«Un peccato vendere l'Ina» di Roberto Ippolito

«Il patrimonio era solido, perché rivolgersi al mercato?» «Il patrimonio era solido, perché rivolgersi al mercato?» «Un peccato vendere Pina» La Corte dei conti critica il Tesoro ROMA. La nostalgia brucia. Sembra provarne tanta la Corte dei conti. I magistrati contabili danno l'impressione di rimpiangere i tempi in cui l'Ina era totalmente di proprietà del ministero del Tesoro. A sorpresa sostengono infatti che. con l'amorevole protezione dello Stato, la compagnia di assicurazioni viveva giorni felici. La Corte dei conti svela i suoi sentimenti con la relazione sulla gestione finanziaria dell'Ina: in una volta sola esamina gli anni dal 1987 al 1993, soffermandosi sulla privatizzazione avviata un anno fa con la cessione del 47,25% (mentre proprio in questi giorni il governo di Lamberto Dini si sta occupando della cessione di un altro pacchetto). Anche la Corte va quindi aggiunta nella lista dei nemici delle privatizzazioni? Nella relazione non c'è un «no» secco alle cessioni, ma certo non mancano le osservazioni critiche sull'opportunità di mettere in vendita le azioni Ina (operazione partita quando era presidente del Consiglio Silvio Berlusconi). Secondo la Corte, la privatizzazione non conveniva allo stesso Ina, un «gruppo solido sotto il profilo patrimoniale, per cui non si può invocare l'esigenza di capitalizzazione con ricorso al mercato dei capitali». In altre parole «la solidissima posizione patrimoniale dell'Ina ente pubblico, come dimostrano le valutazioni del patrimonio effettuate in occasione della trasformazione in società per azioni, non aveva bisogno di apporto di risparmiatori». Insomma, l'Ina stava bene e non era necessario che i risparmiatori la sostenessero aprendo il portafogli per comprare le sue azioni. «Eventualmente», aggiungono i magi- strati contabili, serviva «un ponderato rinnovo del notevolissimo patrimonio accumulato in ottant'anni di attività nel settore assicurativo». Sempre secondo la Corte dei conti, l'obiettivo di mantenere l'Ina in una buona posizione sul mercato «appare di più difficile realizzazione». La tesi appare quasi come una difesa d'ufficio del tanto bistrattato Stato padrone. La corte spiega che l'Ina operava già «in regime di con¬ correnza nel settore assicurativo, ma con un'immagine pubblicistica che offriva la massima garanzia di solvibilità e solidità». E «tale immagine è venuta meno con la trasformazione dell'Ina ente pubblico in Spa». La tesi contenuta nel sorprendente rapporto è quindi questa: i clienti si sentivano al sicuro con la proprietà pubblica. Così affiora il dubbio sull'effettiva convenienza della privatizzazione. E «a riprova» delle difficoltà la Corte segnala «l'affievolimento della presenza dell'Ina sul mercato assicurativo», avvertendo però che questo fenomeno «era già iniziato dal 1977», epoca in ' cui di privatizzazione proprio non si parlava. Sergio Siglienti, diventato presidente della compagnia dopo la vendita del 47,25% da parte del Tesoro, avrebbe quindi ereditato solo grattacapi, pur avendo chiuso positivamente il primo bilancio della nuova era. La Corte dei conti, sempre generosa nei consigli, fa presente che ora «si pone il problema della trasformazione del modo di operare dell'Ina sul mercato in regime di perfetta concorrenza con le compagnie private» anche in rapporto al fatto che duecento imprese straniere hanno chiesto di operare in Italia. Pertanto «si rende necessaria una ristrutturazione organizzativa a tutti i livelli» per «consentire una concorrenziale capacità di gestire e operare». Fra l'altro la ristrutturazione è già partita, con la sostituzione di 44 agenti generali, la riorganizzazione della rete e l'avvio delle sinergie tra Ina e Assitalia la cui integrazione fu voluta dal predecessore di Siglienti, Lorenzo Pallosi. La Corte riconosce che l'Ina affidato alle cure di Siglienti «è ben posizionato per cogliere significativi successi». Ma il governo vuole lasciare tutti gli oneri ad altri. Domani Dini riunirà il comitato dei ministri per lo privatizzazioni e spera di poter abbozzare la lista degli investitori istituzionali (banche, assicurazioni, l'ondi) candidati all'acquisto della seconda fetta di azioni. L'elenco parte da Imi, Cariplo e San Paolo. Roberto Ippolito «Adesso sarà più difficile tenere il passo con la concorrenza» Sergio Siglienti presidente dell'Ina

Persone citate: Dini, Lamberto Dini, Lorenzo Pallosi, Sergio Siglienti, Siglienti, Silvio Berlusconi

Luoghi citati: Italia, Roma, San Paolo