MORTE DI UN POPOLO di Barbara Spinelli

B PAGINA MORTE DI UN POPOLO taglia (l'atrocità chiama l'atrocità, non di rado nella storia), ma che non hanno programmato e eseguito un genocidio. Nessun parallelo è possibile perché a Srebrenica la guerra era già stata vinta dai serbi, la città era già stata occupata e l'esodo di tutti gli abitanti già organizzato. Lo sterminio è avvenuto a vittoria avvenuta, e nasce dalla volontà, fredda, non di vincere ma di estirpare un popolo che non deve andare altrove ma scomparire dalla faccia della terra. Lo sterminio ha nomi che lo imbelliscono, nomi eufemistici che rendono più accettabile l'inaccettabile, più pensabile l'impensabile: nomi presi in prestito dal vocabolario, depurato, dell'igiene. Si chiama pulizia etnica, così come già Hitler non chiamò sterminio l'assassinio di popoli ma «soluzione» d'un problema: di quello ebraico o di quello degli zingari. Solo che questa volta le democrazie occiden- tali hanno facilitato, hanno addirittura tenuto il braccio dei giustizieri e assassini. Questa volta è come se avessero detto ai rinchiusi e ai resistenti del ghetto di Varsavia: siete sotto la nostra protezione, consegnateci le vostre anni, affidateci i vostri fucili e li avessero poi abbandonati nel momento della prova estrema che è la morte violenta. I governi occidentali sanno che quel che dicono è menzogna, sanno che fino a prova del contrario non c'è rapporto fra l'azione dei serbi e quella dei croati. Hanno la televisione e le radio e le foto come ogni cittadino comune. Più insistono nella loro equidistanza, più diventano grotteschi, non guardabili in faccia, non più credibili. Come potranno proteggere le proprie stesse popolazioni, dei dirigenti che hanno promesso protezione a Srebrenica e Zepa, che hanno vietato loro la resistenza e il diritto all'autodifesa, per poi farli accoppare. Perché questo dicono le foto satellite, questo è il segnale che viene dalle immagini che ritraggono da anni la morte d'un popolo: il generale Mladic, lo psichiatra Radovan Karadzic non sono solo miliziani che si sono macchiati di crimini contro l'umanità e di crimini di guerra, come confermato dal tribunale dell'Onu. Il generale Mladic, lo psichiatra Karadzic siamo noi, in prima persona. La loro volontà di morte è in ciascuno di noi, è una macchia che ha reso complici le grandi democrazie e che i figli e i nipoti non perdoneranno. I padri ne risentiranno: la loro autorità, la loro figura, sono radicalmente messe in causa. L'ex dirigente della rivolta del ghetto di Varsavia, Marek Edelman, ha detto fin dall'inizio della guerra cominciata da Belgrado, che quello cui le democrazie hanno consentito è «la vittoria postuma di Hitler». Non si sa più bene come spiegare a se stessi la complice inazione dei dirigenti occidentali che pretendono di governare. Non si sa fino in fondo il perché delle equidistanze ipocrite. Non si sa perché si ostinino a parlare di guerre civili, ataviche, quando ormai lo vedono, lo sanno: che non di guerra civile si tratta ma di guerra, sistematica, contro i civili. Che non sono gli istinti atavici dei popoli balcanici ad aver scatenato questa guerra, ma che la guerra iniziata dai serbi ha scatenato gli istinti atavici nei Balcani. Ci si può sforzare di spiegare la complicità occidentale, si può parlare di comodità, di cecità. Ma qualcosa di impensabile è accaduto anche nelle menti dei dirigenti occidentali, se con tanta forza si esprime la loro volontà di impotenza, se il negoziatore dell'Onu Thorvald Stoltenberg giunge fino a dire che in Bosnia gli abitanti sono in fondo tutti serbi, se tanto grande è la disponibilità - conscia o inconscia, non importa - di perire spiritualmente nella guerra serbo-occidentale. L'Europa muore a Srebrenica, a Zepa, a Sarajevo, se mai è esistita. E' stato detto tante volte che la frase suona insensata. Ma non è del tutto inutile ripeterlo, per disvelare almeno un poco il grottesco che c'è nel tranquillo sussiego dei ministri, dei governi, degli indifferenti, degli equidistanti. L'uccisione di una popolazione musulmana d'Europa non è un evento qualunque, quan¬ do si sa il disprezzo che ditta tori in potenza e integralisti islamici nutrono nei confronti delle democrazie occidentali Non è un evento che passa inosservato, che un giorno o l'altro non si pagherà. Di fron te agli occidentali non si accampane solo i boia e le vitti me, i vincitori e i cadaveri di eventuali nuove fosse comuni. Si accampa una resistenza, che tentava di spezzare l'ab braccio mortale fra boia e giù stiziato e che è stata prima di sarmata, poi falsamente raffi gurata, poi data in mano agli uccisori. Un solo responsabile in Europa, ha visto tutto que sto e ha preso sul serio la pa rola «inaccettabile»: è stato Tadeusz Mazowiecki, l'ex premier polacco che ha dato le dimissioni dopo Srebrenica dalla carica di relatore speciale dell'Onu per la violazione dei diritti umani in ex Jugoslavia. Gli altri responsabili proferiscono il vocabolo da anni, e continuano a accetta re. Dicono sempre di nuovo «è inaccettabile», e non hanno la decenza di aggiungere l'essenziale e di dire: il generale Mladic, fino a prova del contrario, sono io. Barbara Spinelli

Persone citate: Hitler, Karadzic, Marek Edelman, Mladic, Radovan Karadzic, Stoltenberg, Tadeusz Mazowiecki

Luoghi citati: Belgrado, Bosnia, Europa, Jugoslavia, Sarajevo, Varsavia