Sfida al Satana del Mississippi

Incastrato da un'indagine dell'Fbi, ma il capo della polizia: «Non abbiamo prove per arrestarlo» Incastrato da un'indagine dell'Fbi, ma il capo della polizia: «Non abbiamo prove per arrestarlo» Sfida al Satana del Mississippi Un agente sott'accusa per 24 cadaveri IL SERIAL KILLER DI NEW ORLEANS QWASHINGTON UESTA volta il fiume ha parlato. Come sa parlare un fiume, con il suo fango che restituisce cadaveri. Affiorano dai «bayou», dagli acquitrini che il «Vecchio Padre» Mississippi forma a New Orleans allagando il suo delta prima di vomitare il limo della prateria e dei vizi americani nel Golfo del Messico. Corpi a decine, di donne, uomini, bianchi, neri, prostitute, giovani e vecchi che la polizia ha trovato sempre all'alba, nei miasmi tiepidi della palude, sempre soffocati o strangolati, sempre mordicchiati dai granchi. Ventiquattro cadaveri ripescati negli ultimi quattro anni, senza che nessuno potesse capire, potesse immaginare che tutti fossero stati uccisi dalla stessa mano. Nel fango dell'«OT Man River» Mississippi, tra le vecchie carrette arrugginite, i serpenti «mocassini» gli alligatori e i pescherecci da granchi, si muore e si sprofonda con discrezione, nel silenzio complice di una terra di streghe, carnevali, cocaina e voodoo che forse tiene stretto il segreto della scomparsa della figlia di Al Bano, Ylenia. Ma questa volta ha parlato: i 24 cadaveri degli acquitrini hanno una firma, una mano sola. Li avrebbe uccisi tutti un poliziotto. «11 Satana del Mississippi», lo chiamano i giornali. Questa è una «New Orleans Story», una storia di caldo umido, di passioni selvagge, di casinò, di sangue misto, una tragedia accaldata da Tennessee Williams, che andrebbe letta ascoltando la musica falsamente allegra di un altro suo cittadino, Louis Armstrong. Soltanto a New Orleans, la «Big Easy», la «Facilona» che tutto tollera, corrompe e inghiotte, come il fiume, si può ambientare la storia di un gigantesco, muscolosissimo poliziotto nero, Victor Gant, che avrebbe ucciso da solo 17 donne di pelle scura, tutte prostitute, 2 donne di pelle bianca, 4 uomini neri, un vecchio bianco e, forse, un ragazzino bianco di 13 anni, ammazzato con una forchetta conficcata nel petto. E poi gettato, naturalmente, nel fiume. Il Diavolo e il Mississippi. E soltanto a New Orleans si può ambientare questa scena madre, la sequenza della rivelazione. E' venerdì 11 agosto, ieri l'altro. Il capo della polizia, Richard Pennington, convoca una conferenza stampa e annuncia di avere finalmente risolto il mistero dei 24 corpi più uno, quello del ragazzino massacrato a forchettate. «Il sospettato è l'agente di polizia Victor Gant, afro-americano di 33 anni» ringhia il «Chief» piluccandosi dalle labbra i frustoli di quel sigaro che fuma continuamente, ma che non può fumare in pubblico, nell'America del proibizionismo antitabacco. Lo avete arrestato? «Non ancora», sputa il capo. E perché? «Perché abbiamo indizi fortissimi, ma non ancora prove. Chiedo alla cittadinanza di collaborare con testimonianze». Lo state ricercando, dunque? «Niente affatto». Stupore. Pausa ad effetto. Poi il capo della polizia di New Orleans chiarisce: «Non lo stiamo ricercando perché sappiamo benissimo dov'è. L'agente Victor Gant è in servizio al sue tavolo di lavoro, al secondo piano di questo stesso edificio dal quale vi parlo». E' una commedia dell'orrore? E' un sabba o un carnevale? «lo non ho fatto niente - risponde il poliziotto denunciato dal suo stesso capo - se hanno prove mi arrestino, se non le hanno, che mi lascino in pace». Eppure sono ormai mesi, anzi, anni, che l'intero corpo di polizia di New Orleans sospetta di lui. Nessuno ha assistito agli omicidi. Ma molti testimoni lo hanno visto in compagnia di quelle donne che poi sarebbero affiorate cadaveri dal fango dei «bayou». L'ultima vittima, la cassiera ambulante di un casinò, una di quelle «ragazze moneta» che girano con il sederino di fuori fra i banchi delle slot machines per cambiare le banconote dei giocatori e per tenerli aggrappati alla leva, era la sua «girlfriend». Il poliziotto l'andò a prendere al casinò alla fine del turno, erano le due e mezzo di notte. La videro salire in auto con lui. Ma Victor tornò a casa solo. La donna, con ancora indosso l'uniforme del casinò e la targhetta di plastica appuntata sul tetto, emerse dalla palude della parrocchia di San Giovanni Battista, due giorni dopo. Strangolata. Victor Gant raggiunse i colleghi che la ripesarono e il medico legale le guardò sotto le unghie, trovando tracce di sangue e di pelle. Sulle braccia del poli- ziotto, c'erano due cerotti. «Mi sono tagliato riparando la macchina» spiegò, ma i colleghi