Affreschi & ambulanze di Marco Vallora

Società' e Cultura Restaurato il ciclo quattrocentesco del «Pellegrinaio» Affreschi & ambulanze Siena, nasce l'ospedale-museo | SIENA L> ALGONO, paffuti e guar% dinghi, voltandosi spesso a il vedere in basso quello che succede. Timorosi di cadere, di perdere la loro posizione, salendo sulla lunga scala a pioli, che li porta vivi in Paradiso. Potrebbero essere l'ideale logo pubblicitario di questa ambiziosa e riuscita operazione di recupero e rivalorizzazione del gigantesco complesso ospedaliero di Santa Maria della Scala, in Siena, che oggi inaugura la «Prima Fase» del suo voluminoso restauro: La preparazione del Cantiere. Nello straordinario affresco di Lorenzo Vecchietta, che a prima vista ti fa pensare ad un inconsueto Sogno di Giacobbe ambientato a Siena e che racconta invece il sogno fetale della madre di Sorore (leggendario ciabattino-benefattore, che già nell'utero materno progettava questo suo sogno ambizioso di carità cittadina) gli angeloni che salgono in cielo caritatevolmente accolti da una conciliante mamma-Madonna, sono in fondo la prova pubblicitaria della riuscita di questo istituto. Dei «gettatelli» che hanno fatto la loro carriera: abbandonati alla ruota sono stati nutriti, istruiti, preparati ad una retta esistenza: e sono degni di salire questa scala «gnostica», che permetterà loro di accedere domesticamente tra le braccia accoglienti della Vergine. Promossi. Quest'affresco, che apre l'immensa volta istoriata della grande aula del Pellegrinaio (longitudinalmente sviluppata secondo le direttive dell'architettura nordica cistercense) è uno dei tanti capolavori restaurati e restituiti all'attenzione, grazie a questa doverosa iniziativa di progressiva riconversione dell'Ospedale di Siena in Museo. E certo trasmette un brivido triste ricordare che proprio in queste corsie nude e piastrellate di gelido biancore, trascinò la sua agonia Italo Calvino, i parenti inospitalmente costretti all'impiedi: cosi che cercando il reparto ti capitava di gettare uno sguardo alle cangianti figure dell'affresco di Beccafumi, o appunto all'allora abbandonata aula del Pellegrinaio, dove il Vecchietta dapprima, e poi soprattutto Domenico di Bartolo, ed infine due curiosi epigoni manieristi, hanno scritto questo lungo epicedio della carità umana: sacerdoti che confessano moribondi, riconoscibili celebri chirurghi che si accingono ad operare cosce sanguinolente o a decifrare le urine in ampolle di vetro, vecchi fraticelli dal ghigno poco raccomandabile, che si sporgono a ricevere docili fantolini abbandonati. Non c'è mai senso del macabro o del morboso: semmai quest'elogio della fattività umana, meglio umanistica, che si traduce in questa pittura chiara e dettagliata, ritratti minuziosi di figure a tarocco, grande respiro dell'architettura «alla fiorentina», guardando a Masaccio, alla nascente poetica rinascimen¬ tale, al Masolino di Castiglion Olona, soprattutto. E dunque proponendo una curiosa commistione con le eleganze tardogotiche, con le dolcezze senesi di un Sassetta, o di Giovanni di Paolo Fei (presente con un'ispirata Madonna nella Cappella della Madonna, adiacente all'imponente Chiesa della Santissima Annunziata, dove il Vecchietta ha lasciato un altro dei suoi capolavori, quella scultura del Cristo Risorto che molto contrasta con lo sfondo «romaneggiante» dell'affrescata Piscina Probatica di Sebastiano Conca). Questo per citare alcune delle ricchezze che si nascondevano in questo scrigno, non ancora integralmente ricondotto ad una sua funzione museale: e fa un certo effetto ascoltare il suono dell'organo in chiesa pasticciato dall'arrivo dell'ultima sirena d'ambulanza, o non riuscire bene a distinguere il camice dei restauratori da quello dei medici o degli infermieri, che filtrano da una corsia. Quanto al Vecchietta (che era altrove coadiuvato dal fratello di Jacopo della Quercia, Priamo) impossibile non rimanere sedotti dalla sorpresa degli affreschi meravigliosi che ricoprono la Cappella del Sacro Chiodo, ove furono trasportate le preziose reliquie asportate a Bisanzio e che Anna Paleologa piangente riconobbe come autentiche. Cantiere aperto, dunque, come dimostra anche la selezione dei progetti presentati da vari studi d'architettura (Gregotti, Rogers, Minissi) che propongono la loro lettura di riconversione. Ha vinto il concorso il parmigiano Guido Canali (che ha già restaurato il Palazzo della Pilotta) proponendo un organismo polifunzionale, museografico ma non soltanto (il berlinese Kleihues aveva disinvoltamente proposto un albergo a cinque stelle) ricco anche di auditorium, biblioteche, laboratori di restauro, ma soprattutto non avulso dalla città (dovrebbe anzi esser contemplato persino un reparto di pronto soccorso). E ripristinata soprattutto l'antica strada intema, che attraversava l'ospedale, dimostrando la sua antica funzione medievale, quando Siena era un punto nodale della strada Francigena o Romea, che univa il Nord a Roma. Né si poteva dimenticare l'arte contemporanea: c'è già un assaggio che farà molto discutere, con alcuni giganteschi «teleri» del francese Fromagier. Scheletri concettuali dei vari generi, dal paesaggio alla pittura di storia, dal nudo al colla ge. Ma il nudo è una traslitterazione cartellonistica di una «vignetta» pornografica; la Natura Morta una serie molto fitta di nomi di grandi pittori; con curiose lacune, Bissière e non Bissier, Dix e non Schad e l'inevitabile errore alla francese: il Parmigianino che diventa Mazzolla con due «1». Marco Vallora Res Siena, la facciata dell'ospedale Santa Maria della Scala A sinistra -Cura e governo degli infermi» e sotto «La distribuzione della limosina», due affreschi di Domenico di Bartolo Fra le corsie dov'è morto Calvino torna a splendere Vantica storia della medicina

Luoghi citati: Roma, Sacro Chiodo, Sassetta, Siena