Napoli chiama, ora tocca a Bentivoglio

Napoli chiamo, ora tocca a Bentivoglio Dal regista di «Vito e gli altri», una storia di malacrescita nel centro storico Napoli chiamo, ora tocca a Bentivoglio Sarà un prete anti-crimine nel film di Capuano ROMA. Sembra proprio che adesso, nel cinema, sia la volta di Napoli. Dopo il successo di Martone e del suo «L'amore molesto», per i napoletani, che come ci ripete dal G7 il sindaco Bassolino, sono vivaci, intraprendenti, creativi e tanti, fare cinema è diventato più facile. E così dopo Milano e dopo la Sicilia, quest'anno dovrebbe essere la volta di Napoli, anzi di film su Napoli, girati da napoletani che da Napoli però sono dovuti fuggire. Ci prova Antonietta De Lillo senza Magliulo, ci prova Stefano Incerti in un debutto pieno di speranza e Sergio Rossi con «La medaglia» per il duo Minervini-Raitre, ci riprova Pappi Corsicato con i suoi ritratti di città trasversale e Luciano Odorisio con «Senza movente», analisi di un assassinio misterioso. Ci prova ancora, per la seconda volta, Antonio Capuano, quello di «Vito e gli altri», fulminante esordio a Venezia di qualche anno fa, ignorato dal pubblico. Primo vincitore, insieme con altri nove titoli, dei 40 milioni per la migliore sceneggiatura stanziati dall'ex ministero dello Spettacolo, «Pianese Nunzio, 14 anni a maggio», è un progetto Partito subito, con forza per immediata adesione del produttore Gianni Minervini e di Gian Mario Feletti, dell'Istituto Luce di Silvio Clementelli, e di Fabrizio Bentivoglio, uno dei migliori attori italiani del momento. Anche qui, come in Vito, si parla di ragazzini, di disagio urbano, di malacrescita. L'ambiente però è il centro storico, «non quello miracolato dalla giunta di sinistra e dai turisti - sottolinea Capuano - ma quello di facce e di pietra dei quartieri popolari La Stella, Forcella, la Sanità». Un prete di frontiera, Fabrizio Bentivoglio, spedito in una parrocchia della vecchia Napoli, comincia la sua lotta contro la malavita organizzata, in nome di una fede che guarda all'uomo prima ancora che a Dio L'incontro con Nunzio, cantante abusivo di cassette illegali vendute nel quartiere, lo porta a confrontarsi con le famiglie, il lavoro nero, lo sfruttamento dei minori. La vicenda, spiega Capuano, gli viene dalle ormai tante figure di sacerdoti impegnati contro il crimine: don Puglisi, padre Poppe Diana, ma anche gli ignoti e oscuri preti che firmarono nel '90 il documento contro la camorra. «1 preti mi piacciono, quando riescono ad essere uomini grandi. 11 prete di Nanni Moretti in "La messa è finita", mi ricordo che m'era piaciuto molto». Naturalmente, trattandosi di Fabrizio Bentivoglio, questo don Lorenzo Borrelli è anche un uomo incantatore di femmine, capace di erotismo. «D'altra parte in ogni rapporto se non c'è erotismo non c'è neanche storia», sentenzia Capuano. Non c'è nel film l'alter ego di Bentivoglio, ma recitano invece quaranta napoletani in parti piccole o piccolissime. Nunzio, il ragazzo che avrà 14 anni a maggio, non c stato ancora scelto, ma deve avere occhi intensi e non somigliare ai «guagliuncelli» che fanno gli spot. [si. ro.] Fabrizio Bentivoglio