e il medico legale risero, gli batterono pacche sulle spalle. «Questa volta ti abbiamo incastrato, Vie, ne hai fatta fuori una di troppo. Dovevi continuare con le puttane e lasciar stare le ragazze per bene». Rise anche «Vie». Soltanto a New Orleans. Jazz vero e falsi quartieri francesi, san¬ gue di schiavi neri e piantatori bianchi mischiato inestricabilmente come i cocktails inventati proprio qui, da un barista che mescolava liquori dentro un «coquettier», un porta uovo. New Orleans, oggi stazione di smistamento nella via della droga colombiana, come ieri di schiavi africani, di sacerdoti vodoo, di ritmi, di sapori e di riti che impregnarono per sempre l'America. Soltanto a New Orleans, terra di nascita ufficiale della Mafia italiana, vertice della tratta degli schiavi, prostituta urbana venduta da Napoleone per finanziarsi la campagna di Russia, poliziotti che si chiamano Jones e Pontchartrain, Pennigton e Dupont possono battere sulle spalle di un collega sospettato di 24 omicidi e dirgli, come a un tavolo di poker, «questa volta ti freghia¬ mo». Una partita con il piatto pieno di cadaveri, questa che la polizia, l'Fbi, la città hanno ingaggiato con il «Satana del Mississippi», come il giornale del posto, il «Picayune», ha battezzato l'assassino. La partita si era aperta 4 anni fa esatti, nell'agosto nel 1991, quando una prostituta nera fu strangolata nel sobborgo di Algiers, «Algeri», appunto una casbah di bordelli clandestini sull'altra riva del Mississippi. Fu la prima di cinque donne, tutte prostitute, tutte di Algeri. Nel 1992, l'assassino si calmò. D'inverno, si calmava sempre. Ricominciò nell'estate del '92: quattro donne assassinate sempre con la stessa tecnica. Strangolate e poi gettate nel ventre del grande fiume. Cambiò soltanto il luogo. Dalla casbah di periferia, aveva fatto carriera. Era passato al French Quarter, al «carré», il quadrato di edifici coloniali restaurati che formano il cuore turistico di New Orleans. Passò un altro inverno, venne un'a'' ra estate, quella del 1993: soltanto due vittime, tra cui un uomo. In quel periodo, l'agente Gant aveva trovato una fidanzata, quella che lavorava in un casinò e poi morirà con sangue e pelle sotto le unghie. Nell'estate del 1994, dopo una serie di liti furibonde che costrinsero i vicini a chiamare la polizia senza effetto («i poliziotti non arrestano poliziotti», spiegarono gli agenti) i due si lasciarono per qualche tempo. Quell'estate, le vittime furono sei. Ormai neppure l'inverno lo calmava più. Tra l'autunno nel 1994 e il maggio di quest'anno, sette cadaveri - il suo record - sono stati pescati dagli acquitrini del Mississippi. La polizia non poteva più tacere, far finta di nulla, licenziare con l'indifferenza che spesso i poliziotti riservano ai delitti contro le prostitute, un «serial killer», un omicida in serie che stava raggiungendo ritmi parossistici. Da Washington erano arrivati i «Gmen», gli agenti dell'Fbi, decisi a dissipare le nebbie molli, le complicità umidicce che si erano addensate attorno al caso. Sono stati loro, i gelidi investigatori mandati da Washington, i «nordisti» vendicativi senza sensibilità né premure per il «Sud», a stabilire che il Dna del sangue e della pelle sotto le unghie dell'ultima vittima corrisponde a quello di Victor Gant. «Avevamo fatto l'amore poco prima - ha risposto lui tranquillo - e lei mi aveva graffiato. Chiedete in giro, io sono un fantastico "lover"». New Orleans. Si capisce benissimo che la polizia non voleva parlare, che gli amministratori della città preferivano tacere e sperare che il fango del fiume che ha visto tutto e sopportato tutto inghiottisse anche questa storia orrenda e così nociva all'immagine di una città nei guai economici, che vive di carnevali, blande trasgressioni e ricordi. «La nostra città non merita il cattivo nome che ha» ha detto il sindaco. «Siamo gente ospitale, allegra, orgogliosa della nostra storia e del nostro sangue mischiato come la nostra cultura». Ma questa volta il vecchio padre non ha perdonato i suoi figli. Qualcuno, tra un martedì grasso, un piatto di «remoulade» creola e un «break» di trombone solista, dovrà pur rispondere di quei 24 cadaveri di donne che «01' Man River» ha vomitato. Vittorio Zucconi I In quattro anni ha ucciso soprattutto donne: il fiume ha restituito i corpi Due immagini del French Quarter il quartiere coloniale I che è il cuore di New Orleans A fianco la figlia scomparsa di Al Bano e Romina, Ylenia Sotto, una vista della città che sorge sul Mississippi Gli abitanti chiamano il fiume r«OI' Man River»

Persone citate: Dupont, Jones, Louis Armstrong, Richard Pennington, Tennessee Williams, Victor Gant, Vittorio Zucconi