TIVÙ TIVÙ «Cara Rai, puoi darci oggi quei giacobini che amavamo?» di Alessandra Comazzi

F F TIVÙ' & TIVÙ' ~1 Cara Rai, puoi darci oggi quei «Giacobini» che amavamo? APPELLO accorato e preciso di un lettore: ma perché, si chiede, in un'estate televisiva al solito zeppa di repliche e film visti cento volte, fatti passare abilmente sotto cicli dai titoli pomposi, non si ritrasmettono anche gli sceneggiati degli Anni Sessanta, quelli dell'infanzia di molti telespettatori? (Sarà il ricordo, che li fa sembrare così belli? Sapremmo ancora sopportare i tempi lunghi delle vecchie regie, le esitazioni delle prese dirette, abituati come siamo ai ritmi concitati degli spot e dei telefilm modulari?). Comunque questo lettore ha un desiderio ben preciso: rivedere «I giacobini», lo sceneggiato che lo stesso autore Federico Zardi trasse, nel 1962, da un proprio lavoro teatrale che durava sei ore (era un allestimento del Piccolo Teatro). Anche per la televisione furono sei puntate, regista Edmo Fenoglio, con 105 attori e 90 comparse. Serge Reggiani interpretava Robespierre, Warner Bentivegna Saint-Just. Nel cast comI parivano anche Sylva KosciI na, Lia Zoppelli, Franco Volpi, Carlo Giuffrè, il periodo giacobino era raccontato soprattutto attraverso i risvolti psicologici che quegli avvenimenti straordinari ebbero sugli animi e sulle azioni dei personaggi. Due anni dopo andò in onda, ideale continuazione, «I grandi camaleonti» (che il nostro lettore ricorda come «I camaleonti»; ma nel titolo c'era anche l'aggettivo, mi creda), sempre scritto da Zardi e diretto da Fenoglio. Qui si raccontavano la polvere e gli altari di Napoleone (Giancarlo Sbragia), che aveva al fianco ancora Serge Reggiani, e poi Umberto Orsini, Valentina Cortese, Raul Grassilli. Achille Campanile scrisse sull'Europeo che i fans di quell'epoca storica restavano probabilmente indifferenti di fronte alla volontà di sottolineare il trasformismo, l'opportunismo dei protagonisti; e probabilmente deluso restava anche il «vastissimo pubblico, che sempre s'appassionò del periodo soprattutto per una cosa: le corna». Grande anno di sceneggiati, il '64: in rapida sequenza furono realizzati e trasmessi «Mastro don Gesualdo», la grande «Biblioteca di Studio Uno» con il Quartetto Cetra, «La cittadella», «I miserabili», la «Vita di Michelangelo», «Il giornalino di Gian Burrasca», si iniziarono le avventure del commissario Maigret. Tempi di televisione che voleva educare, innalzare gli animi degli spettatori. Molte fra le trasmissioni di allora sono scomparse, i magici archivi della Rai se le sono divorate. Di alcuni sceneggiati restano spezzoni, brani scelti. Qualcos'altro è stato salvato per intero e ritrasmesso («La cittadella», a esempio). Chissà a quale categoria appartengono «I giacobini» e «I grandi camaleonti», che cosa sarà veramente successo? Il nostro lettore non è sicuro che non siano mai più andati in onda, e non lo è nemmeno questa rubrica. Possono essere tra quelli perduti. Oppure no. Finale aperto. Cara Rai, se ci sei, batti un colpo, fatti sentire. Usa almeno la notte estiva, se puoi ancora farlo, per accontentare chi ti ha voluto bene. Alessandra Comazzi