STENDHAL «La sciarada dei languori»

racconti d'estati le vacanze mentali. Agosto 1811, una settimana di assedio «enigmistico» alla contessa Palfy le vacanze mentali. Agosto 1811, una settimana di assedio «enigmistico» alla contessa Palfy STENDHAL La sciarada dei languori I LL'ESAME di Maturila, sono passati quattordici anni, diedero un tema sull'importanza dei I «mezzi di comunicazione di massa». Non tutti capirono la, come si dice, «traccia»: la sottigliezza del titolo sfuggì a una percentuale non irrilevante di maturandi, che parlò dei treni e degli aerei. Lo commissioni non furono indulgenti, perché la loro natura impone loro una severità anche artificiosa, e perché la loro cultura non consente loro di far mente locale. Confondere questioni di «comunicazione» più o meno linguistica con questioni di «comunicazione» più o meno geografica non è solo goffaggine di liceali ancora acerbi. La cultura stessa non fa di meglio, vista la quantità di termini della linguistica che si sovrappone ad altrettanti termini di viaggio. Mezzi, media, significati veicolati, metafora [metaphérein, trasportare oltre), traslati, senso. Apriamo il dizionario linguistico di Gian Luigi Beccaria: prime voci, abbreviamento, abbreviazione, abessivo (da abesse, essere lontano: è un caso morfologico), ablativo (deriva da aufeire, portar via). Facciamo una lista di errori linguistici: si inizia subito dall'errore medesimo, e si passa per le sbandate, le cantonate, gli inciampi, gli strafalcioni (dal modo in cui ondeggia chi cammina falciando l'erba), i lapsus (da labi, scivolare), il non sapere dove si va a parare. Quando va bene, invece, sono passi, discorsi fluenti e scorrevoli, fili da seguire. Si parla o ci si sposta? Lingua o agenzia turistica? 11 catalogo linguistico delle vacanze mentali offre i suoi campeggi, e le sue seconde case, i suoi alberghi e i suoi viaggi organizzati. Il dizionario etimologico è la sua macchina del tempo. A chi gli ripeteva l'ovvia accusa di pedofilia, Vladimir Nabokov ribatteva che i motel visitati da H'jmbert Humbert e Lolita hanno ospitato appunto i due personaggi, e non il loro autore. Semmai, quella storia d'amore è la metafora dell'amore della Vecchia Europa per la Nuova America e, più in particolare, dell'amore di Nabokov per la lingua inglese. Per lui, scegliere di scrivere in inglese fu come scegliere di fermarsi in un luogo di passaggio, andare a vivere in albergo (ciò che in effetti fece, negli ultimi suoi anni, a Montreux). Ci saranno poi delle vacanze linguistiche non solitarie, di gruppo? Potremmo vederla così nei riguardi di certi giochi di salotto, come per esempio la sciarada. Prima di essere un buon titolo vuoi per Cary Grant e Audrey Hepburn [Charade), vuoi per Giulio Andreotti [La sciarada di Papa Mastai), la sciarada è stata un gioco. Ne pubblicò per primo il Mercure de France, alla fine del '700, ma il gioco si faceva meglio in compagnia e oralmente che per iscritto. In salotto ci si divide in due gruppi. Il primo mimerà qualcosa, mettiamo la scia di una nave (o lo scià di Persia). Poi mimerà una rada. Se il secondo gruppo è furbo, ricostruirà la soluzione, che in questo caso è sciarada (già, perché la parola sciarada è già una sciarada, così come Galileo Galilei aveva composto un enigma sull'enigma, e Umberto Eco - con qualche precedente inglese - ha anagrammato anagrams, trovando un pertinente riferimento a Raimondo Lullo e alla sua Ars magna). Quattro lingue mescolate Il gioco naturalmente funziona anche su altre parole, e qui si arriva a Stendhal. Nel 1811 Stendhal è a Parigi e ama una signora che nel suo Journal chiama «contessa Palfy» ma che, se non ci siamo persi nel labirinto pseudonimico stendhaliano, dovrebbe corrispondere alla contessa AJexandrine, moglie del cugino e protettore di Stendhal, Pierre Daru. La questione degli pseudonimi non è incidentale, nel caso di Stendhal, come non è incidentale l'uso di tre o quattro lingue mescolate assieme, crittografie e nascondimenti linguistici vari. Proprio nel 1811 incomincerà una strana storia su «Mocenigo». Nel