Un grande «Tell» di Rossini, bello e «nuovo»

Un grande «Teli» di Rossini, bello e «nuovo» Pesaro, successo dell'Orchestra Sinfonica di Radio Stoccarda e dei cori di Praga e di Cracovia Un grande «Teli» di Rossini, bello e «nuovo» Arricchito di pagine sconosciute l'allestimento di Gelmetti PESARO. Grande successo al Palasport per il «Guillaume Teli» di Rossini, arricchito con pagine sconosciute tra cui due gemme: il «Pas de deux» nel primo atto e l'aria di Jemmy, figlio di Guglielmo Teli, che si rivolge al padre prima che questi colpisca con la freccia la mela posta sul suo capo: un brano che rallenta l'azione ma dà modo alla cantante, l'ottimo soprano Elisabeth Norberg-Schulz, di arricchire il suo personaggio con una commozione inedita. Altre cose nuove, come un recitativo nel primo atto e vari mutamenti, qua e là, non cambiano la fisionomia dell'opera che il festival propone in un allestimento grandioso e musicalmente degnissimo, seppure non all'altezza di alcuni vertici ineguagliati delle stagioni precedenti. Quello che grava un poco sullo spettacolo è la messinscena di Pier Luigi Pizzi che estende a tutta l'opera la scenografia della «Sombre farete», la «Selva opaca» del secondo atto. Una cinquantina di grossi tronchi si perdono verso l'alto in una luce oscura, senza alcuno sfondo né profondità di ambienti. Nulla ci ricorda che la musica del «Teli» è prima di tutto una musica di paesaggio, fatta di echi e di riverberazioni, dove la natura è terra ricoperta di boschi, acqua di laghi e cascate, aria limpida di montagna, fuoco del fulmine. La selva oscura, sede di dolore, è solo una pane di questa ecosfera in cui è individuata, nel dramma, la sede della felicità: che i personaggi raggiungeranno appieno dopo essersi liberati dalla tirannia, in una saldatura tra vita biologica e vita morale celebrata alla fine nel trionfale ritorno del sole dopo la tempesta, quando uomini e luoghi si uniscono nella luce di una romantica trasfigurazione. Tutte cose che bisogna indovinare nella plumbea messinscena di Pizzi, pur gradevole per i bei costumi e gli eleganti movimenti di comparse e attori. L'esecuzione è guidata con decisione da Gianluigi Gelmetti: con i suoi gesti da nuotatore dirige senza bacchetta perché probabilmente la manderebbe in frantumi tanta è l'energia dei comandi che imprime alla Orchestra Sinfonica di Radio Stoccarda e ai cori di Praga e di Cracovia, sbozzando la partitura del «Teli» nelle sue linee fondamentali, senza perdersi in particolari sottigliezze. Quelle che, ad esempio, impreziosiscono il canto di Daniela Dessi, l'unica in grado di fare del suo un vero personaggio: nobile e commossa, Matilde spicca sulla scena per l'accorata dolcezza, i fremiti, la vibrazione emotiva posta nelle note e nei gesti. Più compassato, accanto a lei, l'Arnoldo di Gregory Kunde, mentre la figurina di Jemmy trova nella Norberg-Schulz una caratterizzazione pungente. Michele Pertusi ha affrontato con la solita, scrupolosissima preparazione, la parte di Guglielmo Teli, personaggio difficilissimo e un po' noioso per l'uniformità del comportamento: sempre nobile, edificante, sempre pri¬ mo nel far vedere quanto è buono e coraggioso, non ha neppur lontanamente il piglio scenico e musicale di certi conturbanti eroi o antieroi delle opere serie italiane. E qui sta, in fondo, il succo del discorso fatto in tutti questi anni alla cultura moderna dal Festival di Pesaro: «Voi credete da un secolo e mezzo che il "Guillaume Teli" sia il massimo capolavoro serio di Rossini e io vi faccio vedere che "Semiramide" è più bella di lui». Insomma, con la riscoperta del Rossini serio italiano la valutazione critica del musicista sembra ormai aver subito un vero e proprio terremoto. Ma va detto che cosa in questo spettacolo era veramente entusiasmante: l'esibizione del Ballet Nacional de Cuba (coreografia di Heinz Spoerli) e il supremo virtuosismo delle tre étoiles, José Manuel Carreno, Rafael Rivero e Alessandra Ferri, l'unica a ricevere, con le ovazioni, anche lanci di fiori. Paolo Gallarati

Luoghi citati: Cracovia, Pesaro, Praga, Stoccarda