Una donna sola al comando: è Fabiana di Maurizio Caravella

L'azzurra Luperini ha chiuso il Tour in trionfo; a 21 anni è già la più forte ciclista del mondo L'azzurra Luperini ha chiuso il Tour in trionfo; a 21 anni è già la più forte ciclista del mondo Una donna sola al comando: è Fabiana «La maglia rosa e quella gialla non bastano: voglio Viride» ERSONA&GIO COSI' PICCOLA COSI' GRANDE FONTENAY A il cuore di Coppi, la resistenza di Indurain, l'agilità in salita di Pantani e la potenza del Bugno dei tempi d'oro. Mamma mia: chi sarà mai questo gigante? Questo gigante è una bambina. Almeno, ha il corpo da bambina: 40 chili (ma era scesa anche a 38), poco più di un metro e mezzo d'altezza. Un motore Ferrari nella carrozzeria di uno scooter. Fabiana Luperini è come una locomotiva che in salita, a furia di strappi, si perde per strada i vagoni. Fabiana Luperini, toscana, futuro avvocato, a 21 anni è già la più forte ciclista del mondo: dopo aver vinto il Giro ha trionfato al Tour e adesso vuole, fortissimamente vuole, la maglia iridata. Con le sue ah da farfalla, riesce a volare senza sforzo più in alto di tutte. «Quando ci si avvicina a una grande salita», dice, «le altre fanno delle smorfie: sanno che dovranno soffrire. Io invece sorrido: tocca a me. Salgo sui pedali e vado via. Scatto a ripetizione. Alla fine mi guardo alle spalle e non c'è più nessuno. E allora mi sento felice. E penso: "Fabiana, sarai piccola, sarai un grissino, ma che t'importa: sei prima". A ognuno le sue gioie». E' come se desse alle avversarie una serie di schiaffi, fino a tramortirle. Oppure è come se desse una scrollata a un albero di ciliegio: prima ne cade qualcuna, poi pian piano cadono tutte. E Fabiana, con calma, se le mangia. Gli italiani non riescono a conquistare il Tour vero da trent'anni, quasi una maledizione. L'ultima a vincere quello femminile, nell'85 e nell'86, era stata mamma Canins, che era l'idolo di Fabiana. La sua è un'impresa storica: quasi da ciclismo dei tempi eroici, visti i distacchi. Se fosse una tennista, potrebbe baciare la terra rossa. Se fosse una calciatrice, potrebbe rotolarsi sul prato. No, non farebbe nulla di tutto questo, Fabiana. A lei, che è una specie di robot montato su due ruote, si riesce al massimo a strappare un sorriso. E non sempre. «Io sorrido solo quando vedo Benigni, al cinema. Io non riesco mai a essere del tutto felice: perché penso a quello che devo ancora fare, non a quello che ho già fatto. E' come se avessi sempre fame, come se non riuscissi mai a saziarmi del tutto. Le vittorie diventano subito ricordi: li chiudo a chiave in un cassetto, per non montarmi la testa. La gente non pensa a chi eri, pensa a chi sei adesso: e restare in vet- ta è più difficile che arrivarci, tutti cercano di buttarti giù». Lei non lo ammetterà mai, perché è sincera ma certi segreti se li tiene stretti nel cuore, non si può dire proprio tutto. Ma forse per Fabiana lo sport è un po' una rivincita su madre natura, che l'ha fatta così piccola, così esile. Ha i capelli Usci, tenuti insieme da una coda di cavallo. Ha lo sguardo dolce, ma in fondo agli occhi sembra di scorgere un po' di tristezza. La tristezza di una ragazza che per sentirsi una principessa, ammirata e magari anche corteggiata, deve stare su due ruote. Appena scende, torna bambina. Torna una come tante: più piccola di tante. «Non mi trucco. Non mi metto i tacchi: voglio essere me stessa. Non ho il fidanzato: non ho tempo