AGATHA CHRISTIE scacco nel deserto

gli hotel letterari. Allo Zenobia di Palmira, una catena di delitti che sfuggì alla signora del giallo gli hotel letterari. Allo Zenobia di Palmira, una catena di delitti che sfuggì alla signora del giallo AGATHA CHRISTIE scacco nel deserto EL 1934 partire da Londra per la Siria significava andare a Victoria Station, salire sulla carrozza pullman di un bel treno confortevole e sbuffante, salutare i parenti variamente ansiosi, prendere l'Orient Express a Calais, affrontare i lazzi dei doganieri turchi che qualcosa di ridicolo in valigia lo trovano sempre, e arrivare finalmente ad Aleppo, dove le buone maniere e il buon cibo dei francesi promettevano un soggiorno delizioso. Un'ottima prospettiva dunque per Agatha Christie, che a 44 anni, rotonda, famosa e felice, si apprestava ad accompagnare il secondo marito, l'archeologo Max Mallowan, in un giro delle rovine della Siria, prima di fermarsi per molti mesi e molte volte a scavare col permesso delle autorità francesi a Chagar Bazar. Un'occasione splendida, per la scrittrice, di mettere su casa nel deserto, vincere la paura dei topi, degli scarafaggi, perdere qualche chilo sotto il sole, e prendere bonariamente in giro arabi, curdi, armeni, turchi, studiosi inglesi supponenti, e con garbo anche se stessa e suo marito. Acquistata una borsa da viaggio con cerniera Zip ultimo grido, un completo da moglie di pioniere dell'Impero, e un cappello soddisfacente, Agatha racconta nell'allegro diario di quel viaggio uscito nel '46 col titolo Come, teli me how you live - la frenesia delle ultime ore prima della partenza, e l'eterna maledizione delle valigie che colpisce chi accompagna uno studioso. «Sono fermamente convinta che tutti gli archeologi preparino i loro bagagli in questo modo: stabiliscono il massimo numero di valigie che la stremata compagnia Wagon Lit permette loro di portare. Le riempiono fino all'orlo di libri. Poi, con riluttanza, ne tolgono qualcuno, e colmano lo spazio così ottenuto con camicie, pigiami, calzini ecc.». Un'altra certezza è la successiva domanda di rito: «Ca. ra, non ti è rimasto per caso un po' di spazio in valigia?». L'esperienza le ha insegnato a rispondere con un no deciso, ma questa volta una leggera esitazione rovina l'effetto. «Se potessi solo prendere un paio di cose...», minimizza lui. «Non libri?». Il marito la guarda con stupore innocente: «Certo libri, che altro?». Così, appesantiti ma felici, il signore e la signora Mallowan, sposati soltanto da quattro anni dopo essersi conosciuti sugli scavi di Ur, in Iraq, raggiungevano Victoria Station e davano l'addio ai parenti. «Mia sorella» ricorda scherzosamente Agatha, «mi dice tra le lacrime che ha il presentimento che non mi vedrà mai più. La cosa non mi fa molta impressione perché ha questo presentimento tutte le volte che vado in Oriente. "E se a Rosalind viene un attacco di appendicite?" dice. Non c'è ragione perché alla mia quattordicenne figlia dovrebbe venire l'appendicite, e tutto quello che mi viene da rispondere è: "Basta che non la operi tu!"». Poi moglie e marito si scambiano i parenti, ed è il turno della suocera che raccomanda alla scrittrice di avere tanta Finché l'Hotel Zenobia di Palmira è rimasto gestito da privati, ha conservato la stessa struttura che aveva quando ospitò Agatha Christie e Max Mallowan, anche se non l'arredamento. Una sera di marzo del 1981 arrivai a Palmira con un giovane amico pittore (più tardi mio marito) e una fedele Fiat scassata. Eravamo partiti da Milano con l'idea di vedere le città morte della Siria vicino ad Aieppo, Palmira, e i luoghi descritti da Lawrence nei Sette pilastri della saggezza. Un amico ci aveva caldamente raccomandato quel piccolo albergo proprio in mezzo alle rovine di Palmira, ed eccoci, alle sette di sera, stremati, davanti a una bassa costruzione rettangolare a un solo piano, circondata da un'oasi di alberi, che aveva fama di avere ospitato nei giorni d'oro archeologi e spie, che a quei tempi erano quasi sempre tutt'uno. Il décor era a dir poco spoglio: una hall con un banco a sinistra, due divani ricoperti di sky a destra, la televisione naturalmente accesa, e alcuni reperti archeologici - testine e piccoli fregi - conficcati senza molta grazia nei muri. Ma il tutto era di grande fascino, e nel buio s'indovinava, fuori, uno spettacolo magnifico di templi e lunghi colonnati nel deserto, con architravi e arcate sostenute da colonne corinzie del III secolo dopo Cristo. Capimmo subito di essere i soli ospiti dell'albergo, e che non c'era niente da mangiare. Il centro abitato era a quattro chilometri di distanza, ci disse il portiere dell'albergo, e a malincuore risalimmo sulla nostra Fiat per raggiungere