«Colpa del lavoro sommerso» di Albino Longhi

«Colpa del lavoro sommerso» «Colpa del lavoro sommerso» Longhi: le associazioni disposte a collaborare STA IL PRESIDENTE DELLE CAMERE DI COMMERCIO QMILANO UELLI sull'evasione? Sono dati che vanno presi con cautela». Mette le mani avanti Albino Longhi, presidente dell'Unioncamere, l'associazione che riunisce le Camere di commercio. Eppure, presidente, proprio all'Unioncamere fa capo l'istituto Tagliacarne, la cui ricerca è stata la pietra dello «scandalo fiscale»... «I dati del Tagliacarne sono corretti e oggettivamente validi. Ma le deduzioni che se ne sono tratte possono non essere giuste. Ad esempio non tutta l'evasione è attribuibile direttamente alle piccole e medie imprese. E poi mi sembra spropositato il dato di evasione riferito al Sud. Bisogna tenere presente che in molte regioni meridionali grandi quote del reddito derivano da quelli che in termini tecnici si chiamano "servizi non desti- nati alla vendita", in altri termini il pubblico impiego. Naturalmente questi sono redditi sui quali non bisogna in alcun modo pagare l'Iva». Ma di chi è la colpa dell'evasione, allora. Mica dei lavoratori dipendenti? «Certamente no, ma c'è un vasto mondo di lavoro sommerso, ad esempio fatto da persone che svolgono attività artigianali senza essere iscritte a nessuna associazione. Oppure prenda il caso dei professori che - prima dell'abolizione de¬ gli esami di riparazione - facevano ripetizioni in nero». Fenomeni che esistono, certo. Ma in fondo la loro incidenza sulle migliaia di miliardi che sfuggono al Fisco non sarà enorme. Le categorie del lavoro autonomo non hanno proprio nulla da rimproverarsi? «Certo, l'evasione non è giustificabile. Ma alcuni casi sono comprensibili. Adesso si parla di Iva, ma io penso che l'evasione non riguardi solo il valore aggiunto, ma le duecento e più tasse che gravano su un imprenditore. Tasse che certe volte arrivano a mangiare il 55 o il 60 per cento degli utili di un imprenditore». Qual è la soluzione, allora? «Il problema di fondo è quello della revisione fiscale. Mi sembra che in Italia si sia perso di vista il nesso fondamentale tra Fisco e democrazia, in fondo il Parlamento inglese nacque proprio da un problema di tasse. Invece le risposte che abbiamo avuto in Italia, come l'istituzione della "minimum tax" sono state brutali». Che ne pensa del concordato fiscale? «Il concordato avrebbe senso se fosse unito a una modifica del sistema. Se invece qui si ricorrono i concordati anno dopo anno si fanno solo trasfusioni ma non si risolve l'emorragia». C'è chi come l'ex ministro Giulio Tremonti propone di usare le categorie come sostituti del Fisco per essere più vicini, ma anche più attenti, ai contribuenti. L'Unioncamere sarebbe disposta a farlo? «Credo che le nostre rappresentanze abbiano tutto l'interesse a non vedere demonizzati i loro associati, e quindi sarebbero disposte a collaborare. Ma lo ripeto, il problema principale è di rivedere l'intero sistema fiscale», [f. man.] Il presidente Unioncamere Albino Longhi

Persone citate: Albino Longhi, Giulio Tremonti, Longhi

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