VITA IN FUGA BRAVA TYLER
VITA IN FUGA BRAVA TYLER VITA IN FUGA BRAVA TYLER ANNE Tyler non ha ancora così tanti lettori da entrare nella categoria degli autori super-ricchi snobbati dai critici, ma d'altro canto il suo successo presso un pubblico medio-alto è così costante, e a questo punto alimentato da un numero così ragguardevole di buoni libri, da cominciare a insospettire i recensori: non vorranno adesso spacciarcela per una Grande Scrittrice? Tentare di rispondere a questa domanda sembra peraltro inutile, oltre che, forse, prematuro. Conta invece notare come avendo delimitato molto fermamente una sfera di competenza - la cronaca sommessa di piccole e ostinate per quanto maldestre ribellioni individuali in un'America provinciale ma abituata alle quiete eccentricità - la creatrice del Turista involontario continui a raccontare storie e a descrivere caratteri con una precisione impeccabile. La sua gamma non è estesa, ma lo stesso si può dire della subli¬ me Jane Austen, o se vogliamo prendere un caso più vicino a noi, di Natalia Ginzburg: chi le vorrebbe diverse? Traccheggio perché anche di Per puro caso come degli altri romanzi della Tyler è meglio non raccontare la trama. Non che i colpi di scena abbondino, anzi, in tutta la parte centrale della storia fino quasi alla fine l'azione ristagna e campeggia una sorta di paralisi anche affettiva della protagonista. Tuttavia il lettore deve porsi continuamente la domanda «e ora?», non sarebbe quindi leale sciupargli una parte dell'esercizio. Basti dunque dire che ci troviamo come al solito in un milieu piccolo borghese, inizialmente a Baltimora poi in una cittadina minuscola e sonnacchiosa a qualche ora di macchina dalla modesta metropoli del Maryland; e che la vicenda riguarda una signora quarantenne piuttosto sbiadita, moglie di un medico con ambulatorio privato e madre di tre ragazzi ormai grandi. Un giorno costei senza nessun motivo apparente du¬ COMINCIA con un viaggio in treno il romanzo di Elena Gianini Belotti, che a partire da una conta infantile s'intitola Pimpi Oseli. E' la storia di una madre che da Roma va a prendere servizio come maestra nella bergamasca Val Seriana e dei suoi due bambini che la seguono smarriti. Ma tutta quanta la vicenda è vista «dalla parte di lei», della bambina Cecilia, che si perde incantata e disattenta nella grande stazione, dietro ansie paure associazioni mentali paradossalmente logiche e rigorose. Dopo il treno, l'ultimo vertiginoso tratto in corriera porterà la piccola comitiva fino ad un paese sui 1500 metri di altitudine, tra le miserie e l'ignoranza di un'Italia fascista assediata dalla neve, dalla retorica patriottica, dal bigottismo, dalla povertà. La bambina vive con tremore nell'universo dei grandi, che non comprende, a cominciare rante una villeggiatura scappa senza prendere nulla con sé e si ferma nella predetta cittadina, scelta a caso, dove ricomincia una nuova esistenza senza dare notizia di sé ai propri cari né senza del tutto troncare i legami quando costoro la rintracciano. Gran parte del romanzo racconta le tappe tranquille attraverso le quali la donna si trova un lavoro e degli amici, con i quali lega però fino a un certo punto - la morale è che il muro di gomma del precedente trantran senza grandi ostacoli ma anche senza stimoli viene sostituito da un altro abbastanza simile, cozzando contro il quale la nostra Delia potrebbe ancora una volta finire per sentirsi se non proprio sfruttata, certo data per scontata, usata senza ricevere vero amore e forse nemmeno autentica gratitudine. A questa conclusione la poco loquace eroina perverrà solo oscuramente, né essa è mai chiaramente specificata al lettore, che il metodo della Tyler consiste come sempre nel presentare pacatamente episodi minori colti con un oc-
Persone citate: Elena Gianini Belotti, Jane Austen, Natalia Ginzburg
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