Prodi: caro Flick, sto con te

«Niente colpo di spugna. Bossi? Presto dovrà dirci sì o no» «Niente colpo di spugna. Bossi? Presto dovrà dirci sì o no» Prodi: caro Flick, sto con te «Il Polo ormai è alla disgregazione Lì non si discute mai, si obbedisce» MAHINA PI PIETRASANTA DAL NOSTRO INVIATO Arriva in maniche di camicia, abbronzato c posteggia davanti ai Bagni Delia. Uno spiritoso gli fa: «E la Brancati dov'è, nel bagagliaio?». Il prof scende e allarga le braccia: «Con un bagno innocentissimo ci avete riempito le pagine per due giorni...». Da un po' di tempo Romano Prodi (leader di quella che ieri ha definito «una faticosa macchina di pace») è irritato assai con i giornali. L'irritazione lo ha reso più rapido nelle risposte. Anche più duro. Per esempio su Silvio Berlusconi non si fa pregare: «Io credo che il Polo si stia disgregando. E sa perché? Non sono abituati a discutere, ma a obbedire e a parlare con una voce sola. Ora che la parola e la leadership di Berlusconi sono in crisi, ci saranno dei bei casini. Altro che coesione...». E poi: «Noi del centrosinistra siamo abituati a litigare prima, e infatti lo stiamo facendo con grande profitto. Quelli del Polo invece litigano sempre dopo». Neppure sull'ipotesi di amnistia avanzata da Giovanni Maria Flick (avvocato, uno dei 7 membri della squadra di programma), Prodi si fa pregare: «Flick ha usato l'espressione "amnistia molto condizionata" per risolvere Tangentopoli. Bisogna capire bene cosa saranno queste condizioni per arrivare a una soluzione giudiziaria e politica. In ogni caso nessuno vuole cancellarla con il colpo di spugna, neppure Flick». E lei? «Tanto meno io. Sono contrario a qualunque forma di perdonismo». Sono le 18, pioggia fino a mezz'ora fa, ora sole. Il Caffè della Versiliana, qui dietro al Forte, è già strapieno. Prodi cammina rapido e ricomincia a parlare dei guai di Berlusconi: «Ma guardi che io non sarei affatto contento se il Polo si disgregasse davvero. Che ci sia un avversario da battere è anche nel nostro interesse, perché la democrazia si regge sulle gambe di una coalizione che governa e di una che fa l'opposizione. Permesso». Arriva sul palco. E partono le do¬ mande. «Prof che ne pensa di Dini?». «Prof che ne pensa del comunismo?». Sulla prima se la cava in grigio: «E' un ottimo tecnico». Sulla seconda azzecca la battuta: «Non penso mai al passato». E solo nelle domande successive si allarga un po'. «E' vero: a tutti noi del centrosinistra piacerebbe coinvolgere Dini nella coalizione, accanto a Veltroni... Sergio D'Antoni ci sta lavorando seriamente. Ma alla fine il solo che dovrà decidere sarà Dini. Io me lo auguro». Su Veltroni: «L'ho scelto perché io e lui siamo complementari. Io quadrato economista, lui più rotondo, un politico di¬ ciamo all'occidentale». Cerca la parola, la trova: «Veltroni è un tipo molto Western». Qua e là sorrisi. Il clima è quello del viaggio delle cento città, domande che rincorrono i giornali, inflazione, Sme, marco a 1100, Finanziaria, presidenzialismo. «Io credo che il presidenzialsmo abbia bisogno di contrappesi e in Italia questi contrappesi non ci sono. Secondo me il presidenzialismo lanciato da Berlusconi è una specie di favola, non sta in piedi. Anche perché sottende l'immagine di "un uomo solo al volante" che a me non piace per nulla. Anzi mi spaventa. L'Italia non è un'automobile da guidare, è una rete da governare con saggezza...». Applausi quando liquida Bossi: «Parlare di secessione è una sciocchezza a cui non crede neppure Bossi. E' solo il suo modo per allargare il consenso e per cercare visibilità alla Lega». Che sarà partner oppure no? «Quando ci sarà il programma, Bossi dovrà dirci un sì o un no. Definitivo». E Rifondazione? «Con Bertinotti la riunione è durata 28 secondi: gli accordi di programma non sono possibili, per quelli elettorali si vedrà». «E le elezioni, professore», chiedono dal pubblico, anche se sono già le otto di sera. «Le elezioni...» sospira lui. «Abbiamo tutti fretta», gli dicono. E lui: «A me sembra che ci sia più fretta di andare a cena». E con l'applauso, si va. Pino Corrìas Il leader dell'Ulivo Romano Prodi

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