Sorgo, una chanche per la carta in crisi

Buone possibilità dalle fibre della pianta Buone possibilità dalle fibre della pianta Sorgo, una chanche per la carta in crisi ROMA. Negli ultimi anni sta aumentando l'interesse verso le colture da cellulosa. Anzi, più in generale, si mettono in risalto le piante ad elevata capacità produttiva in termini di sostanza secca, potenzialmente utilizzabili sia per produzioni energetiche sia dell'industria cartaria. L'opportunità di coltivare tali piante viene ora rivalutata dall'applicazione della nuova politica agricola comunitaria, che prevede la possibilità d'impiantare colture «non alimentari» sul 15 per cento dei seminativi obbligatoriamente ritirati dalla produzione. E del resto, in un momento di forte crisi del mondo agricolo, può rappresentare uno sbocco notevole puntare alla riduzione del deficit cartario mediante risorse prodotte dall'agricoltura. Fra le piante che meritano considerazione tenendo conto di queste prospettive vi è il sorgo che può essere coltivato oltre che per la granella anche per la fibra. In Emilia Romagna, ad esempio, già da alcuni anni si vanno sperimentando selezioni di linee non zuccherine di sorgo, appartenenti al genere «sorghum bicolor». Viste le grandi potenzialità genetiche che tuttora caratterizzano il sorgo da fibra - dicono alla Regione - è auspicabile e necessario proseguire l'attuale lavoro di miglioramento genetico. Gli ibridi di sorgo da granella vengono coltivati per fornire mangime per gli animali. L'industria mangimistica è molto interessata alla varietà di sorghi che sono dotati di elevata digeribilità, perché privi di tannino oltre che di pigmento che consente la produzione di polli a carne bianca, come è richiesta dai consumatori dell'Italia centro-meridionale. Ma oltre che per il pollo - dicono in una grande casa mangimistica veronese - «pensiamo di utilizzare il sorgo bianco anche nell'alimentazione del tacchino». Tutto dipende - affermano - dal livello di prezzo in rapporto con quello degli altri cereali. Per nutrire gli animali col sorgo c'è anche una tecnica importata recentemente dalla Francia, ed è l'insilato. Hanno iniziato qualche anno fa una cooperativa sementiera di Arles, in Provenza, e un istituto tecnico di Montignac, con risultati decisamente positivi. Il trinciato - dicono i tecnici francesi - si conserva perfettamente in tutti i tipi di silo, sia verticale che a trincea, senza aggiunta di conservanti. Questo tipo di utilizzo è stato verificato anche in Italia ed ha dimostrato che, con un eccellente valore alimentare e una elevata digeribilità, l'insilato di sorgo senza tannino assicura un ingrasso degli animali a costo competitivo con altri foraggi. Dal punto di vista agrotecnico il sorgo da insilato non differisce da quello comune da granella. Solo la tecnica di semina può seguire regole diverse: più il terreno è sciolto, più la densità di semina dev'essere bassa; più è elevato il rischio di siccità, più bisogna seminare rado. Come ricordano alla facoltà di Agraria all'Università di Torino (coltivazioni erbacee), il sorgo da granella, dove c'è acqua si pone in alternativa con il mais. Nel Nord però in genere il mais è più produttivo. Solo nell'Appennino emiliano si ha tendenza a produrre sorgo, anche perché costa meno, in quanto si usano gli attrezzi del frumento. Però, a mano a mano che ci spostiamo nel Centro e nel Sud dell'Italia il sorgo acquista un'importanta rilevante, poiché diventa competitivo con il mais in quanto utilizza meglio le scarse disponibilità idriche. Gianni Stornello

Persone citate: Gianni Stornello, Montignac

Luoghi citati: Emilia Romagna, Francia, Italia, Provenza, Roma