un orrendo ma modernissimo Hotel Méridien, che per fortuna aveva un ristorante aperto. Al ritomo all'Hotel Zenobia trovammo seduto sui divani di sky il padrone dell'albergo, un arabo che beveva dei gran bicchieri di whisky e ci disse subito che non avrebbe esitato a mangiare anche salame. Era simpatico e aveva voglia di parlare: dopotutto eravamo i soli ospiti da settimane, e si stava annoiando. Così, tenendo distrattamente d'oc- chio una rumorosa telenovela egiziana in bianco e nero, iniziò a raccontarci la storia di quell'albergo che suo padre aveva comprato molti anni prima da una baronessa francese. Nel frattempo il portiere, che aveva un'aria tonta e vagamente minacciosa, si era seduto accanto a noi, e continuava a offrirmi sigarette con un'insistenza morbosa, come se non avesse mai visto prima una donna bionda. «Madame d'Andurin era una spia dei tedeschi» cominciò a raccontare il padrone dell'albergo, «e costruì l'Hotel Zenobia durante il mandato francese, nel 1911, per sorvegliare l'attività delle spie che allora, essendo quasi tutte appassionate di archeologia, venivano a visitare Palmira». Continuò dicendo che la baronessa era un personaggio molto noto a cui gli arabi avevano dedicato ben due biografie ed era pazza e malvagia. «Fece mettere degli spioncini in ogni stanza» disse, notizia che non gradii affatto, e raccontò che si credeva la reincarnazione di Zenobia, la Regi¬ na di Palmira. Margot d'Andurin, che a detta del nos.tro ospite di notte girava nuda a cavallo tra le rovine, aveva un curriculum davvero eccezionale: era riuscita a penetrare nella Mecca travestita da uomo, aveva sposato un beduino, gli aveva tagliato la gola «là dietro, in giardino», e si era macchiata di altri undici delitti. «Tutti omicidi», sottolineò trionfante il padrone dell'hotel, prima di concludere che la povera baronessa era morta al largo della costa marocchina, gettata in mare dal capitano del suo yacht, che era poi il suo ultimo amante. Dopodiché, il padrone dell'Hotel Zenobia si alzò, ci tese una manina piccola piccola, e annunciò che se ne andava a dormire al villaggio. Il portiere mi diede un'occhiata soddisfatta, e io mi sentii male. La mattina dopo nemmeno il piacere di consumare la prima colazione al sole, su dei grandi capitelli rosati trasformati in tavolini, riuscì a consolarmi di una notte d'incubo. Prima che il portiere ci desse l'ultimo sguardo compiaciuto e staccasse la corrente elettrica in tutto l'albergo, scoprii che la nostra stanza aveva le sbarre alle finestre e una porta che non chiudeva. Quando feci presente al mio amico pittore che ci trovavamo in mezzo al deserto, soli con un tipo dall'aria losca, e senza via di fuga, mi guardò stupefatto come se se ne accorgesse solo in quel momento. Ci infilammo in un lettino scricchiolante e ci facemmo coraggio tenendo in mano un coltellino svizzero. «Sarai contenta di sapere», mi disse la mattina dopo a colazione, «che oggi abbiamo un nuovo portiere d'albergo. Perciò Che una mitomane come Madame d'Andurin si l'osse innamorata di Zenobia sembrò subito perfettamente coerente. La regina di Palmira era stata un personaggio davvero notevole. Era figlia di un capo beduino ed era riuscita a crearsi un impero che andava dalle montagne del Caucaso ai deserti della Libia, e nei giorni della sua gloria aveva offerto uno spettacolo incantatore. «Aveva la pelle bruna, gli occhi neri e pieni di fuoco, le labbra tumide, i denti bianchi magnifici, il volto pieno di espressione», recita, in stile da feuilleton, un manuale di storia antica. Ma doveva essere davvero emozionante vederla comandare la cavalleria leggera araba, quella pesante di Palmira e le fanterie romane contro Sapore, re di Persia, conquistando per il marito Odenato il titolo di Augusto, Imperatore d'Oriente. Quando Odenato fu assassinato da un nipote, però, Zenobia non seppe Oggi l'Hotel Zenobia è gestito da nuovi proprietari, la compagnia turistica Orient Tours di Damasco, che nel '91 l'ha ammodernato senza riuscire a togliergli del lutto il suo fascino decrepito. Ma e curioso che nel '34, invece, quando l'albergo era ancora di Margot d'Andurin, il suo lato sinistro sia completamente sfuggito a una mente maliziosa come quella di Agatha Christie. Agatha e Max Mallowan erano partiti da Damasco in taxi, affrontando le colline desertiche della Siria con la bocca piena di polvere e un furioso mal di testa. «E poi, dopo sette ore di caldo e monotonia e un mondo desolato Palmira!» scrive lei, ritrovando l'entusiasmo. «Questo, penso, è il fascino di Palmira - la sua rosea snellezza che per incanto sorge dalla sabbia bollente. E' deliziosa e fantastica e incredibile, con tutta la teatrale implausibilità del sogno. Corti e