Bagnoli rinasce, ma in Oriente

Smontato pezzo per pezzo l'impianto siderurgico sarà ricostruito in Cina e in India Smontato pezzo per pezzo l'impianto siderurgico sarà ricostruito in Cina e in India Bagnoli rinasce, ma in Oriente SROMA ONO solo canzonette. Ma qualche volta anticipano addirittura il futuro. Qualche anno fa, per esempio, Edoardo Bennato, con ritmo incalzante, annunciava: «Vendo Bagnoli a chi la vuol comprare». Il popolare cantautore napoletano garantiva che si sarebbe trattato di un «affare». Tranne che per un particolare davvero imprevedibile, Bennato ha raccontato quanto accade: Bagnoli, il grande stabilimento siderurgico napoletano, è stato venduto. Ma la realtà supera la fantasia: il cantautore non poteva immaginare che un impianto simbolo della storia economica italiana sarebbe stato ceduto dopo essere stato smontato pezzo per pezzo. Proprio così: Bagnoli è stato diviso in irifinite parti, letteralmente sminuzzato, quasi come un gigantesco puzzle. Tante scatole contengono ora viti, ingranaggi, carrelli, tubi, lastre che un tempo davano vita a una cattedrale industriale, polverosa e fumante, sotto la collina di Posillipo. Così Bagnoli non morirà. Sarà ri¬ costruito in India e Cina, dove sono destinate le casse preparate in ben dieci mesi di meticoloso lavoro di scomposizione. La partenza dei pezzi è imminente. Mercoledì arriverà nel porto di Napoli una nave indiana sulla quale sarà caricata la prima parte dell'altoforno cinque appartenuto all'Italsider e confluito poi nell'Uva. La nave lascerà Napoli all'inizio di settembre diretta verso l'India, il cui governo vuole rafforzare la presenza nel settore siderurgico. Pezzi pesanti complessivamente quattromila tonnellate saranno rimessi insieme a migliaia e migliaia di chilometri di distanza in un paese in via di sviluppo. Mentre le prime casse lasciano il porto di Napoli, si va avanti nel fare a pezzi anche un'altra parte dello stabilimento, il treno a freddo della colata continua. Per questo settore dello stabilimento l'acquirente è la China International Iron and Steel, in pratica il governo di Pechino. Che si tratti di un affare, come sostenuto nella canzone di Bennato, non c'è dubbio: tramite la Sofìmpar arrivano circa cento miliardi nelle casse dell'Ili dissanguatasi proprio per sostenere le attività siderurgiche pubbliche colpite da una crisi quasi senza fine. Già nel giugno 1988 si calcolava che in dieci anni Bagnoli aveva perso 1500 miliardi. L'obbligo di chiudere Bagnoli fu imposto alla fine del 1988 dalla Comunità Europea che consentì aiuti di Stato all'acciaio in cambio di tagli alla capacità produttiva. Carlo Fracanzani, che era niinistro democristiano delle partecipazioni statali, firmò la resa senza rivelarlo in pubblico. Quando i dipendenti dell'Italsider se ne accorsero, all'inizio di gennaio 1989, organizzarono una rivolta per impedire la chiusura dell'altoforno. Poi a poco a poco se ne fecero una ragione. E adesso un po' del loro sudore rivivrà in India e Cina. Roberto Ippolito costruito in India e Cina, dove sono destinate le casse preparate in ben dieci mesi di meticoloso lavoro di scomposizione. La partenza dei pezzi è imminente. Mercoledì arriverà nel porto di Napoli una nave indiana sulla quale sarà caricata la prima parte dell'altoforno cinque Una veduta dello stabilimento siderurgico di Bagnoli appartenuto all'Italsider e confluito poi nell'Uva. La nave lascerà Napoli all'inizio di settembre diretta verso l'India, il cui governo vuole rafforzare la presenza nel settore siderurgico. Pezzi pesanti complessivamente quattromila tonnellate saranno rimessi insieme a migliaia e migliaia di chilometri di distanza in un paese in via di sviluppo. Mentre le prime casse lasciano il porto di Napoli, si va avanti nel fare a pezzi anche un'altra parte dello stabilimento, il treno a freddo della colata continua. Per questo settore dello stabilimento l'acquirente è la Una veduta dello stabilimento siderurgico di Bagnoli

Persone citate: Bennato, Carlo Fracanzani, Edoardo Bennato, India Bagnoli, Iron, Pezzi, Roberto Ippolito