Macmillan l'alleato noioso

documento. Lo storico Richard Lamb scava negli archivi e sfata un mito della Guerra fredda documento. Lo storico Richard Lamb scava negli archivi e sfata un mito della Guerra fredda Macmillan, l'alleato noioso Non fu idillio, Kennedy lo detestava FLONDRA U un falso amore, quello tra Kennedy e Macmillan. Il primo ministro inglese imbellettò la realtà nelle sue memorie, perché gli premeva idealizzare la loro intesa: censurando il fatto che JFK lo chiamava sprezzante, e non a sua insaputa, «quel vecchio barbogio». Gli storici hanno spesso ricamato su quell'idillio transoceanico, ma in realtà i due leader si ritrovarono ai ferri corti almeno su un paio di cose fondamentali: Berlino e il deterrente nucleare britannico. Gli archivi ufficiali dell'era Macmillan, freschi d'apertura, mostrano che quella presunta armonia di vedute e la tanto esaltata affettuosa amicizia non erano vere. E' stato Richard Lamb, già autore dell'acclamato La guerra in Italia, a consultare per primo i documenti e rendere pubbliche le sue scoperte in The Macmillan years. 1957-1963, uscito in Inghilterra da John Murray. Il libro fa luce sulle tensioni ancora sconosciute di quell'epoca e mostra un Occidente assai più diviso di quanto si credeva. Tanto per cominciare, Macmillan mentì quando si vantò di avere immediatamente ripristinato la relazione privilegiata dell'Inghilterra con gli Usa, che era stata violentemente scossa dalla crisi di Suez. In realtà Washington salvò la sterlina soltanto dopo aver costretto Londra a un'umiliante ritirata dal canale, e il primo ministro non compi nessuna magìa diplomatica dietro le quinte. Prima che con Kennedy, le sue idee in materia di strategia militare avevano già portato Macmilla.. a scontrarsi una volta con Eisenhower. Il Presidente era andato su tutte le furie quando il primo ministro inglese aveva voluto dire la sua a proposito della decisione di Washington di non inviare truppe in Giordania, come aveva chiesto re Hussein dopo la rivoluzione irachena del 1958. «Ike» inviò truppe in Libano ma ringhiò «no» a Macmillan su tutto il resto Alla faccia dell'idillio anglo-americano. Se quella volta il primo ministro tory dovette tornare a casa con le pive nel sacco, durante la crisi di Berlino gli riuscì qualche anno dopo di frenare gli Usa, a prezzo di altre tensioni. Gli riuscì anche a meraviglia di esasperare Kennedy rispondendo picche all'appello Nato a dichiarare lo stato di allerta per le truppe inglesi: il Presidente gli scrisse una letteraccia ma lui non arretrò di un palmo. Anzi, provò un certo piacere nel vedere gli Usa per la prima volta esposti al rischio di attacchi nucleari con i missili sovietici piazzati a Cuba e pronunciò in quell'occasione una frase che fece illividire JFK: «Quando si vive sul Vesuvio non ci si preoccupa granché delle eruzioni». Come a dire che una volta tanto non guastava se l'America si ritrovava vulnerabile. Macmillan e il suo biografo ufficiale si prodigarono per dare l'impressione che l'Inghilterra avesse giocato un ruolo importante nella crisi di Cuba. Ma i nuovi documenti smentiscono. Kennedy considerava i consigli di Macmillan sulla vicenda «non molto importanti» e, nonostante gli facesse comodo avere un alleato che fungesse da paciere tra lui e Krusciov, non lo ritenne mai un partner alla pari nel confronto con i russi. Le litigate con l'amministrazione Kennedy, disseppellite da Lamb soltanto ora, divennero più tempestose a proposito del deterrente nucleare britannico, a cui Washington era fieramente ostile. Mentre McNamara, nel 1962, diceva apertamente che le «forze nucleari indipendenti all'interno della Nato» erano «pericolose, costose, prone all'obsolescenza e senza credibilità come deterrente», Macmillan replicava in una lettera personale al Presidente che «l'esistenza di un deterrente nucleare britannico è di qualche consolazione per gli europei» e respingeva la preoccupazione di JFK che questo avrebbe incoraggiato De Gaulle e i tedeschi a pro- durre la bomba in proprio. Gli archivi esplorati da Lamb rivelano che dietro la storia del veto di De Gaulle all'ingresso della Gran Bretagna nella Cee c'era proprio la tecnologia nucleare. Il premier francese avrebbe potuto essere persuaso ad ammettere Londra soltanto in cambio dei segreti atomici degli inglesi. Macmillan puntò i piedi, sebbene l'America tentasse di blandirlo. Neanche sull'Estremo Oriente Macmillan e Kennedy riuscirono a mettersi d'accordo. Quando il Presidente gli chiese senza peli sulla lingua se l'Inghilterra avrebbe aiutato gli Usa con un grosso contingente militare in Laos, Macmillan rispose di no e tentò di dissua¬ derlo da qualunque intervento militare su vasta scala in Indocina. Ma forse, arguisce Lamb, se Kennedy non fosse stato assassinato avrebbe finito per dargli ascolto. Macmillan riportò almeno un successo diplomatico personale quando nel 1963 persuase Kennedy a firmare il trattato che bloccava i test nucleari, ma sul fronte domestico per lui quello era un periodacelo, e JFK si mostrava ogni giorno più convinto che lo scandalo Profumo (la vicenda del ministro coinvolto in un brutto affare spionistico dalla bellissima amante) avrebbe affondato il governo inglese. Su quella vicenda Lamb fa un altro scoop storico e scopre che altri due ministri avevano relazio¬ ni sessuali pericolose, che li rendevano facilmente ricattabili. Lord Denning, che all'epoca condusse un'inchiesta, li scoprì ma li risparmiò per salvare Downing Street: oggi ha dato allo studioso libero accesso a quelle carte, a patto di non nominare i colpevoli (uno è ancora vivo). Insomma, Profumo non era il solo tra i suoi colleghi a dilettarsi fuori dalle mura domestiche. Sennonché Macmillan, nel tentativo di salvare politicamente la pelle, tentò di interferire con il corso della giustizia. Lamb ha scoperto che istruì il suo segretario privato, Timothy Bligh, a mettersi in contatto con il commissario Joseph Simpson, capo della Metropolitan Police, por ritardare l'arresto di Stephen Ward, protettore di Christine Keeler. Qualche mese dopo, nell'ottobre 1963, i nervi di Macmillan, già così provati dallo scandalo, gli saltarono quando dovette essere operato alla prostata. Il primo ministro si convinse di avere il cancro e si dimise. Un mese dopo Kennedy veniva assassinato ad Dallas. La loro acre luna di miele finì in tragedia prima che potessero imparare ad andare d'accordo. Maria Chiara Bonazzi E De Gaulle ricattò l'Inghilterra: avrebbe tolto il veto per l'ingresso in Europa, ma voleva i segreti atomici A sinistra, Christine Keeler, protagonista dello scandalo Profumo, che Macmillan tentò di coprire A sinistra: il primo ministro inglese Harold Macmillan. In alto: John Kennedy