templi e colonne in rovina...». Un attimo dopo, l'autista accostava il taxi davanti all'albergo. «Un bell'edificio», nota subito Agatha, e si mette a osservare un gruppo di allegri turisti francesi che ridono e scattano fotografie, mentre Max, precipitosamente, le sussurra: «Non far caso all'odore. Ci si abitua subito». Una notevole puzza di fogna contrastava con l'arredamento elegante dell'albergo. «E' un odore molto sano!» lo assicura il marito. E il vecchio arabo con i capelli bianchi che li accompagna in camera, conferma: «Mauvaise odeur, oui! Malsaine, non!». Fu cosi che la più grande inventrice eh intrighi del mondo, ignara dei delitti commessi da Madame d'Andurin proprio in quel luogo, si stese sul letto con una tazza di tè e un'aspirina, sfinita e anche un po' depressa. «Dentro di me mi sento un po' sgomenta» scrisse. «Sto forse diventando una cattiva viaggiatrice - io, che ho sempre amato viaggiare in macchina?». Ma un'ora dopo, riposata e in ottima forma, già raggiungeva piena di energia il colonnato del Tempio del Sole. Aveva vissuto abbastanza per sapere che un viaggio non sarebbe un'esperienza compiuta senza un po' di sgomento e apprensione. Pensò a Londra, alla partenza, a sua figlia che aveva lasciato in Inghilterra. «E se a Rosalind venisse davvero l'appendicite?» aveva finito per dire, all'ultimo momento, sentendo il fischio di partenza del treno da Victoria Station. «Sciocchezze» le aveva risposto, ineffabile, la sorella, «Perché mai dovrebbe venirle l'appendicite?». Livia Manera Ilfantasma di una antica regina bellicosa nell'albergo che porta il suo nome, costruito da una spietata baronessa francese Venne nel 1934 col marito archeologo Sgomenta per il caldo e i cattivi odori non fece caso all'aspetto sinistro del posto. E a una cupa storia locale Gli scavi a Chagar Bazar, in Siria, dove Agatha Christie venne al seguito dell'archeologo Max Mallowan, che aveva sposato nel 1930. I due si fermarono qui per molti mesi, dopo un ampio giro fra le rovine sparse nel deserto moderare l'ambizione e prima conquistò l'Egitto, poi sferrò l'attacco alla Persia, mettendosi contro la potenza romana. «Quelli che ora mi accusano Idi far la guerra a una donna]» scriveva al Senato di Roma Aureliano, che finalmente la sconfisse «non finirebbero più di lodarmi, se conoscessero questa donna, la sua sagacia, la sua fermezza di propositi, la competenza con cui conduce un esercito, la munificenza con cui dona quando il caso lo richiede... posso assicurarvi che è tale e tanto lo spavento ch'essa incute, da tenere in scacco Persiani, Egizi, Saraceni e Armeni». Zenobia, umiliata e catturata da Aureliano, fu condotta in catene d'oro a Roma, dove dicono che si lasciò morir di fame. Foto di gruppo della missione archeologica di Chagar Bazar: Agatha Christie è la prima a sinistra, seduta: la scrittrice raccontò quella esperienza in un allegro diano uscito nel '46 col titolo «Come, teli me how you live- ro?». ma felici, il sia Mallowan, quattro anni iuti sugli scaaggiungevano avano l'addio rella» ricorda atha, «mi dice ha il presentivedrà mai più. molta impresesto presentie che vado in osalind viene ndicite?" dice. rché alla mia glia dovrebbe e, e tutto quelstra Fiat per raggiungere un orrendo ma modernissimo Hotel Méridien, che per fortuna aveva un ristorante aperto. Al ritomo all'Hotel Zenobia trovammo seduto sui divani di sky il padrone dell'albergo, un arabo che beveva dei gran bicchieri di whisky e ci disse subito che non avrebbe esitato a mangiare anche salame. Era simpatico e aveva voglia di parlare: dopotutto eravamo i soli ospiti da settimane, e si stava annoiando. Così, tenendo distrattamente d'oc- gdicato ben due biografie ed era pazza e malvagia. «Fece mettere degli spioncini in ogni stanza» disse, notizia che non gradii affatto, e raccontò che si credeva la reincarnazione di Zenobia, la Regi¬ ro emozionante vederla comandare la cavalleria leggera araba, quella pesante di Palmira e le fanterie romane contro Sapore, re di Persia, conquistando per il marito Odenato il titolo di Augusto, Imperatore d'Oriente. Quando Odenato fu assassinato da un nipote, però, Zenobia non seppe gMadame dquel luogo, una tazza dnita e anc«Dentro di sgomenta» ventando uce - io, chviaggiare un'ora dopoforma, già energia il cdel Sole. Aveva visapere che be un'esperiun po' di sne. Pensò a a sua figliaInghilterranisse davaveva finitmomento, cura di sé, implicando, col più solenne degli sguardi, che sta nobilmente affrontando un grande pericolo. E si parte. Zenobia, regina di Palmira. A fianco gli archeologi attraversano l'Eufrate senz'altro restiamo qui». Scoprii solo quand'era troppo tardi che il nuovo portiere aveva un aspetto anche peggiore del precedente.