massacrato centinaia di soldati egiziani disarmati durante la Guerra dei sei giorni del 1967. Le sconvolgenti accuse mettono in causa direttamente un ministro laborista - Benyamin Ben Eliezer, che nel 1967 aveva il grado di colonnello - e indirettamente il primo ministro Yitzhak Rabin, che era allora capo di stato maggiore. Le rivelazioni sopraggiungono mentre le relazioni fra Israele ed Egitto sono già tese per la recente pubblicazione di una ricerca storica dell'esercito israeliano che conferma che anche nel 1956 - all'inizio del blitz israeloanglo-francese - un'unità israeliana massacrò nel Sinai 49 prigionieri egiziani. Ieri l'ambasciatore egiziano in Israele, Muhammed Bassiuny, ha ufficialmente chiesto maggiori dettagli. Finora la Guerra dei sei giorni era vista dagli israeliani come una vittoria militare - folgorante come una rivelazione divina - su una coalizione di eserciti arabi decisi a cancellare lo Stato ebraico: quasi un metafisico trionfo del «bene» sul «male». Da ieri su questa visione agiografica del conflitto si è allungata un'ombra nera quando in un'intervista a radio Gerusalemme Yitzhaki - uno storico dell'università religiosa di Bar Ilan (Tel Aviv) - ha affermato di aver visto documenti secondo i quali «in sei-sette circostanze diverse» soldati israeliani massacrarono «barhanìm» (fuggiaschi) e prigionieri egiziani che avevano deposto le armi. Le vittime, secondo Yitzhaki. furono circa 900: nell'oasi di el Arish (Sinai settentrionale), a Birt-Madeh, Sheikh Zueid, Kala'at al-Nahal e al valico del Mitle (Sinai orientale). Lo storico ha aggiunto che la sua ricerca, completata nel 1968, fu archiviata «per ordini superiori». L'episodio più cruento avvenne presso l'aeroporto di el Arish dove l'unità 424 del battaglione israeliano 906 uccise nel giro di poche ore (con l'aiuto di un piccolo aereo e di un elicottero) circa 300-400 militari egiziani e palestinesi del battaglione 141, «la maggior parte dei quali dopo che si erano arresi». Al comando dell'unità 424 vi era Ben Eliezer. Ha detto Yitzhaki: «Episodi del genero sono avvenuti in quasi tutte le guerre che abbiamo combattuto e, nella loro atrocità, non sfiorano nemmeno i bestiali crimini che abbiamo patito da parte dei nostri nemici». Perché ha taciuto per 27 anni ? «Perché - ha spiegato - mi ha fatto infuriare l'ipocrisia delle rivelazioni sul massacro dei prigionieri egiziani nel 1956, la cui responsabilità è stata attribuita a ufficiali che oggi sono esponenti politici di destra»: Ariel Sharon, del Likud, e Rafael Eitan, leader del partito Zomet. «Anche uomini di sinistra hanno compiuto atrocità» ha incalzato l'iconoclasta Yitzhaki. «Non solo nel 1967, ma anche negli anni 1948-49, massacrando palestinesi in ripetute occasioni». Trovatosi sul banco degli accusati, il ministro Ben Eliezer ha replicato di non essere a conoscenza dell'uccisione di prigionieri. Ha aggiunto di ricordare bene la cruenta battaglia di el Arish in cui molti dei suoi uomini furono colpiti dal fuoco egiziano, a cui la sua unità rispose con energia. Uno storico militare di sinistra, Meir Pail, è giunto in soccorso di Ben Eliezer: «Penso che Yitzhaki - ha affermato non abbia la preparazione mili¬ tare e scientifica necessaria a comprendere il significato dei documenti che forse ha visto. Le sue rivelazioni vanno prese con le pinze». Ma intanto uno dei protagonisti del massacro del 1956 - il colonnello della riserva Arye Biro - ha confermato di aver sparato sui prigionieri presso il valico del Mitle. «Erano 49 addetti a lavori stradali - ha detto al Ma'ariv - in parte egiziani, in parte beduini. Legammo loro le mani e li portammo in una cava. Erano spaventati, a pezzi. Sparammo su di loro finché morirono tutti. Rafael Eitan non mi aveva dato alcun ordine: non ce n'era alcun bisogno. Ad ogni modo non si mise a lutto per la loro morte perché erano per noi un fardello, una spina nel sedere. Nessuno di noi fu punito». La strage del 1956, secondo Pail, fu portata all'attenzione di Moshe Dayan che, in un colloquio con i comandanti militari, vietò loro di uccidere altri prigionieri. «La cosa poi finì lì», secondo Pail. Aldo Baquis Il premier Rabin Nel '67 era capo di stato maggiore
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