La grande paura, Zaho crolla a terra di Pierangelo Sapegno

la grande paura, Zaho crolla a terra la grande paura, Zaho crolla a terra Perricelli: medaglia dedicata alla Signora Marcia GOTEBORG DAL NOSTRO INVIATO Quando le gambe di Yongsheng Zaho si sono piegate come se lui facesse per finta, il sole cominciava a nascondersi, Valentin Kononen stringeva i denti in testa alla corsa storcendo la bocca, e Giovanni Perricelli da Milano andava all'attacco della sua medaglia. Solo che Yongsheng Zaho non faceva per finta, e s'è afflosciato a terra come un sacco di patate, in un colpo solo, e non c'era nessuno a sorreggergli le braccia, a tenergli su la vita, come fece qualcuno con Dorando Petri che cadde alla fine della sua maratona. Zaho, invece, è andato giù a 10 chilometri dall'arrivo della sua marcia, mentre aveva appena visto svanire il suo sogno cercando disperatamente di tenere il passo di Valentin Kononen, e poi sentendosi arrivare addosso il drappello delle medaglie, e lui ondeggiava sulle sue gambe e gli altri parevano soldati che sfilavano. «Si sì, l'ho visto - racconta lo spagnolo Garcia -: lui era per terra e lo portavano fuori». L'hanno sdraiato sull'asfalto, è arrivata l'ambulanza e Yongsheng Zaho è finito in ospedale: «Era disidratato. Non aveva bevuto, non s'era bagnato, e il sole picchiava». Zaho aveva vinto la Coppa del Mondo e partiva tra i favoriti. Anche Valentin Kononen lo era, ed ha vinto lui, continuando a stringere i denti e a storcere la bocca. Giovanni Perricelli da Milano, invece, era solo una piccola speran¬ za e si è preso l'argento salutando le bandiere e facendo okay col pollice ai tifosi che urlavano dietro le transenne. «Ci ho creduto e mi sono preparato per questo - dice -. Io un po' me l'aspettavo. Tranquilli, ragazzi, ci riproverò». E poi, a chi gli chiede se dedica a qualcuno questa medaglia: «Sì, la dedico a una signora, che si chiama Signora Marcia». La Signora Marcia ieri ha lasciato per terra sulla sua strada vittime e dolori, gioie e delusioni, come sempre. Così, mentre Perricelli sorride ai fotografi, Giovanni De Benedictis passa oltre la rete, trattenendo le lacrime: «Vorrei lasciare la marcia - dice -, A questo punto che devo fare?». Due volte quasi sul podio, e per due volte squalificato. Domenica, quand'era già arrivato e faceva il giro d'onore con Didoni. Oggi, mentre rimontava sulle piste di Perricelli. «Mi hanno levato la medaglia, e adesso non c'è più niente da costruire», sussurra alla tivù. Nel clan Italia sono in molti a dargli ragione. Perricelli ripete che questo «è un buon gruppo che darà ancora altri risultati». E Pietro Pastorini, il suo allenatore, si coccola i suoi due gioielli: «Siamo agli inizi di un buon lavoro». Da Quarto Oggiaro, piovono due medaglie, d'oro e d'argento, e due storie parallele, un carabiniere e un poliziotto che raccontano l'Italia che cammina. Il Paese della marcia ha trovato questi ragazzi di buona famiglia che si innamorano delle figlie dell'allenatore, di giorno si allenano e di sera pure per le strade della paura, nella cupa periferia di Milano, e poi vengono ai mondiali e vincono. La marcia, da noi, dev'essere anche una questione di famiglia. C'erano i fratelli Damilano e adesso c'è il gruppo di Pietro Pastorini, da Quarto Oggiaro, Bronx di Milano, un signore con la barba grigia e la faccia da alpino. Una tradizione lunga quasi un secolo, quella della Signora Marcia nel nostro Paese. Dagli Anni Venti, da Altimari e Valenti, e poi Frigerio, tre medaglie d'oro alle Olimpiadi. E ancora Dordoni, e poi Abdon Pamich che vinse a Tokyo per l'ultima volta nella 50 chilometri dopo essersi fermato un po' prima dell'arrivo perché colpito da una scarica di diarrea: i giapponesi strabuzzarono gli occhi e l'inglese Nihill che lo marcava a 50 metri non ce la fece a riprenderlo. Sono le storie della marcia. Come quelle di ieri, come quella del cinese Zaho che è partito in testa dall'inizio, 20 secondi su tutti per più di 20 km e che poi quando l'hanno ripreso ha trovato la forza per ripartire ancora assieme a Kenonen, fino a scoppiare. O come quella di Mercenario, uno dei grandi favoriti, che a meno di un chilometro dalla fine è stato addirittura doppiato dal finlandese che stringeva i denti per la sofferenza, e allora mentre questo lo passava gli ha fatto coraggio e gli ha dato una pacca sul sedere. Sono storie di fatica. Chi suda e ci gioca il cuore, le capisce. Pierangelo Sapegno

Luoghi citati: Italia, Milano, Quarto, Tokyo