Ma come fumano anche i «buoni» e le superpoliziotte cuor d'oro? di Alessandra Comazzi

F TIVÙ' & TIVÙ' Ma come, fumano anche i «buoni» e le superpoliziotte cuor d'oro? Efumano. Ma come, non fuma più nessuno, il fumo è ormai simbolo non soltanto di maleducazione, ma anche di ignoranza e povertà, in spirito e in denaro. In America i fumatori sono perseguitati come dei paria, in Italia la persecuzione non è ancora in atto, ma lo spirito da crociata sta dilagando. Nei film e telefilm fumano i cattivi: quando un personaggio fuma, possiamo scommettere che sarà negativo. L'altra sera invece fumavano tantissimo poliziotti e poliziotte, che tradizionalmente dovrebbero rappresentare i buoni. Se n'è lamentato anche il tipografo di Trino, che non era più abituato a vedere sigarette sulle labbra dei positivi: ma allora a che cosa giocano, in televisione, a confonderci ancora di più le idee, a creare scompiglio tra le regole non scritte della rappresentazione? Perché i Grandi Fumatori dell'altra sera erano effettivamente dei buoni, anzi delle buone, trattandosi di due ragazze che fanno un lavoro sporco, e appartengono a certi fantomatici «corpi speciali» della polizia. E «Corpi speciali» spor fanti delle si intitolava il film tv in onda su Raidue per uno sparuto drappello di telespettatori. Il fumo (delle sigarette, delle strade, del cielo, dei capannoni, delle ciminiere) era, insieme con i colori cupi, la caratteristica principale del lavoro firmato da Luciano Odorisio. Uno sceneggiato assai poco estivo, molto tetro, molto chiuso, molto incappottato. Probabilmente lo hanno mandato in onda in una domenica d'agosto perché non ci credevano troppo. 0 forse per gratificare con una novità tutti coloro che anche in estate considerano la tv come un passatempo. Meno probabile. Anche perché questa volta il film era davvero pasticciato, come se lo spirito con cui si doveva realizzare si fosse perso per la strada, soffocato da ambizioni esagerate. Giulia e Nico (Federica Moro e Alessandra Acciai) sono due ragazze non ancora trentenni che, dopo avere subito un addestramento da marine, si trovano a combattere nei corpi speciali. Sono «superpoliziotte» che sanno usare bene le armi e non si fanno scrupoli a sfoderarle. I morti non si contano proprio, ce ne sono talmente tanti che in confronto quel telefilm americano, «NYPD», pare una cosa da educande. Però un core gentile alberga sotto la rude scorza delle giovanotte e dei loro corpetti antiproiettile: quando una donna che stanno seguendo viene uccisa, lasciando orfana una bimba, loro prendono la bimba con sé. E questo nonostante conducano una vita evidentemente spericolata: ma tra i.na sparatoria e l'altra, non trascurano di preoccuparsi perché la piccola dorma bene. La prima parte dello sceneggiato finisce con la bambina che sparisce, probabilmente rapita da un loro stesso capo. Quello che fa il doppio gioco? Perché un doppiogiochista c'è, come in ogni poliziesco che si rispetti. L'aspetto dark di tutta la vicenda è sottolineato anche dagli abiti, soprattutto da quelli di Federica Moro, capelli cortissimi, occhiali neri e spolverino, sempre nero, un incrocio tra Nikita e Leon, personaggi di cui ha abbracciato la carriera. Ma al cinema è un'altra cosa. Alessandra Comazzi

Persone citate: Alessandra Acciai, Federica Moro, Luciano Odorisio

Luoghi citati: America, Italia, Trino