Journal questo nome appare da quell'anno, nelle circostanze più incomprensibili: «I will be ablc; to work to Mocenigo», «... mi sembra un essere degno di tutta l'attenzione di Mocenigo», «vere miniere for the Mocenigo». Fra gli altri critici, Gerard Genette ha elencato le varie ipotesi che si possono fare su «Mocenigo»: nome di un'opera da scrivere, di un possibile personaggio, di Stendhal stesso (vista la prossimità anagrammatica di Mocenigo con lo pseudonimo intimo di Stendhal, Dominique), del suo diario. Ma oggi sono poche le speranze di precisare l'identità e anzi la natura stessa di «Mocenigo». Pazienza (con Stendhal ce ne vuole parecchia). Nel caso della contessa Palfy, le stesse circostanze familiari e sociali consigliavano una certa reticenza a Stendhal, identificatosi come non mai con il Valmont delle Liasons dangereuses: pare certo, però, che con Alexandria non combinò mai nulla di concreto malgrado qualche incrinatura nella fermezza della nobildonna. Fu un flirt, oltre che platonico, assai enigmistico. Il 10 giugno, giocano agli indovinelli «con amabile e non stupida stupidità». Lui le sussurra: «La terra è rotonda e grande, ma io non amo che il luogo ove siete» (si cita dall'edizione einaudiana, Diario). In bianco rimane anche la soluzione, e anzi c'è il dubbio che si tratti di un falso indovinello, senza soluzione. Il 14 giugno va in un salotto dove c'è lei: «Avevo portato con me trenta indovinelli che aiutano a passare il tempo dalle quattro e mezzo alle sei» (3 minuti per indovinello, cose da Mike Bongiorno). Segue un periodo di silenzio, e si arriva alla data 11 agosto e alle sciarade: «Serata allegra. Pipistrello (chauve-souris, topo calvo, ndr), eccellente vocabolo per sciarade. Il mio tutto non sarebbe il mio tutto, se non avesse lavorato la domenica». Anche qui la soluzione è misteriosa, ma la sciarada è fortemente indiziata di avere un retrobottega osceno. Dopo una settimana, il 18 agosto, tutto finisce. Stendhal sta per partire per Milano, dove otterrà i favori di Angela Pietragrua dopo dieci anni di inespressa adorazione. Però questo, in quell'agosto, Stendhal non lo sa ancora. Con la contessa Palfy sono tuttora languori reciproci («Pare che la faccenda la pungoli. E' una donna adorabile»), ma ormai tutti capiscono che non si andrà oltre la schermaglia. In quel giorno, «arrivo a mezzogiorno e mezzo per l'udienza, all'una e tre quarti sono da lei». Tutta la compagnia gioca a un gioco chiamato «culo sapiente». Dagli appunti di Stendhal pare che si tratti di bendarsi, posare le natiche sulle ginocchia di un avventore seduto, capire chi è. Stendhal gioca con un «lui» e con una lei che viene identificata con un Pi Greco (marito e figlia della contessa Palfy?). La conturbante Pi Greco gli si mette vicino «una dozzina di volte nel corso della dozzina di giochi che facciamo». Con la Palfy, invece, la malinconia ormai impera, e si parlano un'ultima volta dopo un'altra dozzina, «una dozzina di giochi assai faticosi, e faticosi soprattutto per l'animo tanto sono sciocchi». Addio sciarade, addio pipistrelli o topi calvi, addio non stupida stupidità. Un anno e mezzo dopo, il 4 febbraio 1813, «la signora Palfy mi pare ancor più povera di spirito e d'animo che non a D... (...). Una passione morta e sepolta». La storiografia dei giochi di parole se solo esistesse sarebbe terremotata da questo fatto: che come i luoghi di vacanze, i giochi di parole rompono terribilmente le palle dopo poco tempo. Una settimana: lutti per la sciarada. La settimana dopo: basta, non se ne può più. L'eventuale storiografo deve dire che Stendhal faceva sciarade, poiché ciò rendeva più interessante l'indice dei numi dell'eventuale opera storiografica. Ma lo stesso autori! dovrà per carità di patria sorvolare sul fatto che, tempo una settimana, Stendhal non ne poteva già più, come succede normalmente per ogni moda mondana. Se lo storiografo ammette la realtà storica, la storia della sciarada andrà avanti come un'utilitaria con la frizione rotta: partenze brusche, e sobbalzi di spegnimento al primo semaforo. Resistono