Il pesce che piace a Di Pietro di Edoardo Raspelli

Il pesce che piace a Di Pietro Il pesce che piace a Di Pietro Un busto di Lenin nel locale preferito dall'ex pm I N un angolo della grande, profonda cucina, un annoso pappagallo. Da quest'altra parte un busto di Lenin. Al primo «miracolo» ho assistito personalmente, al secondo devo credere alle parole del cuoco. Colombo Vincenzi, detto Bobo, romagnolo di Rimini, da anni trapiantato in Molise, intona dai fornelli l'inizio di Bandiera Rossa e laggiù il pappagallo ripete perfettamente. Per quel che riguarda il busto di Lenin, poi, Boto ridendo giura che lo ha visto piangere di felicità: «Era il giorno dopo le elezioni regionali; le avevamo vinte noi Progressisti racconta -. Il busto si è messo a piangere: erano lacrime di Sangiovese». Colombo Vincenzi, controfigura reale del Bobo di Sergio Staino, candidato di Rifondazione Comunista per il comune di Campobasso, sorride all'obiettivo di Evaristo Fusar, felice di entrare nella sua galleria di ritratti dopo Jerry Lewis, Elisabetta d'Inghilterra, Winston Churchill e Groucho Marx. Più mattacchione che regale, Bobo si mette in posa: piega sulle ventitré il suo baschetto rosso adornato con l'alce e martello, copre un angolo dei due orecchini all'orecchio sinistro e racconta di quando, due giorni dopo le ultime elezioni regionali, dovette scappare da Campobasso. Si era incontrato per caso, a cena, con tutti i notabili della Democrazia Cristiana locale ed aveva esclamato: «Complimenti, siete arrivati secondi». Grassottelle, una barbetta rossa che incornicia un volto da bambino, sorridente, la faccia paciosa, fisicamente ricorda il personaggio creato da Sergio Staino, ne condivide le opinioni sulla politica e sul mondo, ma è un grande burlone. Ed un grande cuoco: ne sa qualche cosa Antonio Di Pietro, l'ex magistrato più famoso d'Italia, che quando ritoma al paese (Montenero di Bisaccia è vicino), arriva qui a Guglionesi, quindici chilometri da Termoli, nell'ondulato entroterra che dal mare porta a Campobasso. Di Pietro, i dirigenti della Fiat di Termoli, i ghiottoni di mezza Italia, sanno che il ristorante di Bobo, Ribo (le iniziali di Bobo e della moglie Rita) è il migliore del Molise e uno dei più succulenti di tutto il Centro-Sud. Più che un ristorante è un faro di gastronomia, più che un posto dove si spende (poco) per mangiare (bene) è un biglietto di visita per la enogastronomia della zona e della regione. Bobo cucina con i suoi salumi (deliziosi gli scampi avvolti in un filo di lardo di Guglionesi), con il suo olio extra vergine, mette in pentola le sue verdure, alla griglia i suoi piccioncini. Da Vastogirardi, nel lontano entroterra molisano, in provincia di Isernia, sotto i 1700 metri di Monte Capraro, non lontano da Capracotta e dai ruderi sanniti di Pietrabbondante, si fa arrivare altri rari ghiotti prodotti locali: glieli porta il dottor Basilio Scoccherà, antica figura di giovane veterinario condotto, che oggi alleva in proprio vacche, pecore e capre per ricotta da fine del mondo, caciocavalli di raro equilibrio e meravigliose manteche (burro saporito chiuso, a mano, dentro un «contenitore» di pasta di formaggio). Ma a Guglionesi, da Ribo, da Bobo si va soprattutto per una grande cucina di pesce, anche oggi, in queste settimane centrali d'estate che la legge impone il divieto di pesca, il cosiddetto fermo biologico: «E' concessa solo la pesca al retino o all'amo racconta Bobo Vincenzi -. Allora, ho tre battellini che vanno a pescare solo per me... Io gli pago il pesce 10 mila lire al chilo in più di quelli che gli pagherebbe chiunque altro e riesco ad avere dentici, san pietri, sogliolette. A causa del fermo biologico i miei pescatori hanno più tempo: con una macchina mi vanno a comperare a Lecce lo scorfano; ne faccio un sughetto per la pasta che è la fine del mondo, lo cuocio a fettine...». Un entusiasmo, quello di Bobo, corrisposto dal successo: la gente spende 60 