Il segreto di Pocahontas

14 IL CASO. Da Londra critiche al film. La Disney: una «rilettura» legittima Il segreto di Pocahontas Bella e carnale, la metropoli la uccise SLONDRA NCORA poche settimane e Pocahontas sbarcherà in Europa. Sarà un arrivo chiassoso, sfavillante: per più di un motivo. Perché in America questo cartone animato della Walt Disney sta raccogliendo applausi e soldi a bizzeffe, ha già incassato 130 milioni di dollari in sei settimane, sarà un successo più vistoso del Re Leone. Perché il trionfo coincide con la trasformazione della Walt Disney da potenza in superpotenza. Dopo l'acquisto della Abc, il primo network tv americano, la Walt Disney è adesso la più grande multinazionale del divertimento e dell'informazione, senza pari al mondo. E infine, last but not least, Pocahontas arriva mentre molti studiosi europei discutono, con sdegno crescente, se cinema e tv non tradiscano, con disinvoltura eccessiva, i fatti, la verità. Non è certo un problema riuovo, arte e fedeltà storica sono sovente incompatibili: ma non c'è dubbio che di recente i «tradimenti» sono divenuti più frequenti, più sfacciati. Il fenomeno è tanto più nocivo in quanto la qualità di molti di questi film è superlativa: e si menzionano The Madness of King George, Jefferson in Paris, Kob Roy e adesso Pocahontas. A differenza degli altri cartoni di Disney, Pocahontas si ispira alla verità, il personaggio appartiene alla storia. Ma non nel modo narrato dall'Impero di Topolino. I critici più severi accusano la Disney d'essersi servita della storia per caldeggiare «miti contemporanei»: per presentare i pellirosse come degli «ambientalisti amanti della pace» e gli inglesi come pirati, avidi e crudeli. Pocahontas è idealizzata all'assurdo: e il film trascura ampia parte della sua vita, non menziona il suo matrimonio con John Rolfe, preferisce dipingere la principessa come l'eroina di una love story con John Smith, il cui fascino è accresciuto dalla seducente voce di Mei Gibson. Una trasfigurazione pienamente legittima, fa osservare la Disney. Eppure, la vera storia di Pocahontas è bellissima anche senza orpelli. Pocahontas era una delle dieci figlie di Powhatan, il capo supremo di numerose tribù, sparse attorno alla baia di Chesapeake. Il vero nome della principessa era Matoaka, nome tenuto però segreto, come esigeva la tradizione: era chiamata pertanto Pocahontas, allegra, giocosa, briosa. Il sipario si alza nell'aprile 1607, quando cento coloni inglesi, arruolati dalla Virginia Company di Londra, sbarcano sulle sponde del James, uno dei molti fiumi che finiscono nella grande baia di Chesapeake, e fondano Jamestown, il primo settlement permanente inglese nel Nuovo Mondo, in Virginia. In meno di quattro mesi, i cento inglesi diventano 50, decimati dalle malattie, dalle privazioni e dagli attacchi degli indiani. E' l'ora di John Smith, un coriaceo soldato di ventura, non ancora trentenne, leader de facto di Jamestown, il quale conclude che la colonia soprawi- vera all'inverno soltanto se riuscirà ad avere provviste dagli indiani e decide di capitanare una piccola, disperata spedizione contro Powhatan. L'impresa fallisce. Smith è fatto prigioniero, è condannato a morte. Inginocchiato, con la testa incuneata fra due macigni, Smith sta per essere ucciso dai giovani guerrieri di Powhatan, ansiosi di fracassargli il cranio con le loro mazze. Ma in quell'istante, Pocahontas, che sedeva accanto al padre, scatta verso Smith e pone il suo capo, con i lunghi capelli neri, su quello dell'inglese. Salvato John Smith, Pocahontas salva poi Jamestown, dove fece affluire generosi riforni¬ menti. Da Londra, giunse a Smith l'ordine di visitare Powhatan e di stabilire con lui una vera e propria intesa commerciale. Smith obbedisce, non trova Powhatan, ma soltanto Pocahontas, che lo accoglie con una sensuale festa «alla Playboy». La principessa (che avrebbe avuto allora non più di tredici anni) lo invita a una «sagra della fertilità» - erano i giorni del raccolto che culmina con un'orgiastica «danza di trenta voluttuose ninfe, scatenate, a seno nudo». Così le descrive Smith. A questo punto, Smith esce dalla storia. Non sposa Pocahontas, come narra Disney, si ferisce ad una gamba, torna in Inghilterra, scompare. Ed ecco il vero finale della storia. Pocahontas sposa prima un indiano, certo Kochun, poi, rapita dagli inglesi di Jamestown, abbraccia il cristianesimo, l'anglicanesimo anzi, abbandona il topless, assume il nome di Rebecca, e sposa nel 1614 John Rolfe, un vedovo ventottenne, quindi con dieci anni più di lei. Si amarono caldamente, il giovane funzionario inglese e l'indiana, lo si deduce dagli scritti di Rolfe, in cui egli descrive il loro «desiderio sfrenato di affetto carnale». Nel 1615, la coppia ha un figlio, battezzato Thomas: e subito dopo gli sposi partono per Londra, dove sono ricevuti a corte. Lui è onorato per aver salvato Jamestown e aver avviato la coltivazione del tabacco; lei è ammirata per la sua bellezza e dignità. Ma il clima britannico e i fetidi miasmi di Londra corrodono la salute della giovane donna. Nel marzo 1617, John Rolfe, nominato frattanto supremo magistrato per l'intera Virginia, e la moglie si imbarcano per tornare in America. Salpano da Londra, scortati da vari vascelli e arrivano a Gravesend, dove il Tamigi sfocia nelle acque del Mare del Nord. Lì, le condizioni della principessa s'aggravano, i medici la fanno scendere a terra, ma pochi giorni dopo Pocahontas muore, uccisa, pare, dal vaiolo. Aveva 22 anni soltanto. Fu sepolta accanto al coro nella chiesa parrocchiale di Saint George, a Gravesend, chiesa distrutta da un incendio nel 1727 e ricostruita. La sua tomba non fu mai trovata. Una giovane turista americana ha detto ieri alla radio da Gravesend: «E' una storia affascinante. E' del tutto diversa però da quella narrata da Walt Disney». Mario Cinedo Quello che il cartoon non dice: la danza di 30 fanciulle sfrenate a seno nudo Salvò Jamestown, il villaggio dei coloni: ecco la vera storia della principessa indiana La statua di Pocahontas a Gravesend, in Inghilterra. Sopra, una stampa che raffigura l'eroina morente. In alto a destra, un fotogramma del cartoon di Walt Disney