i fanatici, naturalmente: soprattutto in Italia. Biografo di Ippolito Pindemonte, Bennassù Montanari è per il resto un letterato dimenticato. Peccato, perché è l'autore di un'opera di severa bizzarria, uri prolisso poemetto in endecasillabi sciolti, che conobbe due edizioni nel 1839 e una terza, ridotta e modificata, nel 1854. Titolo: La Sciarada. Appendice alle antiche poetiche. Nell'opera, dopo aver tratteggiato vari generi di enigmi, il Poeta passa a raccontare di una sua serata in salotto a Venezia. C'erano la Teotochi Abrizzi, la Rachele Londonio, la Teresa Mosconi Papadopoli, la Caterina Quirini Polcastro, la Antonietta Pola Albrizzi, e c'era l'Adriana Renier Zannini (a cui il poemetto sarebbe poi stato dedicato). C'erano anche Tommaso Gargallo, Luigi Carrer e Lodovico Jablonovski. Come passarono la lunga serata? «Nel lepido trastullo, ond'io ragiono»; facendo sciarade, quindi. A che ora andarono a nanna? «... già il tonante bronzo / salutava dal mar l'alba nascente». Appena posata «su i taciti origlieri», la testa del Poeta («la stanca de' fantasmi sede»: la sede dei fantasmi è stanca o la sede è stanca dei fantasmi?) accoglie un sogno: «... sconosciuta femminil persona s'affacciò agli occhi miei nel sonno involti. Le membra, dislogate alle giunture...». 11 Poeta stenterà a capire di aver di fronte l'incarnazione della Sciarada, e ci fa anche un po' la figura del rincoglionito: «Chi sei, le dissi, e perché vieni? ed Élla: veramente io son tal, che palesarmi non deggio; indovinata esser vogl'io; e, si; di colpo tu non mi affiglili, ne incuso il sonno che le idee colora. ... pochi istanti sono che ci lasciammo, e me si ratto oblìi?». La Sciarada poi dà a Bennassù il compito di stabilirne le regole, per essere resa piti difficile, e retaggio di pochi. Bennassù inizialmente tituba: ha paura che se eseguirà l'ordine, tutti si prenderanno gioco di lui e della Sciarada («di riso obietto ci faremo entrambi»). Ma alla fine la Sciarada lo convinci;, e troverà il suo cantore, per quanto leggermente stordito. Un archeologo avventuriero L'altro fanatico è Enegildo Frediani. Archeologo, avventuriero, era nato a Seravezza nel 1783. Un manuale enigmistico dice che Frediani «partecipo, come ufficiale, alla spedizione militare di Ismail Pascià, per la conquista del Sudan (1820), ma impazzì durante il viaggio. Morì al Cairo nel 1823. Roma gli ha dedicato una strada». Pochi anni prima della disgrazia aveva dato alle stampe a Roma il volume di Sciarade Logogrifi e Fredianesche, la prima pubblicazione enigmistica (o proto-enigmistica) italiana, ampiamente saccheggiata dalle pubblicazioni successive. Le sciarade raccolte da Frediani sono 1395 (gli altri giochi sono poco più di un centinaio), alcune delle quali davvero molto argute: «Sta dentro del secondo il mio primiero. E il primier col secondo entro l'infero». Soluzione: cor/petto = corpetto. Con ciò, la sciarada passa da gioco di salotto a gioco per specialisti enigmistici. Qualcuno dice che la moda della sciarada sia finita con l'800, ma ancora negli anni 1925-'27, in Al faro, Virginia Woolf parla di sciarade da salotto, recitate in costume. Negli stessi anni in cui la Woolf scriveva Al faro, Achille Campanile pubblicava Ma che cos'è quest'amore? (pensate a una conversazione fra i due). Lì la sciarada è effettivamente citata come cosa d'altri tempi: «Per rompere la tristezza suscitata dal racconto del signore biondo, il vecchio propose alcune difficili sciarade della seconda metà del secolo scorso, che nessuno riuscì a spiegare. "La gioventù d'oggi - disse il vecchio, scuotendo il capo - è debole in fatto di sciarade"». Stefano Bartezzaghi «La terra è rotonda e grande, ma io non amo che il luogo ove siete» La soluzione rimane in bianco E anche lo scrittore «Avevo portato con me 30 indovinelli che aiutano a passare il tempo dalle quattro e mezzo alle sei» racconti d'estati STLa s Nel disegno Stendhal. A lato Angela Pietragrua. amata dallo scrittore dopo la contessa Palfy In basso Virginia Woolf: in «Al faro» parla di sciarade da salotto, recitate in costume