mila, massimo 70 mila lire e mangia del pesce vivo in un ambiente amabile, familiare, alla buona ma succulento. «La gente, il pubblico, mi dà tante soddisfazioni. Mi dà la forza di tirare avanti anche se è sempre più faticoso: non c'è nul¬ la in Molise, non c'è turismo... tutto il Molise fa 300 mila persone... Sonò felice se riesco a fare bene il mio lavoro, a far venire gente anche nel mio piccolo...». Già far venire gente, fargli capire che spendere 55-60 mila lire per mangiare e bere come si deve non è un furto, anzi... Aldo Casilli manda avanti con la moglie, nel centro di Campobasso, l'unico locale di tutto l'AbruzzoMolise cui la Michelin assegni una stelletta, la Vecchia Trattoria da Tonino. Fa tutto solo in sala, mentre i figli sono a Milano a studiare, uno alla Bocconi, l'altra in Statale. Appare brutta e povera Campobasso al visitatore. Il suo miglior albergo, il Roxi, offre al viandante quattro stelle malandate, dove l'aria condizionata non funziona; la segnaletica orizzontale non si sa che cosa sia... Invece hanno fascino le due piazzone dell'isola pedonale ai cui margini apre questo ristorantmo in stile trattoria. Sono dei gioielli i bianchi di Ocone che vengono da Benevento: è raro ed interessante il Prugnolo di Di Majo Norante, produttore che con grande impegno continua nei rossi della tradizione molisana. Ed è impegno e coraggio anche proporre, alla tavola della Vecchia Trattoria da Tonino, piatti che hanno il gusto della tradizione ma, anche, presentazione moderna e soavità di oggi: non perdete le «pallotte e petacce», polpette di caciocavallo e ricotta con uova e pezzetti di salsiccia, gli gnocchi al baccalà, o la crèpe elegante ma dal ripieno di tradizionali, locali formaggi. Sono due i grandi risoranti d'Abruzzo, uno in provincia di Teramo, l'altro in quella di Pescara. Quanto tempo è passato da quando Beccaceci, a Giulianova Lido, si beccava le mie critiche su Gente Viaggi ed i suoi camerieri un sacrosanto «faccia da schiaffi»! Passati gli anni, vinto un processo, oggi il locale mandato avanti da Andrea Beccaceci è una ghiottoneria: vi fa dimenticare perfino la notte nel grosso e tristanzuolo hotel Don Juan, «il migliore della città». La mamma Maddalena cucina pesci di grande freschezza, quasi tutti locali, a parte le consuete spigole che arrivano dall'Atlantico, pesci ormai sconosciuti, o quasi, alle reti italiane. Gli antipasti bollili di crostacei, la maionese e le soavi salse fatte in casa, rientrano nel repertorio della classicità. Meno usuale e, quindi, ancor più da apprezzare, l'impegno per altre cose ricercate, come lo zafferano che insaporisce, ad esempio, certe preparazioni di code di rospo. E' una leccornia abruzzese tipica e rara: qui si adopera quello, preziosissimo, a stigmi. Viene dall'alto¬ piano di Navelli, lo producono a San Benedetto in Perillis, in provincia dell'Aquila, ha colore del sole al tramonto e gusto di grande equilibrio. A Pescara, la Vongola è un posticino alla buona; si affaccia su una delle tante, belle, ma anche tutte equali, spiagge italiane: un gabbiottone prefabbricato come ce ne sono centinaia in pochi chilometri di Adriatico. Ma chiudendo un occhio sul servizio solo volenteroso, gustatevi la bruschettà ai frutti di mare, il pesce bianco con patate zucchine e melanzane e fate scarpetta con quel meraviglioso pane che è una delle ghiottonerie comuni a tutta la costa adriatica, in particolare da Marche a Puglia. E se alla fine, stanclù di mare, volete gustare la carne, allora nel cuore antico di Pescara affrontale (come soldatini: partendo tutti alla stessa ora) il menu a prezzo fisso (basso) della Cantina di Jozz, in un dedalo di viuzze un po' fatiscenti ma affascinanti. Sotto le voltine del soffitto vanno in lungo ed ih largo minestre di farro, maccheroni con ragù di agnello pecorino e pomodoro, trippe con peperoncino e ginepro, prosciutti farciti, agnelli arrosto su carrelli da pantagruel. Edoardo Raspelli (3 - Continua)