«Questa Jugoslavia salterà' in aria»

«qui: sta jugost avia salterà' in aria» «qui: sta jugost avia salterà' in aria» Lo prevedeva già nel '49 Lawrence Durrell RA prevedibile che finisse così, in Bosnia. Era prevedibile fin dal momento in cui la Jugoslavia si smembrò», ha asserito, Eric Hobsbawm, celebre storico marxista inglese, in una recente intervista sul Corriere della SeIn realtà, lo scrittore inglese Lawrence Durrell aveva già previsto la tragedia odierna con quarantanni di anticipo sull'Hobsbawm. E cioè tra il giugno 1949 e l'ottobre 1952, periodo in cui, giovanissimo addetto all'ambasciata britannica di Belgrado, il Durrell inviò al già anziano amico Henry Miller 14 lettere non datate. Dalla descrizione delle bellezze naturali e storiche di Sarajevo («... un luogo fantastico: gola strozzata di acque in tumulto... sotto un selvaggio stridore d'aquile»), Durrell passa subito a una serie incalzante e sempre più specifica di profezie politiche che risultano oggi a dire poco strabilianti: «Qui la crisi è terribile, una vite che si stringe inesorabile. I risultati saranno spaventosi, anche se la cosa che più colpisce è che per ora la gente si limita a odiare il regime di Tito con tanta intensità da restarne paralizzata». E ancora: «Le persone sono come morte di paura, talpe che si defilano. Ma i sinistresi americani e inglesi vengono a questo centro di barbarie solo per informarci di quanto si sia noi decadenti e destmati a crollare. Paragonato a quanto avviene qui, Hitler era roba da giardino d'infanzia. Il capitalismo è certo schifoso, ma centomila volte più pulito e nobile di tutto questo. Basta, o penserai io stia dando i numeri...». Miller, che nelle sue lettere e romanzi non ne ha mai, politicamente parlando, azzeccata una, dapprima concorda: è vero, «il comunismo non sarà abbattuto da una opposta ideologia, bensì dalla forza delle circostanze». Subito dopo, però, la butta sul comico involontario, secondo una teoria americana tuttora rampante per altri argomenti: «A farlo saranno invasori da altri pianeti, preoccupati dal danno che involontariamente potremmo provocare con le nostre nuove bombe ed altre invenzioni diaboliche». Con più fervore, l'autore di Tropico del Cancro si preoccupa che il suo giovane corrispondente gli spedisca Oltreoceano un paio di pantofole croate. «Ma tu sei pazzo da legare, amico mio», scherza il Durrell. «Non hai la più pallida idea di cosa sia un Paese comunista... Fino a quando ci misi piede, non riuscivo io stesso a capacitarmene. Mi limiterò dunque a dirti che le tue scarpe scalcagnate le venderesti qui per 12 dollari. 4 dollari per il tuo pettinino da 10 cents. Col ricavato potresti poi comprarci degli aghi: 1 dollaro l'uno. Ma no, neppure ora ce la faresti a capire!». A non capire, tuttavia, Miller non fu certo solo. Tutto l'Occi- PAROLE E IMMAGINI: I RACCONTI DELLA STALLA; RACCONTI IN TERRA DI VIGNE; LO STAMBECCO, IL LUPO E L'ORSO; ORA DI SOPRAVVIVERE; PARCO NAZIONALE D'ABRUZZO; ANDAR PER MONTAGNA; GENTE DI NEPAL; UN PAESE DEL SUD; COSA E COME FOTOGRAFARE IN VALLE D'AOSTA; VALLE D'AOSTA MERAVIGLIOSA; NOSTALGIA DI TORINO; PARIGI 360°; TORINO 360°; MILANO 360°; LEGNI ANTICHI DELLA MONTAGNA; VENEZIA 360°; MUSEO DELLA PIPA DI LOSANNA; MUSEO ALPINO DI CHAM0NIX; ROMA 360°; MALTA 360°; LA COLLEZIONE AM0UDRUZ; CODICE DI WARM0ND0; LEGNI ANTICHI DELLE GENTI DEL TRENTINO; ARTIGIANATO DI TRADIZIONE NELLE ALPI OCCIDENTALI ITALIANE; DENTELLES DI COGNE; IL CONVENTO DI SAN BERNARDINO E IL CICLO PITTORICO DI GIAN MARTINO SPANZ0TTI; TRENTINO 360°; UN GIORNO NELLE ALPI; PIANETA MUSICALE; DOLOMITI 360°; LA CIVILTÀ DEI SAMURAI; TORINO, LA MIA CITTÀ; 0BJETS DE P0UV0IRS; TORINO CAPITALE; CASTELLI & ABBAZIE NELLA PROVINCIA DI TORINO; G0Z0 360°; MOBILI TRADIZIONALI DELLE ALPI OCCIDENTALI; INNSBRUCK TIR0LER V0LKSKUNSTMUSEUM; MONTE BIANCO 360°; PIEMONTE 360°; IL MUSEO DEI CUCHI: FISCHIETTI IN TERRACOTTA ; VALLE D'AOSTA, TESORI DEL TEMPO; MESSALE DI GIORGIO DI CHALLANT; VALLE D'AOSTA 360°; LONDRA 360°; IL PRESEPIO ITALIANO; HAUTE SAVOIE 360°; CODICE RABANO MAURO; THANKA DELL'HIMALAYA; BOIS SCULPTES DES MERS DU SUD; GENÈVE 360° plomatica dell'ambasciata britannica, nessuna, dico nessuna analisi approfondita del presente, o anche solo vaga previsione del 1992 e dintorni attraversò mai l'Adriatico. Ma che rappresentava, dunque, l'artificiosa coalizione di Serbia, Croazia, Slovenia, Bosnia-Erzegovina, Macedonia e Montenegro? Peri partiti comunisti un modello propagandistico di democrazia. Per i loro antagonisti conservatori un paradiso turistico, una riserva di caccia, un cuscinetto strategico cac- l)a sinistra, Lawrence, Durrelle Ilet Allora giovane addetto d ambasciala a Belgrado scriveva a Henry Miller: «Sono in un 'officina del diavolo». Un carteggio inedito in Italia dente, in verità, parlava della Jugoslavia con aperta o malcelata simpatia. «Good old Tito» era rispettato per il suo comunismo «tollerante» e relativamente autonomo, che raggelava Stalin. Quanto agli intellettuali di professione, ai più sottili cavillatori politico-letterari, che avevano da eccepire? Niente, o peggio. Al di fuori delle lettere affidate dal Durrell alla valigia di¬ uy Miller. In allo l'ilo ciato a forza tra le zampe del plantigrado russo. Certo, le città apparivano malconce, le vetrine carenti, mente vie Montenapoleone, a Belgrado. Ma non era la Jugoslavia, modesta e senza mire espansionistiche, quanto di meglio ci si potesse augurare da un Paese comunista accampato alle porte? Se è vero, come sosteneva Montale, che il mondo è stupido più che crudele, forse non si trattò di sola malafede. E' infatti possibile che quanto Durrell gridava nel deserto apparisse semplicemente preposterous, ossia assurdo. Sta eli fatto che dal 1963, quando il suo epistolario con Miller fu pubblicato in Inghilterra, e sino a quattro anni fa, chi non ce l'aveva fatta a notare in proprio l'uragano che si addensava all'orizzonte non ebbe poi neppure modestia e intelligenza sufficienti ad apprezzarne il pragmatismo. Chi mai, nel 1949, o dopo la morte di Tito, o anche solo ieri, si è reso conto che la Jugoslavia era una pentola a pressione capace di rovesciare ancora una volta sulla Terra il vomito della «pulizia etnica?». Chi, tranne i bosniaci e i croati, si preoccupava che i serbi si stessero riarmando per traboccare dai loro confini turgidi di vendetta, sostenendo che 750.000 dei loro erano stati uccisi dai musulmani, alleati dei nazisti nel corso dell'ultima guerra? Durrell ne trovava le ragioni non tanto nella povertà più squallida, quanto appunto negli antichi rancori razzisti e religiosi artificiosamente ingabbiati, nel 1918, con la creazione, a tavolino, della Jugoslavia. Torna così più volte, a concetti di nazionalità, di etnie. «Mi rendo conto che, paragonata a quanto accadrà qui, la nostra marcia cultura occidentale è un fiore di speranza». La capitale, l'intera Jugoslavia, già «vaneggiano», «sono impazzite», «piene di serbi abbrutiti», di «fanatici» che premono. «Le nubi si addensano... l'atmosfera è fetida... Qui siamo in una sorta di trappola, a killing-box, una scatola per uccidere... A suo tempo, l'mtera officina del diavolo salterà in aria». C'è chi sostiene che l'autore de.ll'Alexandria Quartet abbia anche fatto la spia per il suo Paese. Se così è, sarà stato abilissimo, e chissà che da qualche polveroso archivio londinese non rispuntino altre sue strabilianti proiezioni su gironi ancora più profondi dell'inferno. Come che sia, non resta che prendere finalmente atto delle sue straordinarie capacità diagnostiche e deduttive. E certo, l'espressione «compagno arrangiati», che nel 1968 (!) un italianista jugoslavo mi assicurò rappresentare la dinamica più profonda dei rapporti sociali nel suo Paese, non potrà più apparire barzellettistica. Giuliano Dego