per l'amore, adesso. Da ragazzina, nelle corse per esordienti, battevo anche i maschi. Nelle gare scolastiche ero quasi sempre la prima. Ho giocato al calcio, ero centravanti: quattro gol in due partite. Sono piccola? Lo so: quando guardo le altre, lo faccio quasi sempre dal basso verso l'alto. Però le batto. E allora, perché dovrei avere complessi?». Ma certo: a ciascuno le sue gioie, appunto. E le gioie dello sport possono anche diventare gioie della vita. Basta volerlo. Basta crederci. Chissà se lei ci crede fino in fondo. «Qui in Francia mi chiamano microbo. Dovrei offendermi? Macché. Forse dovrebbe offendersi la Longo, che nel gmppo hanno soprannominato befana. Io credo di essere buona, dentro: anche se non parlo quasi mai, perché le parole spesso sono così vuote, così mutili. Lei all'inizio del Tour mi salutava. Poi, quando ho cominciato a vincere, ha smesso: per invidia. Mi passava vicino, faceva finta di non vedermi, tua va duitto, impettita. Come deve vivere male, chi ha quel tarlo dentro. Ma io faccio solo il mio mestiere, che è quello di cercare di andare più forte delle altre. Mica potevo inchinarmi perché passava lei». Sua madre è andata a Lourdes, ha preso dell'acqua benedetta, ha pregato che Fabiana vincesse il Tour: e ci ha trascinato anche il marito, ex cicloamatore, che ha chiuso la sua macelleria, a Fucecchio, per stare accanto a Fabiana. Ma lei non prega per vincere: «Avevo fatto ventimila chilometri, prima di questo Tour: mezzo giro del mondo in bici. Avevo la coscienza tranquilla. Perché chiedere aiuto in cielo? L'aiuto, per vincere, ognuno deve cercarlo, e trovarlo, dentro di sé». E' superstiziosa: «Indosso sempre gli stessi guanti, metto sempre gli stessi occhiali. E mi sono convinta che una maglietta mi porti sfiga: quella non la porto più. Non che io creda proprio a queste cose: però corro più tranquilla». Che corra tranquilla non è del tutto vero: con la sua biciclettina, al Tour, voleva sempre inseguire questa e quella, il et Broccardo le diceva di stare calma ma lei stentava a mordere il freno, allora interveniva Roberta Bonanomi (la veterana del gruppo, una specie di allenatrice in campo) e la faceva ragionare, prendendola dal verso giusto. Poi, finita la tappa, Fabiana diventava un'altra. Una bambola di ghiaccio. E Broccardo, quando lei era sul podio, le diceva: «Fabianina, su, fai un sorriso. Anche se non ti viene, provaci». E lei se lo stampava sul viso, ma non vedeva l'ora di scappar via, quante stupidate si devono fare. «Prima della quarta tappa», racconta Broccardo, «ci accorgemmo di dover cambiare il cambio e la catena alla bici di Fabiana. Mancavano cinque minuti al via, eravamo tesi, avevamo paura di non fare in tempo. Un'altra avrebbe avuto una crisi di nervi. Fabiana invece era lì, tranquilla, zitta, senza emozioni. Sembrava di ghiaccio Che impressione». A Cascine di Buti, il suo paese in provincia di Pisa, domani sera si farà festa: prosciutto, anguria, musica, fuochi d'artificio. Torna l'eroina del Tour. Fabiana finalmente si divertirà. Per lei la piazza di Cascine di Buti, dove non la fanno sorriderr a comando e non la chiamano microbo, è più bella dei Campi Elisi. Lì Fabiana è una principessa anche quando scende di sella. Maurizio Caravella Fabiana Luperini ha 21 anni e abita con la famiglia a Cascine di Buti, vicino a Pisa E' alta un metro e 54 e pesa 40 chili Era brava anche come centravanti

Luoghi citati: Buti, Francia, Fucecchio, Pisa