« Ucciso da un altro malato » di Fulvio Milone

« Il giovane colpito da Aids ha diviso la droga con un compagno « Ucciso da un altro malato » Napoli, gli ha iniettato l'eroina killer L'INFERNO DEL COTUGNO NAPOLI ELLA stanza 216 l'inserviente che ha da poco pulito il pavimento con il detersivo disinfettante stende le lenzuola fresche di bucato sul materasso del letto numero 18. Comincia un altro giorno al Cotugno, l'ospedale degli ammalati di Aids, un inferno per medici e infermieri ma soprattutto per i pazienti che, esasperati, cinque mesi fa hanno scatenato una rivolta. L'ultimo bollettino di guerra registra la morte di Angelo Di Roberto, 31 anni, il tossicomane morto domenica mattina dopo l'ultimo buco. In un primo momento si ora pensato ad un giallo perché accanto al cadavere steso sul letto, appunto il numero 18, i poliziotti avevano trovato il laccio emostatico, ma non la siringa. Chi e perché aveva iniettato la droga nelle vene di quel poveraccio, un piccolo pregiudicato per furto e rapina al quale restava poco da vivere? Il mistero è stato chiarito in poche ore: Angelo non si è drogato da solo. Ha diviso la dose, mortale per un fisico come il suo ridotto allo stremo dalla malattia, con un altro ricoverato dimesso dall'ospedale poco prima della scoperta del cadavere: anche lui si ò bucato, e probabilmente ha portato con sé l'ago e lo stantuffo. In questa brutta storia, però, ci sono altre domande che non trovano risposta. Chi ha venduto l'eroina ad Angelo e al suo amico? Com'è possibile che la droga circoli senza problemi in un reparto di ospedale pieno di' tossicomani affetti da Aids? Basta camminare lungo le corsie al secondo piano per sentirsi dire che nell'orario delle visite ai pazienti il «Cotugno» si trasforma in un supermarket dell'eroina. Lo raccontano gli stessi ricoverati. Come G.F., un uomo disfatto dalla malattia che dimostra il doppio dei suoi 27 anni. «Qui ti droghi come e quando vuoi, gli spacciatori entrano assieme ai familiari in visita ai ricoverati - dice -. Conoscevo bene Angelo, da mesi ormai andava e veniva dal Cotugno. L'ultima volta era arrivato il 26 luglio. Creda a me, ormai era andato di testa. Non riusciva a fare a meno della roba. Una settimana fa mi ha proposto di dividere una dose con lui. "Non mi buco più da due mesi", gli ho risposto. Lui ha insistito: voleva vendermi il suo walkman per racimolare i soldi sufficienti per l'eroina, ma io ho rifiutato. Qualche giorno fa l'ho visto tutto eccitato: mi ha detto che gli avrebbero portato una dose di lì a poche ore, ma poi lo spacciatore non si è presentato. Evidentemente si è fatto vivo sabato, e ha portato la droga. Angelo e il suo amico si sono bucati nella notte fra sabato e domenica. Il primo è morto, l'altro è stato più fortunato: il suo fisico ha retto meglio». Un altro testimone degli ultimi giorni di vita di Angelo Di Roberto è Vincenzo Sangiovanni, da un anno aiuto del reparto diretto dal primario Antonio Chirianni. «Ho parlato con lui sabato mattina - ricorda il medico -. Mi è sembrato piuttosto su di tono, diceva che una volta fuori da qui avrebbe aperto una pescheria con l'aiuto del fratello. Sa che cosa mi ha chiesto? Un piatto di cozze. Proprio così: cozze. Io gli ho risposto che avrei fatto di tutto per portargliele a Ferragosto». Il dottor Sangiovanni è convinto che al Cotugno non esista un vero e proprio traffico di droga. «Non c'è un mercato vero e proprio - dice -. Sembrerà assurdo, ma credo che a dare l'eroina ai ricoverati siano proprio le loro famiglie, durante l'orario di visita. Spesso i parenti sono esasperati, pronti a tutto pur di fare in modo che i figli o i fratelli se ne stiano tranquilli in ospedale». Fulvio Milone

Persone citate: Antonio Chirianni, Cotugno, Sangiovanni, Vincenzo Sangiovanni

Luoghi citati: Napoli