Eltsin. via subito le sanzioni a Milosevic
Dopo il vertice a Mosca cresce la polemica con gli Usa Il leader russo invita anche Izetbegovic e minaccia di adottare «misure unilaterali» Eltsin: via subito le sanzioni u Milosevic Dopo il vertice a Mosca cresce la polemica con gli Usa MOSCA DAL NOSTRO CORRISPONDENTE Con due solenni proposte, da lui stesso definite «storiche», e una messa in guardia agli occidentali, Boris Eltsin ha archiviato il vertice dimezzato, cioè inesistente, con Slobodan Milosevic, presidente di Serbia e Montenegro. Una conferenza internazionale, innanzitutto, che riunisca le cinque grandi potenze del «gruppo di contatto», assieme ai tre leaders della galassia jugoslava in frantumi: Milosevic, Tudjman e Izetbegovic. E' la vecchia idea russa, già proposta senza successo un anno fa. Cui si aggiunge ora una «tappa preparatoria» (per la quale il Cremlino offre i suoi servigi, lasciando intendere che gradirebbe che un tale incontro si svolgesse a Mosca) costituita da un vertice diretto tra Serbia, Bosnia e Croazia, al massimo livello. Eltsin rilancia, dunque, tenendo però conto della richiesta di Tudjman di coinvolgere quello che ò ormai un alleato della Croazia, il leader della BosniaErzegovina Izetbegovic. Ma con una «coda»: la messa in guardia all'occidente. «Se si continuerà a traccheggiare sulla decisione di togliere le sanzioni contro la Unione Jugoslava, ciò finirà per costringere la Russia a passi unilaterali». Cioè a annullare le sanzioni contro Belgrado. Ma ormai il fossato che separa la Russia da Stati Uniti, Francia, Gran Bretagna e Germania si va allargando, con le quattro potenze occidentali in varia misura impegnate a spalleggiare Croazia e Bosnia e la Russia schiacciata nel ruolo esclusivo (che non gradisce) di protettrice dei fratelli serbi. Cosa resa evidente ieri dalla missione dell'emissario di Clinton in Europa, Anthony Lake, inviato a contattare Lon- dra, Parigi e Bonn senza neppure prevedere - almeno per ora - una sosta a Mosca. E' l'ennesimo schiaffo a Boris Eltsin che ieri appariva visibilmente irritato, dopo l'incontro con Milosevic. Non nei confronti del suo interlocutore, ma verso l'Occidente, che ha esercitato pesanti pressioni su Tudjman per dissuader¬ lo dal venire a Mosca. Milosevic è apparso soddisfatto del tenore dell'incontro, durato oltre quattro ore complessive, e ha ringraziato Eltsin per «la sua comprensione di tutta la gravità della crisi jugoslava». Eltsin ha replicato sottolineando che la Russia non intende trarre vantaggi dall'eventuale cancel¬ lazione delle sanzioni contro Belgrado. Ma il punto chiave resta quello della conferenza internazionale e della tappa preparatoria. I due presidenti hanno fissato perfino una proposta di agenda, in cinque punti: ottenere che la Croazia rispetti le regole umanitarie verso la minoranza serba, misure urgenti «per prevenire una catastrofe umanitaria», assicurare la sicurezza delle forze di pace dell'Onu, ottenere l'arresto delle ostilità su tutto il territorio dell'ex Jugoslavia, dare finalmente avvio al piano Bildt che prevede la fine delle sanzioni contro Belgrado in cambio del riconoscimento della Bosnia-Erzegovina da parte del¬ la Serbia. Significativo, per altro, che Eltsin e Milosevic non abbiano fatto il minimo cenno (ovviamente in pubblico e nelle dichiarazioni ufficiali, poiché di certo ne hanno parlato a lungo) all'esistenza di Karadzic sulla scena bosniaca. Basterà questo - e l'impegno di Milosevic a non intraprendere azioni militari - a smuovere la posizione dei partners-antagonisti occidentali? Non sembra. L'idea della conferenza a sette sebbene Eltsin ne abbia parlato alla vigilia con il cancelliere Kohl - appare destinata a impantanarsi in un tira e molla indefinito, mentre le truppe di Croazia consolidano le loro posizioni sui territori conquistati e appoggiano sempre più visibilmente le truppe dei musulmani bosniaci, con l'assenso tacito degli occidentali e le loro deboli proteste formali per le violenze a danno dei profughi serbi. Eltsin, al di là della magniloquente definizione «storica» dell'incontro di Mosca (storico, forse, in un altro senso, perché è il primo sul territorio russo tra i due leaders, e soprattutto perché nel lontano agosto 1991 Milosevic appoggiò pubblicamente gli autori del golpe contro Gorbaciov) marca una sconfitta diplomatica evidente, frutto anche (non soltanto) della approssimazione e della fretta con cui la mossa dell'incontro era stata preparata. Giulietta Chiesa LA PACE DI ELTSIN Cessazione immediata delle ostilità Congelamento delle posizioni acquisite sul terreno dai rispettivi eserciti tino a quando non sarà definito un nuovo assetto costituzionale e la spartizione delle zone contese Riconoscimento ai serbi di Bosnia del diritto di costituire una federazione collegata con il governo di Belgrado Eliminazione di tutte le sanzioni alla Serbia LA PACE DI CLINTON Una nuova e più radicale spartizione della Bosnia tra la Serbia e la Croazia e l'invio di una forza Nato con armi pesanti per garantire i nuovi confini, compreso anche un consistente numero di truppe americane Abbandono ai serbi dell'ultima «area protetta» nella Bosnia orientale, Gorazde, che verrebbe compensato con la restituzione al governo bosniaco di territori importanti intorno a Sarajevo Fine delle sanzioni economiche contro i serbo-bosniaci e la promessa di un «mini-piano Marshall» di aiuti economici ai bosniaci musulmani Boris Eltsin e il leader serbo Slobodan Milosevic al termine del loro vertice al Cremlino
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