Superman ha trovato il suo erede

Da Lewis a Johnson, i Mondiali di Goteborg hanno incoronato il nuovo re dell'atletica Da Lewis a Johnson, i Mondiali di Goteborg hanno incoronato il nuovo re dell'atletica Superman ha trovato il suo erede Ma Cari è polemico: «Lui non sa trascinare le folle» Michael fa il modesto: «Nessun paragone con Owens» GOTEBORG DAL NOSTRO INVIATO La malcelata invidia di Cari Lewis nei confronti di Michael Johnson («Lui è uno che non entusiasma le folle e che non farà mai riempire uno stadio come accade quando ci sono io») è probabilmente il più significativo riconoscimento a quanto grande sia ormai la dimensione del non ancora ventottenne campione del Texas. L'atletica, da sempre alla ricerca del superman, ha trovato in lui il nuovo punto di riferimento che, nel continuo divenire delle cose, va a sostituirsi proprio a Cari Lewis, eroe sportivo degli Anni Ottanta e dei primi Anni Novanta. E' un avvicendamento che il campione di ieri fatica a digerire. Lewis, che nelle stagioni di massimo splendore ha fatto scelte coraggiose, oggi non riesce ad accettare la legge del tempo. Probabilmente rimpiange quei record mai cercati ritenendo allora quasi disdicevole o troppo terreno per lui dio dell'Olimpo atletico sceso tra i mortali - misurarsi contro i primati, come gli umani sono soliti fare. Non c'è dubbio che il Cari Lewis capace di concludere 17 volte la sua gara di salto in lungo con una misura superiore agli 8,64, sia stato per un decennio legittimo pretendente a quei 9 metri invece da lui quasi snob- bati. Così come l'aver corso i 200 cinque volte in meno di 19"84 ne avrebbe fatto il logico pretendente a migliorare il record di Mennea, solo che avesse affrontato la distanza con minore distacco, senza una sorta di avversione dichiarata. «La mia gara è il lungo, quella che mi ispira meno sono i 200» dichiarò a Helsinki nel 1983. Soltanto sul finire della carriera King Cari ha trovato gratificazione in un paio di record individuali, entrambi sui 100: prima con il 9"92 di Seul '88 (riconosciuto come primato però soltanto dopo la squalifica di Ben Johnson per doping), quindi il 9"86 di Tokyo '91, nell'ultimo capolavoro della sua carriera. «I record sono fatti per essere battuti, le vittorie invece rimangono»: questa la filosofia, dichiarata, che ha accompagnato il campione dell'Alabama. Ed è per questo che, anche maggiormente, stonano oggi le sue critiche, il non accorgersi che il suo mito comunque reggerà al passare degli anni, inossidabile anche se l'atletica nel frattempo avrà trovato nuovi, e grandi, protagonisti. I Mondiali, prima ancora che dei tre record battuti (nel saltro triplo uomini e donne e nei 400 hs femminili) e delle grandi imprese o conferme di altri (Bubka, Morceli, Gebreselassie, Kiptanui, Torrence, Devers, per fare qualche nome), sono vissuti della nuova sfida, questa volta di Michael Johnson, alla resistenza umana: nove gare in nove giorni, correndo per cinque volte quel giro di pista che unanimemente viene riconosciuto come «la gara che uccide». Anche Cari Lewis, più giovane e più integro, tentò con successo di accoppiare più gare rinnovando il mito di Jesse Owens plurivincitore all'Olimpiade del 1936 a Berlino. King Cari fece le prove generali proprio ai Mondiali, nella prima edizione di Helsinki '83 disputando tre gare (100, lungo e staffetta veloce) e vincendo altrettanti ori. Poi, l'anno dopo a Los Angeles, aggiunse i 200 per un poker dorato che lo vide impegnato complessivamente 14 volte in nove giorni, considerando ogni tentativo nel lungo come esibizione a se stante (in tutto furono tre salti, uno nella qualificazione e due in finale, poi rinunciò ai restanti quattro). Michael Johnson adesso è il nuovo riferimento dello stakanovismo atletico, con un'umanità sconosciuta a Lewis. «Quello che ho raggiunto è il risultato di tanto sudore, di tanta fatica» ha commentato Johnson. E visto il suo generoso offrirsi, peraltro respinto dai responsabili tecnici, di correre anche la staffetta 4x100 (poi squalificata), per ovviare all'infortunio di Mitchell e alla rinuncia di Lewis, gli si può anche perdonare di essersi amministrato nella finale della 4x400, con una frazione «da umano» pensando al tentativo di record che effettuerà mercoledì sulla magica pista del Letzigrund, a Zurigo. Anche Johnson, come King Cari, è stato paragonato a Jesse Owens ma con modestia lui si è schermito: «Il paragone non regge perché Owens non era solo un grandissimo atleta: molti delle mia generazione infatti non si rendono conto di cosa abbia potuto significare in quei tempi essere la bandiera della libertà». Ormai fra meno di un anno ci sarà l'Olimpiade. E Michael Johnson, anche se il «predecessore» non gradisce, è il candidato a essere il simbolo dei Giochi di Atlanta. Proprio come Lewis lo è stato dodici anni fa a Los Angeles. Giorgio Barberis I DUE REA CONFRONTO Ecco il raffronto tra le 9 fatiche di Michael Johnson ai Mondiali di Goteborg '95 e le 14 di Cari Lewis all'Olimpiade di Los Angeles 5 agosto 400 (b) 45"49 6 agosto 400 (qf) 45"15 7 agosto 400 (sf) 44"91 9 agosto 400 (f) 43"39 10 agosto 200 (b) 20"57 10 agosto 200 (qf) 20"35 11 agosto 200 (sf) 20"01 11 agosto 200 (f) \9"79 13 agosto 4x400 (f) 44" 00 • 3 agosto 100 (b) 10"36 3 agosto 100 (qf) !0"04 4 agosto 100 (sf).. 10" 14 4 agosto 100 (f) 9"99 5 agosto lungo (q) 8,30 6 agosto 200(b) 21 "02 6 agosto 200 (af) 20"48 6 agosto lungo (f) 8,54 6 agosto lungo (f) nulla 8 agosto 200 (sf) 20"27 8 agosto 200 (f) 19"80 10 agosto 4x100 (b) 38"90" 11 agosto 4x100 (sf) 38"41 •* 11 agosto 4x100 (f) 37"81 11I1IJ MONDIALI I Di ATLETICA 'Tempo manuale di Johnson nella quarta frazione: il tempo complessivo è sialo 2'57"32 "Lewis correva la quarta frazione