Mobutu, principe del caos di Domenico Quirico

Mobutu, principe del caos Mobutu, principe del caos Un Paese allo sbando invaso da profughi LE PIAGHE DI KINSHASA ICORDA un po' la mitica divisa maoista: giacca con .colletto chiuso, senza camicia e cravatta. Con l'aggiunta del tocco tutto africano della bustina in pelle di leopardo. Dicono che il Grande, l'Angelo pacificatore, la Guida suprema, il Maresciallo sia orgogliosissimo di questo suo personale pret-à-porter, quasi quanto dei suoi trent'anni ininterrotti di potere. Tanto è vero che Mobutu ha imposto questo look chiamato «Abacos» come divisa ufficiale per cerimonie pubbliche e appuntamenti di gala per la sua corte dei miracoli popolata di portaborse, pretoriani e parenti. «Abacos» significa «abbasso l'abito all'europea», perché è il primo vestito ispirato all'africanità. Per restare al potere un quarto di secolo in un Paese che sembra una cacofonia di popoli, etnie e tribù, perennemente in bilico sul caos (e contemporaneamente diventare con un meticoloso saccheggio ai danni dei suoi connazio- nali uno dei dieci uomini più ricchi del inondo), Mobutu ha dovuto dispiegare tutti gli stratagemmi dei despoti. L'afronazionalismo per esempio: è la sua specialità, il belletto che spalma a quintali per mascherare l'antiestetica brutalità del potere. Lui fa affari d'oro con le multinazionali e i vecchi padroni belgi, ma è riuscito a convincere il suo Paese di essere uno strenuo difensore della purezza africana. Inventando appunto l'«Abacos», nazionalizzando l'economia e i coslumi. Risultato: uno dei Paesi potenzialmente più ricchi del continente ha una inflazione dell'8823 per cento e muore di fame. Nonostante una produzione industriale di cartamoneta, lo Stato non è in grado di pagare più nessuno. Neppure le poche migliaia di lire di paga ai militari. 11 problema viene risolto con una tacita intesa. I soldati escono periodicamente dalle caserme e si dedicano al metodico saccheggio dei centri commerciali e delle case private nelle maggiori città. Sotto l'occhio complice e indifferente del Presidente. Il caos peraltro non si estende alle attività delle imprese di Mobutu, come le miniere dello Shaba che continuano ad alimentare i forzieri già strapieni, naturalmente in compiacenti banche svizzere e nei paradisi fiscali di mezzo mondo. Ma nel suo armamentario ideologico Mobutu ha di riserva altre armi segrete. La manipolazione sistematica degli avversari, l'uso spregiudicalo degli slogan «democratici» per occultare il gradevole sapore delle vecchie abitudini autocratiche. Nel '90 aveva promesso il multipartitismo, che nella sua personale interpretazione equivale a un ragionato caos con decine di partiti finti, affidati a oppositori che prima facevano parte del suo entourage. Per un corto periodo di tempo lo Zaire ha avuto due governi, uno favorevole l'altro contrario al despota che continuava, chiuso nella sua villa, a fare i propri affa- Ma la grande fortuna di Mobutu è stata la tragedia ruandese. Prima che il Paese confinante fosse travolto da un suicidio nazionale, il Presidente, per la prima volta, sembrava a un passo dal ko: braccato dall'opposizione, messo al bando dalla comunità intemazionale che minacciava addirittura di bloccare i suoi depositi all'estero, un colpo mortale per il dinosauro zairese. Poi un paio di milioni di hutu in fuga oltre confine da una gigantesca pulizia etnica, l'arrivo delle televisioni di tutto il mondo, l'accorrere della grande carovana internazionale della carità gonfia di miliardi, gli hanno regalato nuovo credito internazionale. I profughi sfacciatamente usati come arma di guerra: ecco l'ultima trovata di Mobutu per rafforzare un potere barcollante. Ogni tanto minaccia di cacciare via quei dui milioni di disperati aggrappati all'orrore dei campi di Goma e Bukavu, e il mondo ricco, terrorizzato di dover affrontare una seconda emergenza, lo riempie di aiuti e chiude entrambi gli occhi sulle sue abitudini di governo. E' difficile che Mobutu abbia dedicato molta attenzione alla tragica vicenda dei sei italiani uccisi in quella periferica provincia del suo scalcinato impero. In questi giorni è inipegnatissimo a seguire la campagna di «immagine» che il reverendo Pat Robertson e altri ultraconservatori americani stanno conducendo negli Stati Uniti a suo favore. Obiettivo: farsi restituire dal governo americano il visto che gli è stato tolto nel '93. Mancia per il favore: 30 mila dollari. Domenico Quirico Un'immagine di Mobutu da 30 anni signore incontrastato dello Zaire uno dei Paesi più poveri del mondo

Persone citate: Goma, Pat Robertson, Shaba

Luoghi citati: Kinshasa, Stati Uniti, Zaire