E l'Italia si scopre d'oro

La marcia e il lungo esaltano gli azzurri ai Mondiali di atletica La marcia e il lungo esaltano gli azzurri ai Mondiali di atletica E l'Italia si scopre d'oro Didoni e la May, il colpo è doppio GOTEBORG DAL NOSTRO INVIATO Gran giornata. Due medaglie d'oro rilanciano la nostra traballante atletica e tingono d'azzurro i Mondiali: dopo due giornate l'Italia è addirittura prima nel medagliere, unico Paese con due successi all'attivo. A firmarli un giovane che rappresenta la sorpresa, il marciatore Michele Didoni, e la lunghista Fiona Iapichino, già signorina May, diventata due anni fa italiana per matrimonio con grande rammarico dei britannici. Due ori che profumano di novità, difficilmente ipotizzabile il primo, insperato il secondo visto il lotto di rivali che la bella Fiona ha messo in fila. La May ha centrato i due migliori salti dell'intera gara, il primo senza aiuto del vento, il secondo con la spinta di Eolo, anche se non è riuscita a volare oltre il muro dei m 7. E' stata una giornata di splendide emozioni. E parliamo subito della marcia, inesauribile miniera dorata, e di 20 km che avrebbero potuto essere ancora più belli se non fosse arrivata, a prova già ultimata, la squalifica di De Benedictis, presentatosi terzo sul traguardo. Michele Didoni è salito alla ribalta come Maurizio Damilano nel 1980, salendo cioè sul gradino più alto del podio quando ancora la sua carriera internazionale è tutta da scrivere. Allora il ragazzo di Scarnafigi vinse il titolo olimpico a 23 anni, il carabiniere di Milano ha fatto anche meglio: ne ha solo 21. Un successo esaltante, che ci ricorda il Gelindo Bordin della maratona olimpica di Seul. Come accadde a Bordin prima del trionfo, c'è stato un momento in cui Michele sembrava spacciato: l'azzurro aveva dettato l'andatura dal nono km in poi ma arrivato al 15° si era fatto staccare dal quartetto (composto dall'altro azzurro De Benedictis, dal cinese Li, dallo spagnolo Massana e dal messicano Garda) con cui guidava la gara. Un chilometro per rifiatare mille metri in cui crollava Li e De Benedictis si faceva staccare - poi Didoni ripartiva. Composto, tra avversari la cui azione si appesantiva per la fatica, il milanese dava inizio alla sua eccezionale rimonta. Riprendeva Li, poi De Benedictis, quindi Massana e Garcia. Michele insisteva, lo spagnolo cedeva e il messicano per tenere il ritmo si scomponeva., guadaganndc : le due ammonizioni (una gli era già arrivata in precedenza) che ne san zionavano la squalifica. Ma la pessima organizzazione non avrebbe notificato a Garcia il provvedimento, del quale il pubblico dello stadio era a conoscenza grazie al tabellone luminoso, se non quattro minuti più tardi, all'ingresso dell'Ullevi. Solo allora Didoni ha saputo di essere lanciato verso quell'oro che i restanti 300 metri non avrebbero più potuto togliergli: e si è concesso uno sguardo al- l'indietro per assicurarsi che non sopraggiungessero altri rivali. La rimonta era così compiuta, e vincente, proprio come quella di Bordin a Seul. Resta l'assurdità di pecche organizzative che la marcia ha reso macroscopiche. La maratona femminile del primo giorno è stata di 400 metri più corta del dovuto, ieri Garcia fermato in extremis può dirsi persino fortunato. Perchè invece De Benedictis solo dopo aver affettuato il giro d'onore con Didoni ha saputo di essere stato squalificato e che dunque il bronzo andava al bielorusso Misyulya. Le note di Mameli sono suonate per Didoni proprio mentre Fiona May-Iapichino stava completando il riscaldamento per la sua finale. Ed è stata una specie di ideale staffetta, che l'azzurra, seconda a saltare, ha subito raccolto atterrando a 6,93. La Joyner-Kersee, prima di lei, si era fermata a 6,74, peraltro aiutata dal vento (+3,3), sceso a 0.8 quanto è toccato alla May. Il salto di Fiona ha come spento le rivali: nulli netti e in serie per la Kravets e la Drechsler (che poi si lamenterà, giudicando il suo primo tentativo di circa 7,20) con la sola Valentina Uccheddu, l'altra azzurra in gara, capace di ottenere un 6,76 e di portarsi al secondo posto. Sembrava un sogno. Con la Drechsler sempre più fuori fase, a patire il mutevole soffiare del vento. E altrettanto la Kravets. Dopo tre salti erano entrambe fuori, la tedesca undicesima e l'ucraina decima. Da quel momento siamo rimasti tutti con il fiato sospeso: ogni salto - sulla pedana a fianco del rettilineo opposto - pareva «troppo vicino» al 6,93 della May, la quale a sua volta si arrabbiava nel tentativo di arrivare a quota 7 metri. E comunque, all'ultimo tentativo, con vento superiore ai 4 metri ecco il 6,98 definitivo. Fiona si sedeva in un angolo, senza il coraggio di guardare la pedana fino a che l'ultimo salto della Vershinina, tra l'altro nullo, la consacrava campionessa del mondo. E allora finalmente poteva festeggiare, correre ad abbracciase il suo tecnico, Tucciarone, per poi andare dalla Uccheddu, nel frattempo scivolata al quinto posto: la voleva con sè per il giro d'onore, il tricolore sulle spalle. Giorgio Barberis Il giovane carabiniere ha soltanto 21 anni: una carriera ancora tutta da scoprire Gran rimonta finale come Bordin a Seul nella maratona De Benedictis è terzo poi viene squalificato La bella saltatrice vola prima a 6,93 poi chiude a 6,98 Tonfo della Drechsler LA MARCIA, UN FESTIVAL ITALIANO 1920 Olimpiadi di Anversa FRIGERIO 1- nei 3 e nei 10 km 1980 1987 Olimpiadi di Mosca Mondiali di Roma Mondiali di Tokyo DAMILANO DAMILANO DAMILANO 1° nei 20 km 1° nei 20 km 1° nei 20 km 1952 Olimpiadi di Helsinki A DORDÒNIlnei 50 km. Tomba ha trovato un concorrente tra i carabinieri: ecco Michele Didoni baciare la pista di Goteborg dopo aver conquistato l'oro, rinnovando la tradizione dei fratelli Damilano nella marcia Fiona May: l'oro ai Mondiali grazie a un salto di 6,98 metri

Luoghi citati: Anversa, Helsinki, Italia, Milano, Mosca, Roma, Scarnafigi, Tokyo